
Da questo numero rendiamo operativo l’accordo realizzato con la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo che prevede uno spazio settimanale sul nostro giornale dedicato alle attività e approfondimenti a cura della Lidu.
La Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo e lo jus soli
di Riccardo Scarpa (segretario nazionale della Lidu)
La Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo fu riordinata nel 1919 da Ernesto Nathan, nato in una famiglia che ospitò spessissimo Giuseppe Mazzini, che conobbe da bambino e del quale si sentì un poco il figlio spirituale. Ernesto Nathan attuò a sua volta l’idea di Alberto Mario, che riformò in un’associazione di tutela dei diritti dell’uomo la Lega per la Democrazia fondata da Giuseppe Garibaldi, per dare il voto a quei cittadini esclusi dal suffragio censitario. Bene, qualcuno si chiederà perché la Lidu, figlia diretta dello spirito nazionale del nostro Risorgimento, è stata la prima associazione ad aver propugnato l’adozione di una legge di cittadinanza fondata sullo jus soli, cioè sul diritto alla cittadinanza di ogni nato in Italia, chiunque siano i genitori, connazionali da molte generazioni o immigrati di qualunque tipo. La questione è che il sindaco della Terza Roma sognò un avanzamento civile nel solco della Prima Roma quiritaria, che ebbe per norma proprio lo jus soli, e su questo fondò il grande Stato delle genti del Mediterraneo e d’Europa. Al contrario, lo jus sanguinis è un residuo del Medioevo più oscuro, quello delle invasioni barbariche, quando i fieri germani non si vollero confondere con i figli della terra occupata, pur se i loro Re cercarono la legittimità del dominio nell’investitura a patrizio romano da parte dell’imperatore sedente a Costantinopoli. Oggi l’Italia è, stando agli autoctoni, una terra svuotata, con un saldo di nascite negativo in modo irreversibile, ma con una storia e una civiltà che è la madre delle storie e delle civiltà del Mediterraneo e d’Europa. Benedetto Croce disse che le missioni delle nazioni sono dei miti, ma hanno un senso quando riflettano le necessità di una condizione storica presente. L’Italia nel presente può solo ricostruire una nazione come la costruì in antico, assimilando in una comunità con la propria identità unitaria gli esuli del Mare Nostrum. Non è buonismo, è una necessità, per paradossale che possa sembrare, identitaria. Si chiude l’anno di Giuseppe Verdi che dette a tutti gli esuli un inno, l’inno del Nabucco; perché non farne l’inno di questi nuovi italiani?
Il costo fiscale del proibizionismo in Italia
di Roberto Vismara
Il dibattito sul fallimento del proibizionismo e la possibilità di sperimentare la legalizzazione delle droghe è stato rilanciato nell’aprile scorso dal periodico britannico “The Economist”. Recentemente il governatore della California, Arnold Schwarzenegger, ha ripreso la proposta di non punire il possesso e la coltivazione della canapa e di assoggettarla a un regime di tassazione, ipotizzando un ricavo di 1,3 miliardi di dollari utili per evitare la bancarotta dello Stato. Anche autorevoli economisti americani, tra cui Jeffrey Miron dell’Università di Harvard, sono scesi in campo per sostenere un corso diverso dalla war on drugs, che comporterebbe un risparmio di 13 miliardi di dollari all’anno in spese di polizia e giudiziarie a fronte di un incasso di 7 miliardi all’anno di tasse. L’intervento pubblico volto a contenere il consumo di droghe è motivato dalle conseguenze negative che questa pratica comporta per la collettività. La teoria economica suggerisce che un livello di consumo socialmente ottimale può essere ottenuto tramite due diversi strumenti: il primo consiste nell’imposizione di vincoli allo scambio, fino al divieto totale; il secondo nell’imposizione di una tassazione sulle vendite. In un recente studio del 2006, Becker, Grossman e Murphy sostengono la superiorità dello strumento fiscale (la tassazione) per controllare i consumi di droghe, rispetto all’imposizione di una forma estrema di contingentamento, quale il proibizionismo. La maggiore efficienza dello strumento fiscale deriva dalla rigidità della domanda e/o dell’offerta di droghe, che sembrano poco risentire del controllo legale. Assunte tali rigidità, il livello di consumo socialmente ottimale sarebbe minore nel caso di legalizzazione delle droghe e tassazione dei loro scambi rispetto al caso di ottimale applicazione di una normativa proibizionista. I minori consumi sarebbero indotti da un prezzo di equilibrio sul mercato legale maggiore rispetto al prezzo di equilibrio delle droghe sul mercato nero. L’adozione dello strumento della tassazione comporterebbe, inoltre, dei benefici per l’erario nazionale rispetto all’utilizzo dello strumento proibizionista. In primo luogo, la legalizzazione delle droghe darebbe agli agenti di questo mercato l’opzione di emergere dal mercato nero, cioè di produrre legalmente e di pagare le tasse. In aggiunta alle entrate fiscali derivanti dalla tassazione degli scambi, la legalizzazione implicherebbe anche una riduzione dei costi di contrasto. La regolamentazione italiana del mercato di alcune droghe (cannabis, cocaina, eroina, ecc.) consiste nel divieto della loro produzione e vendita, mentre il consumo di altre droghe (tabacco, alcol, ecc.) è scoraggiato tramite l’imposizione di elevate tasse sul loro prezzo di vendita. Si possono stimare i benefici fiscali che l’erario italiano avrebbe avuto nel periodo 2000-05, nel caso la regolamentazione applicata al mercato dei tabacchi fosse stata estesa anche al mercato delle altre droghe. In altri termini, si può condurre una sorta di simulazione contabile volta a stimare quale sia il costo fiscale del proibizionismo in Italia. Applicando il metodo di stima suggerito da Miron (2006), i costi del proibizionismo sono identificati sia nelle spese per l’applicazione della normativa (risorse di polizia, magistratura e carceri), sia nella mancata opportunità delle tasse non riscosse; senza considerare l’impatto fiscale dei cambiamenti nelle politiche educative e sanitarie connessi all’eventuale legalizzazione del mercato delle droghe. Secondo questo calcolo, in Italia il costo del proibizionismo nel periodo 2000-2005 ammonterebbe a circa 60 miliardi di euro, in media circa 10 miliardi di euro l’anno. La legalizzazione del commercio delle droghe avrebbe fatto risparmiare circa 2 miliardi all’anno di spese connesse all’applicazione della normativa proibizionista. Inoltre, estendendo al mercato delle droghe la normativa fiscale applicata ai tabacchi, l’erario nazionale avrebbe incassato altri 8 miliardi all’anno dalla tassazione sulle vendite. Rispetto alle singole sostanze, la proibizione della cannabis ha implicato un costo fiscale di circa 38 miliardi di euro, a fronte di 15 miliardi per la cocaina e di 6 miliardi per l’eroina.
