Italia di giustizia: c’è Silvio e Silvio

C’è Silvio e Silvio. I processi a carico dei due (Berlusconi e Scaglia) sono stati oggetto di un indovinato calembour da parte di Matteo Renzi, candidato capo del Pd, nella sua amata Leopolda. Il qui pro quo da commedia dell’arte permette al sindaco di Firenze, pur restando saldamente antiberluscones, di attaccare la magistratura, la sua abitudine alla carcerazione preventiva e alla guerra agli imprenditori. Nei fatti il Renzi sottoscrive l’impianto accusatorio messo in piedi da tempo da Mellini, Cicchitto e Ferrara.

Un accusa condivisa sottovoce dai grand commis ex Pci cui piaceva Mani Pulite distruttrice degli avversari politici, ma che ormai tollerano a fatica la pura antipolitica e antimpresa dei procuratori. Fermarli ancora non si può, visto che sono l’arma vincente per liberarsi dalla minaccia ancora latente del leader del centrodestra. Renzi promette, tra le righe, che dopo l’eliminazione di Berlusconi si potrà ridurre a più miti consigli la magistratura; tanto più che se ci sono pm da sprofondare come quelli dell’anno di arresti subiti dal fondatore di Fastweb, ci sono anche giudici assolutori come Mezzofiore, da esaltare come fa Vincino, nel suo istant ebook di vignette “Il caso Scaglia”. Il secondo Silvio, all’indomani dell’assoluzione per la “Frode Carosello” sulle truffe Iva telefoniche è divenuto assieme il casus belli e anche, improvvisamente, un santo.

Già precedentemente un lungo corteo destro e sinistro si era pronunciato a suo favore: da Riotta a Turani, da Tortorella a Tramontano, da Luciano, Ostellino, Mingardi, Giannino a Feltri, Debenedetti, Celli, da Caldarola, Annunziata a Battista e Belpietro. Vincino, il disegnatore passato dalla satira sinistra de “Il Male” a feroci attacchi destri per “Il Foglio”, è stato parte integrante dello staff del blog “silvioscaglia.it” con il ruolo di “disegnatore a difesa”. Il fumettista palermitano nelle sue vignette maltratta l’accusa del pm Capaldo e soci, “il cui attacco all’innovazione italiana è fallito”; mettendo, udienza dopo udienza, a nudo ferite putrescenti del processo e non solo.

Quando parte, nel 2010 Frode Carosello ha un grande impatto internazionale, poiché coinvolge la telefonia mondiale, tanto che sotto il nome di Phuncards-Broker spazia tramite cooperazione di polizie tra Usa, Francia, Svizzera, Lussemburgo, Regno Unito, Romania, Dubai, Singapore e Hong Kong, coinvolgendo pure Finmeccanica nell’intreccio di plusfatturazioni con le plusIva telefoniche. Ed è dall’estero che giungono però i primi scricchiolii del teorema. Le accuse all’ex manager Omnitel, Ebiscom, Metroweb e Fastweb, tredicesimo italiano più ricco con un miliardo tondo tondo, non convincono. Pesano dalle colonne del Financial Times le parole di Betts: “… dopo 3 anni passati a setacciare i suoi conti, non c’è una prova solida”.

Certo, c’è grande tifo presso il giustizialismo di sinistra e dell’antipolitica verso un quadretto che è il trionfo delle loro aspettative. Dal loro punto di vista, la riunione dell’imprenditore truffatore, del mafioso ‘ndranghetista, del broker internazionale, dell’ex fascista golpista e del corrotto politico costituisce un tutto unico, mille volte rappresentato, raccontato, evocato, motivato per dare una spiegazione, altrimenti non accettabile, alla potenza del voto moderato, il cattivo nemico da mettere alla gogna, da cui far scendere tutti i mali. L’assoluzione, invece, rompe del tutto le dighe, chiarendo l’assurdità di un’accusa per la quale un riccone mette a repentaglio tutto per pochi spiccioli; un’accusa peraltro che è un doppione di quella fatta agli ex Ad Sip e Italcable nel biennio ‘94-96.

