Nessuno controlli nelle mutande di Letta

Letta sfodera i suoi “attributi metallici” e con ferrea determinazione afferma che la Legge di Stabilità tirerà fuori l’Italia dai guai e la porterà sulla strada della crescita. Il metallo, come noto, teme la ruggine e infatti i dati in possesso del Governo appaiono vecchi e la legge in questione appare traballante come una struttura appesantita dal tempo e dalle bugie. La situazione non è affatto serena tanto che i partiti hanno anche provato a dare una sverniciata di emendamenti al provvedimento, trovando in Stefano Fassina un amante di quelle belle leggi retrò ed un po’ vuote ma anche un politico scarsamente elastico in tema di coperture economiche.

Insomma, se Fassina ha sbagliato lavoro, Saccomanni non è che se la passi molto meglio visto che l’Istat ci fa sapere che nel 2013 il Pil subirà una contrazione dell’1,8% mentre nel 2014 è prevista una non-crescita futuribile che si attesterebbe intorno allo 0,7% (contro una stima governativa di -1,8% nel 2013 e + 1,1% nel 2014). Crescita tanto misera da indurre il povero Saccomanni, in trasferta a Londra, ad arrabattarsi bofonchiando che forse la divaricazione nelle stime era attribuibile al fatto che l’Istituto di Statistica non avesse tenuto conto delle riforme strutturali poste in essere dall’Esecutivo.

A dire il vero, la risposta non è parsa troppo convincente e le argomentazioni sono sembrate così deboli da destare umana pietà anche negli osservatori, i quali hanno preferito non infierire. Dati sconfortanti a cui si aggiungono quelli sulla spesa delle famiglie che, segnando una contrazione del 2,4% nel 2013, mostrano chiaramente che la riduzione del costo del denaro operata da Mario Draghi è un pannicello caldo steso sulla fronte di un Paese acciaccato dall’aumento dell’Iva e da manovre governative inefficaci oltre che incompatibili con un mercato interno che necessita di medicine da cavallo.

Saccomanni potrà anche infuriarsi e rispondere piccato ma ha ragione il presidente di Confcommercio quando afferma che “il 2014 non sarà certo l’anno di una ripresa sostanziale anche per gli effetti di una legge di stabilità, che se non verrà corretta in Parlamento, lascerà di fatto irrisolti i problemi strutturali della nostra economia, e soprattutto non avvierà quella stagione di riforme - prima fra tutte quella fiscale - che auspichiamo da tempo”. Se a qualcuno è venuto in mente che in Italia c’è un gruppo di cospiratori che tifa crisi, consigliamo una rapida carrellata sui giudizi degli osservatori internazionali: l’Agenzia di rating Fitch ci fa sapere che, nonostante apprezzi i significativi passi avanti fatti dal nostro Paese in tema di risanamento, “la crescita potenziale resta debole rispetto ai Paesi con lo stesso rating e al resto della zona euro” e quindi il rating resta BBB+, mentre l’outlook resta negativo.

Tradotto significa che costoro non credono nemmeno ad una parola di “iron balls” Letta e di Braccobaldo Saccomanni e quindi cominciano a perdere la pazienza. Se il teorico del complotto anti-italiano volesse saperne di più, potrebbe consultare anche le dichiarazioni di Asmussen, membro del board della Bce, secondo il quale “l’Italia è troppo grande per essere salvata dall’esterno: deve invertire da sola la marcia. Il suo destino segnerà anche il destino dell’area dell’Euro. In questo senso il futuro dell’area non si deciderà a Parigi o a Berlino, né a Francoforte o a Bruxelles. Si deciderà a Roma.

La svolta dipende da voi, ma non sarete lasciati soli”. Ecco: l’espressione “non sarete lasciati soli” ci fa capire con chiarezza il pensiero di una Bce stanca delle dichiarazioni di intenti e decisa ad esercitare una pressione stringente sull’Italia affinché la smetta di scrivere pensierini e frasette sui documenti economici. Ma la grande verità Asmussen la dice quando spiega che “l’Italia si trova dinanzi a sfide di lungo periodo e la soluzione risiede in interventi strutturali. Basti guardare all’andamento del tasso di crescita in termini reali: 5% negli anni Cinquanta, 4% negli anni Sessanta, 3% negli anni Settanta, 2% negli anni Ottanta, 1% negli anni Novanta e 0% negli anni Duemila“.

Interventi strutturali per liberare risorse appunto e non giochetti contabili basati sulla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico ora a favore di Fintecna ed ora a favore di Cassa Depositi e Prestiti perché, se un pezzo di Stato dismette immobili ad un altro pezzo di Stato, questa si chiama simulazione. Azioni di forza come quella di esigere che i gestori delle slot machines versino immediatamente i 600 milioni dovuti all’Erario, evitando scene pietose come la trattativa che ha portato le aziende in questione ad elargire un modesto obolo, auto stabilito con arroganza ed in maniera unilaterale come se la politica fosse ostaggio di tali potentati economici che la finanziano sotto banco (siamo certi che non è così, vero?).

Assurdo che qualcuno, dopo aver svenduto ai privati produzioni cruciali come quella dell’acciaio, oggi si rifiuti di dismettere (come notavano Alesina e Giavazzi sul Corriere della Sera) società pubbliche (Eni, Enel, Terna, Finmeccanica, Fincantieri, Poste Italiane, Sace, ST Microelectronics, Cassa Depositi e Prestiti e Ferrovie) con un ricavo atteso di circa 100 miliardi, adducendo la presunta strategicità per l’interesse nazionale. Il giochetto dei nomignoli Tasi, Tarsu, Trise, Tuc, Qui, Quo, Qua non può più continuare e deve lasciare spazio a provvedimenti strutturali come l’abolizione delle Province con il loro carico di spese correnti pari a 2,3 miliardi su una massa totale che si aggira intorno agli 8 miliardi e con indennità di carica pari a 113 milioni e 630mila euro (Fonte: Bocconi) utili a far fronte alle prebende degli oltre 4.200 politici provinciali.

Non si cianci quindi a vanvera di palle d’acciaio perché, prima o poi, date le promesse non mantenute e l’affermazione alquanto impegnativa, a qualcuno verrà voglia di capirci di più frugando nelle mutande di Enrico Letta. Temiamo l’amara sorpresa e non vorremmo sfigurare come Paese. È una questione di orgoglio nazionale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:52