Kyenge: “L’immigrato che lavora è una risorsa, il nemico è l’evasore”
di Tiziana Primozich
“Il nostro nemico è chi non rispetta i diritti delle persone, chi non rispetta le regole e questo non c’entra nulla con il colore e l’etnia delle persone”, così il ministro Kyenge intervenendo al convegno “Cittadinanza e integrazione: esperienze a confronto”, organizzato dall’ambasciata britannica di Roma in collaborazione con “The American University of Rome”. “Bisogna spiegare alla gente che chi “ruba” un posto all’asilo non è l’immigrato che paga le tasse ma l’evasore”, ha spiegato il ministro all’Integrazione ai presenti ponendo l’accento sulla centralità del ruolo italiano nell’Ue in tema di immigrazione. In Italia sono 900mila i giovani costretti a vivere con il permesso di soggiorno, il 12,6% sul totale, pur essendo immigrati di seconda generazione, “non a caso – ha detto Kyenge – per la prima volta è nato un vero ministero all’Integrazione”.
Il convegno del Comitato Giovani della Lidu sulle “Fattorie Sociali”
di Maria Vittoria Arpaia
Si è svolta nei giorni scorsi a Roma, nella sede nazionale della Lidu in Piazza d’Ara Coeli 12, la tavola rotonda intitolata “Fattorie Sociali: strumento di recupero delle categorie svantaggiate”, organizzata dal Comitato Lidu giovani. Erano presenti il presidente nazionale della Rete fattorie sociali, Marco Berardo di Stefano, che ha trattato il tema delle fattorie sociali, una proposta di legge alla Commissione agricoltura. Il presidente ha prima mostrato un video sull’agricoltura sociale dove si evince la volontà di reale inserimento delle categorie svantaggiate nella società produttiva. A seguire l’intervento della dottoressa Valeria Gamberini del progetto di inserimento lavorativo “Ortoemezzo” e assistente sociale, che ha sottolineato come tutti insieme partecipano a un processo produttivo. La terra dà risposte efficaci ed istantanee. “Siamo tutti uguali, bisogna integrarsi nel disagio”, ha detto. La testimonianza di Massimiliano Proietti, collaboratore del Consorzio delle fattorie sociali, ha mostrato quanto questa realtà dia reali possibilità di reinserimento lavorativo all’essere umano che vive situazioni di disagio. A seguire la dottoressa Rathaus, responsabile Cir del progetto “Together with VI.TO” (Vittime di Tortura) ha parlato di “accoglienza e cura delle vittime di tortura”; come il teatro racchiude una serie infinita di fattori terapeutici, “bisogna fidarsi – ha detto – in un mondo dove ormai si è persa di vista l’attenzione alla persona”. Per finire, Francesco Dell’Aira, vicesegretario nazionale del Sidipe (Sindacato direttori penitenziari), con il suo intervento “Lavoro, formazione ed Arteterapia in carcere, le esperienze della casa circondariale di Terni”, ha ribadito l’importanza del lavoro come elemento fondamentale per il recupero della dignità individuale. Dell’Aira ha attuato un processo di rieducazione del condannato attraverso l’educazione al lavoro, alla manualità, con i laboratori di ceramica, la falegnameria e un laboratorio di panetteria all’interno dell’istituto. “Chi salva un uomo, salva l’umanità e anche se stesso”, ha detto in chiusura del suo intervento. L’onorevole Geppy Rippa, direttore dell’Agenzia Radicale, ha portato il saluto dei Radicali Italiani, che sempre si sono dibattuti su questi temi e continuano a dibattersi, attraverso le loro battaglie. I lavori si sono chiusi con l’impegno del Comitato Lidu Giovani di contribuire con il lavoro al progresso umano e sociale del nostro Paese.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:46