
Il nostro Paese, fin dal periodo successivo all’Unità nazionale, raggiunta nel 1861 dopo la vicenda risorgimentale colma di fermenti ideali e culturali di notevole volare morale, è stato per lungo tempo diviso tra il nord Italia, ricco e sviluppato, e il sud Italia, arretrato e vittima dei fenomeni criminali. Questo fatto politicamente assai rilevante ha favorito la nascita e l’affermazione di una corrente di pensiero, il meridionalismo, che ha tratto alimento dalle opere e dagli studi di grandi intellettuali come Giustino Fortunato e Francesco Saverio Nitti, Pasquale Saraceno, a cui si deve l’elaborazione di una serie di proposte e di idee con cui si è cercato di dare soluzione alla questione meridionale.
Nel nostro tempo il dibattito pubblico sembra dominato da dispute che raramente hanno la capacità di cogliere e rappresentare la drammatica condizione in cui è precipitato il meridione d’Italia. La lettura del rapporto diffuso recentemente dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), guidato dal professor Adriano Giannola, offre un quadro sconfortante della situazione dell’Italia meridionale e induce ad invocare una rinnovata attenzione da parte della classe dirigente verso i problemi di questa parte rilevante del Paese. Secondo i dati raccolti e contemplati nel rapporto dello Svimez, tra il 2007 e il 2012 nel meridione d’Italia vi è stata una riduzione della produzione industriale nel settore manifatturiero del 25%, gli investimenti sono diminuiti del 45%, la disoccupazione ha raggiunto la soglia del 30%, costringendo i giovani meridionali ad emigrare.
Infatti, negli ultimi vent’anni oltre due milioni e 700mila cittadini meridionali hanno dovuto abbandonare la loro terra d’origine e di nascita. Per comprendere la catastrofe che emerge dalla valutazione di questi dati, così gravi e preoccupanti, è fondamentale riconoscere che negli ultimi anni si sono eclissate e sono state inspiegabilmente accantonate le politiche di sviluppo per il sud d’Italia. Inoltre, a rendere possibile questa catastrofe economica, ha contribuito in modo notevole la restrizione del credito bancario, ritardi inammissibili in ordine alla specializzazione produttiva, carenze evidenti e intollerabili di infrastrutture, di legalità, e la mancanza di efficienza nel settore della burocrazia e pubblica amministrazione. Nel rapporto presentato dallo Svimez viene, inoltre, rilevato che il sud si trova ad agire in un contesto macroeconomico che presenta molti ostacoli e difficoltà: l’impossibilità di svalutare il cambio, gli effetti dovuti alla politiche di austerità imposte dalla Unione Europea, la forte e inevitabile concorrenza fiscale dei Paesi che non fanno parte della unione monetaria.
Fino a quando si è avuto il famoso e tanto discusso intervento straordinario verso il sud Italia, si è riusciti a mantenere in equilibrio il rapporto tra la domanda e l’offerta di lavoro, grazie anche al fenomeno dell’emigrazione che ha consentito ai meridionali di trovare lavoro nel nord Italia oppure all’estero. Nel nostro tempo, conclusa la fase dell’intervento straordinario, la situazione economica e sociale nel sud Italia è divenuta insostenibile ed è, pertanto, necessario avviare una nuova stagione di rinascita e di cambiamento per superare il divario che divide il Paese drammaticamente tra il nord sviluppato ed il sud che sprofonda nell’arretratezza e nel condizionamento nefasto esercitato dalla criminalità.
Occorre ricordare che i distretti industriali soppiantarono, in passato, l’intervento straordinario, senza riuscire, per mancanza di strategie e politiche illuminate, a rendere possibile lo sviluppo del meridione d’Italia. Un elemento che desta angoscia e inquietudine, e potrebbe indurre i più a rassegnarsi al fatto che il destino del meridione d’Italia sia quello perenne del sottosviluppo, è dato dalla circostanza che le regioni meridionali incontrano difficoltà enormi nell’investire i cospicui fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione Europea.
Questo accade perché le regioni meridionali non hanno risorse sufficienti per cofinanziare i progetti di sviluppo, ma anche e soprattutto per la mancanza di imprese in grado di utilizzare i fondi strutturali europei e per le inefficienze esistenti nella pubblica amministrazione nel valutare e selezionare i singoli progetti imprenditoriali. Per lo Svimez, come risulta dal rapporto presentato recentemente, esistono dei settori produttivi nei quali, grazie ad opportuni investimenti, è possibile promuovere lo sviluppo nel meridione d’Italia. Questi settori sono i seguenti: la riqualificazione urbana, l’espansione delle energie rinnovabili, la creazione di una industria meridionale per il riciclo dei rifiuti, la produzione di materia biodegradabile in sostituzione della plastica e altre attività riconducibili alla “Green Economy”.
Perché questo ambizioso programma di rilancio dello sviluppo del meridione possa essere attuato, è fondamentale, secondo gli economisti dello Svimez, rinegoziare con l’Europa una fiscalità di vantaggio per le aree depresse e mobilitare le aziende che ancore esistono nella sfera pubblica, come Eni, Enel, Finmeccanica, Ferrovie dello Stato e Cassa Depositi e Prestiti. Infatti queste imprese, che appartengono al patrimonio pubblico, dispongono di risorse economiche e sono dotate degli strumenti tecnologici necessari per compiere grandi investimenti nel sud Italia, intorno a cui aggregare piccole e medie imprese e favorire la ricerca scientifica nelle stesse università meridionali.
Questa strategia, delineata in modo netto e lineare nel rapporto dello Svimez, è rivolta a rendere possibile la formazione di una nuova generazione di imprenditori meridionali, senza la quale la civiltà dell’impresa non potrà mai affermarsi nel nostro sud. In ogni caso è doveroso e necessario tenere presente che il sud Italia si trova nelle stesse condizioni di ritardo economico che scontano i Paesi del sud Europa e del mediterraneo come la Grecia, la Spagna e il Portogallo. È impensabile che l’Italia, con la conclusione della crisi economica e la fine della recessione, possa ritornare a crescere se il sud d’Italia viene lasciato in condizioni di sottosviluppo e arretratezza. Questo rapporto dello Svimez contiene un’analisi tremenda sulla condizione del sud Italia e una proposta realistica per rinnovare la stagione del migliore meridionalismo italiano.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:47