
Brava Anna Maria Cancellieri, brava ministro della Giustizia della Repubblica Italiana. Non c’è nulla da spiegare, da chiarire, da precisare, è stato fatto esattamente quello che un ministro è tenuto a fare. Il ministro non è un magistrato (e potremmo raccontare un po’ di fatti inquietanti, gli esempi non sono dei migliori), amministra, cura il settore di competenza, ascolta e interviene sulle istanze della gente, delle associazioni, dei gruppi, dei singoli che si rivolgono per una lamentela, per denunciare dei fatti, per delle suppliche.
Da quarant’anni ascoltiamo le accuse di perfetti dementi che chiedono le dimissioni di quel ministro o di quell’altro, perché non poteva non sapere, anche sulle minime questioni che dovrebbero curare i pletorici uffici della pubblica amministrazione. Sono quarant’anni (prima di me mio padre, morto nel 1973 con la penna in mano) che, a corrente alternata, scrivo a ministri, presidenti di Regione, sindaci, consiglieri, amministratori di aziende municipalizzate, enti pubblici non territoriali, società per azioni di proprietà pubblica o ex pubblica: Inps, Rai, Acea, Enel, Telecom, ecc. Nessuno ha mai risposto, nessuno risponde. Suona la musichetta che dà i consigli per gli acquisti, che invita a mettersi in contatto con gli uffici, pigiando i numeri da 1 a 9 e poi quando pensi di aver raggiunto l’ufficio giusto cade la linea.
E la tarantella continua. Si presentano il 27 del mese per lo stipendio più vari emolumenti; per il resto del mese dormono, o giocano. Un tempo giocavano a carte nella stanza del più protetto dai sindacati. Oggi su internet per gratificare la loro propensione all’inerzia, al disimpegno, all’irresponsabilità. “Magnano e giocheno”. Hanno creato un deficit pubblico di 2000 miliardi, con la connivenza di quei truffatori dei rappresentanti sindacali. Non dia retta a quei somari imbratta carte dei giornalisti e a quei pupazzi che in televisione ci trasmettono il delirio dell’idiozia. Questi cosiddetti giornalisti, tronfi della loro nullità, principi del luogo comune, dello stupidario nazionale, come diceva D’Annunzio “cretini fosforescenti”, sono la causa prima del fallimento dell’Italia, perché sono i formatori dell’opinione pubblica, del sentire e del pensare della gente.
Sono quelli che orientano il voto dei cittadini, che spingono il popolo a votare ora per quel partito, ora per quell’altro, secondo convenienza. Non sono capaci neppure di fabbricare un prodotto vendibile, si sostengono con i finanziamenti a fondo perduto erogati dalla Presidenza del Consiglio (dal 1975) per il cosiddetto pluralismo dell’informazione, anche una forma di indennità di disoccupazione per quei giornalisti, non raccomandati, che non figurano nei quotidiani a maggiore diffusione. Basterebbe valutare le capacità intellettuali degli eletti in Parlamento: 165 (109 deputati e 54 senatori) parlamentari sono stati selezionati con il “vaffa”.
Ci hanno parlato per mesi delle indennità e delle prebende dei parlamentari, come se fosse il problema principale dell’Italia dei 2mila miliardi di debito e della pressione fiscale e delle imposte più alte del mondo, per pagare un apparato pubblico medioevale e barbarico, nemico dei cittadini. Anche se rinunciassero completamente ad ogni indennità e svolgere la funzione gratis, comunque, il danno alle istituzioni e al Paese non potrebbe essere evitato. La responsabilità dei 9 milioni di elettori che hanno mandato in Parlamento questi del “vaffa” è tutta dei giornalisti della carta stampata e della televisione, che hanno fatto per loro la campagna elettorale gratis.
Così possono vantarsi di non aver speso un euro per farsi pubblicità, grazie a quei truffatori dei cosiddetti programmi di approfondimento (viene da ridere) politico, mandati in onda nelle fasce di maggior ascolto. Nel Partito Democratico e nel Popolo della Libertà hanno nominato i cosiddetti giovani (cambiamo le facce). Un piccolo esercito di altri somari, di impreparati, che pur se addestrati dalla vecchia guardia a rispondere alle domande già preconfezionate, si confondono, e le risposte spesso non sono coordinate alla sequenza delle domande.
Come ha detto bene Martelli, se la domanda non è perfettamente corrispondente a quella concordata non sono in grado di replicare. Ecco alcuni nomi: Carfagna, Ascani, Comi (parlamentare europeo), Serracchiani, Saltamarini, Bonafé, De Girolamo, Madia, Scopelliti, Berlingeri, De Micheli, Boschi, Colaninno, Speranza e tutti gli ignoti giovani del Pdl che con i voti del Cavaliere sono tracimati in Parlamento. Da ultimo l’aspirante premier Matteo Renzi che, anche lui come Bersani, vuole cambiare l’Italia.
Speriamo che non la cambi, altrimenti usciremo definitivamente dall’economia dell’Europa per diventare un Paese del Nord Africa. Dica Renzi che i sindacati di ogni sigla hanno portato l’Italia alla bancarotta e che sono i primi responsabili dei 2mila miliardi di debito. Dica Renzi che gli oligarchi dell’informazione hanno plagiato il popolo italiano e generato il fondamentalismo politico della chiacchiera, che ha mortificato la cultura e il sapere. Dica Renzi che le Regioni, gli enti locali, le aziende municipalizzate e tutta quella pletora di enti inutili, per il cosiddetto decentramento, sono la causa del default dell’Italia e dell’impossibilità di una ripresa. Dica Renzi che il problema dell’Italia non è né l’abolizione dell’Imu (i proprietari prima casa cat. A/10 la pagano) e neppure l’aumento dell’Iva.
Il problema dell’Italia sono le punte di diamante della sinistra che pensano di dare lezioni agli altri e non sanno far altro che attaccare Berlusconi (ridicolo pensare che sia un pericolo per la democrazia). Non c’è un problema che sanno risolvere perché sono ostaggio dei sindacati e dei giornalisti. L’Italia è il Paese più autolesionista del mondo, non vengono valorizzati i talenti, non si tutelano i migliori. La meritocrazia è annunciata a parole e disattesa nei fatti, calpestata, mortificata. Il ministro è bravo, competente, onesto e lo mandiamo a casa. L’Italia seleziona i peggiori, più sei somaro e più cresci nel guinness dei primati. Ricordate quei due delinquenti politici di Agnoletto e Casarin, il primo è stato eletto parlamentare europeo, il secondo è stato il più corteggiato dei partiti di sinistra.
Oggi per il bene dell’Italia sono protagonisti i centri sociali, gli antagonisti, la Fiom, gli studenti, i movimenti e quella marea di finte associazioni di incerta denominazione che succhiano soldi alle istituzioni centrali e periferiche per alimentare il casino. I talenti italiani espatriano non per una questione di soldi, che pure conta, ma per la semplice ragione che sono stranieri in un Paese che non li vuole, votato alla ricerca del meglio del peggio. Cancellieri, “non ti curar di lor, ma guarda e passa”.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:57