
Non piace ai cronisti il primo sì della Camera sul disegno di legge sulla riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa. Il testo (approvato con 308 voti a favore e 117 contrari) deve passare al vaglio del Senato ma il rischio insabbiamento è reale viste le fibrillazioni dei partiti, come avvenne già l’anno scorso per il disegno di legge che andava sotto il nome Sallusti, il direttore condannato a 8 mesi di carcere per mancato controllo di un articolo scritto da un collaboratore e ritenuto dai magistrati diffamatorio.
Sono vent’anni che proposte di riforma della legge sulla stampa del 1948 vanno avanti e indietro in Parlamento. Solo negli ultimi 10 anni sono abortiti numerosi tentativi, compreso quello come primo firmatario Pecorella che era giunto vicino al traguardo con l’approvazione nel 2004 da parte della Camera. “Pur eliminando il carcere per i giornalisti - osserva l’Unione nazionale cronisti italiani - il disegno di legge licenziato da Montecitorio è lontano anni luce da un’apertura libertaria in sintonia con i richiami dell’Europa”. I cronisti da tempo denunciano il moltiplicarsi di fumose comunicazioni giudiziarie e di cause esose per risarcimenti danni. “È una legge che presenta luci e ombre”, precisa l’avvocato Caterina Malavenda esperta in diritto dell’informazione. La formulazione della norma sulla rettifica, che costituisce la novità più rilevante, presenta diversi problemi. Ancora una volta si è perduta un’occasione preziosa.
I legislatori non hanno avuto il coraggio di riformare la norma che sanziona l’omesso controllo dei direttori sui contenuti. È rimasta una responsabilità oggettiva per un “obbligo inesigibile perché impossibile da adempiere”. Non hanno modificato il comma 3 dell’art. 200 del codice di procedura penale sul segreto professionale, tutelato dalla legge dell’Ordine dei giornalisti (che è del 1963, mentre la legge sulla stampa è del 1948) e dal Consiglio d’Europa affinché le disposizioni di totale riconoscimento e tutela previste per i medici e avvocati fossero estese anche ai giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti. I cronisti italiani offrono da tempo alcune indicazioni per affrontare e risolvere i delicati problemi relativi a due diritti: quello d’informare e quello di garantire la dignità delle persone.
Cosa dicono i cronisti? Il reato di diffamazione a mezzo stampa va depenalizzato in sintonia con gli indirizzi delle istituzioni internazionali: Onu, Ocse, Consiglio d’Europa, modificando l’art. 13 della legge sulla stampa del 1948 e la responsabilità del direttore rimane legata agli obblighi della legge sulla professione giornalistica e agli atti conseguenti ai patti contrattuali. La rettifica va considerata come condizione pregiudiziale alla richiesta di risarcimento danni, con tempi di pubblicazione compatibili con i necessari controlli sulla veridicità della smentita e delle precisioni richieste. Contrariamente a quando disposto dalla Camera, il commento giornalistico va considerato come corollario delle precisazioni. Deve essere costituito un giurì di cittadini estranei alla sfera dei poteri pubblici e privati per la lealtà dell’informazione.
Il diritto al risarcimento del danno va prescritto entro 3 mesi per evitare un uso strumentale del ricorso all’autorità giudiziaria. Occorre inserire una pesante pena pecuniaria nei confronti del querelante in caso di lite temeraria. No infine a perquisizioni, sequestri, interrogatori, fermi di polizia, intercettazioni telefoniche con lo scopo di far rivelare ai giornalisti le fonti delle informazioni ricevute.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:07