Si prospetta così un secondo caso Gamberale, incarcerato da amministratore Tim e che segnò il più grande indennizzo mai pagato dallo Stato. Sul martirio da carcerazione preventiva si butta Renzi. I manager in coro scrivono: “È demenziale che un gruppo di pm possa decidere della vita e della morte di un gruppo industriale”. La debacle mediatica (che non significa processuale, poiché siamo solo al primo livello di giudizio) diventa manifesta con l’autocritica incredibile de “Il Fatto”, giornale del giustizialismo estremo, che si chiede “com’è potuto accadere?” e parla degli imputati come “di imprigionati nella medesima odissea giudiziaria, tenuti per più di un anno tra patrie galere e arresti domiciliari e poi assolti per non aver commesso il fatto”.

Incondizionato, il rovesciamento del giudizio su quello che era definito “l’inventore del più grande sistema di truffa mai escogitato in Italia” si fa accusa per le mogli dei manager lasciate, nel sequestro dei conti, senza soldi per il pane, per gli arresti domiciliari senza balcone o finestre aperte in un fiume in piena, mai scorso per altri assolti o carcerati senza giudizio, senza che si aprano veramente crepe in tante cattive coscienze. Per queste ultime è duro scusarsi per le milioni di allusioni alla truffa telefonica, fatte contro l’economia italiana, contro l’azienda della fibra, passata sotto minaccia di commissariamento tutta sotto Swisscom, e di passaggio contro il Pdl. Probabilmente se ne faranno altre, parlando di Scaglia come di un’eccezione.

Fatto sta che il manager torinese, non per politica ma per consequenzialità industriale, lavora con Caio (quello di Agenda Digitale) ma lascia Omnitel quando arriva De Benedetti per fondare Fastweb. La sua rete fissa basata su protocolli Internet è una sfida alternativa alla rete Telecom. Metroweb, l’idea di portare massivamente la fibra ottica nelle case, a cominciare dalle nuove città-quartieri, nasce sotto la benedizione dell’allora sindaco ambrosiano Albertini e sta in quei profili imprenditoriali e politici lombardi che da decenni spaccano in due il fronte industriale e partitico. Il torinese Scaglia è un prodotto manageriale neolombardo; che lo voglia o no, iscritto dagli antiberlucones, a partecipe dell’altro campo. Si ha un bel dire che la Lombardia è tutta ‘ndrangheta, oppure, come ha fatto la Commissione Ue, a farla sprofondare al 128° posto nella classifica delle regioni europee più competitive.

L’attivo lombardo da solo è sceso sotto i 70 miliardi, vale più di quelli della Svezia, dell’Austria o del Belgio. Dal commercio, trasporti e turismo a finanza e servizi alle imprese è dietro solo all’Ile-de-France o a Londra mentre le supera, prima indiscussa nell’industria. Regge il confronto con macroregioni come la Renania Settentrionale-Vestfalia, la Baviera, la grande Londra, il Baden-Wurttemberg. Resta inspiegabile allora perché Bruxelles voglia deprezzare nelle sue statistiche questi dati proprio come rimane un mistero l’attacco giudiziario alla nuova telefonia nata a Milano, dove Tronchetti portò l’headquarter della stessa Telecom, dopo la storica Torino e poi Roma.

Obtorto collo, non si può non vedere la difesa strenua, fatta da soggetti diversi fra loro, degli assetti economici tradizionali; i quali però hanno il grave difetto di funzionare solo nella massima protezione. Da Firenze, dove parlava Renzi, tutto è massimamente protetto, dai teatri salvati ex lege dalla sua cattiva amministrazione, dalle coop monopoliste fino al business turistico, al quale si devono sacrificare le vite quotidiane degli abitanti. Difendendo Scaglia e facendone un eroe, il possibile futuro segretario del Pd rende omaggio al modello e al territorio economico che funziona e che ha funzionato sotto un quadro politico antitetico al Pd. Ecco perché, il calembour alla fine risuona amaro, Silvio con Silvio. Non c’è uno senza l’altro.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:45