Fassina abbandona Enrico Letta

Alla vigilia della grande manifestazione antagonista, una certa anima critica della sinistra sta prendendo le distanze dal governo Letta. “Non credo sia a causa di questa Legge di Stabilità, Fassina lamenta la mancanza di collegialità. Credo abbia ragione”, ha detto il segretario del Partito Democratico, Guglielmo Epifani, giustificando le dimissioni del sottosegretario Stefano Fassina.

Il timore di derive autoritarie da parte del governo Letta, eterodiretto dal presidente Napolitano (uomo che sappiamo amare i carri armati contro le insurrezioni), è forte in una parte della sinistra. Soprattutto è ormai concreta la convinzione che, le manovre economiche di questa variegata maggioranza siano più frutto d’intese con i “poteri forti” che di reali risposte alla parte debole (ed esclusa) del Paese.

Stefano Fassina andrebbe, secondo i beninformati, verso una sorta d’Aventino: un modo per dissentire con chi pretende che ancora una volta siano i meno abbienti a sopportare il risanamento economico dell’Italia. Fassina non scenderà certo in piazza a Roma con l’area antagonista, ma sa che c’è chi reputa le manifestazioni possano rivelarsi utili per trasformare disoccupati, precari ed esclusi in capri espiatori.

Sindacati di base, anti austerità, No-Tav e gruppuscoli della disoccupazione organizzata potrebbero per alcuni far degenerare il clima nell’intero Paese. Quattromila uomini fra carabinieri, poliziotti e finanzieri assediano il centro di Roma, per scongiurare che la protesta si porti fin sotto i palazzi del potere. Confinare tensioni e cortei attorno a San Giovanni, prevedendo anche tende e sacchi a pelo, è uno degli obiettivi del Viminale.

Ma tra le circa 20mila persone attese per oggi c’è anche chi vuole raggiungere il ministero delle Infrastrutture (a Porta Pia) o anche occupare un altro dicastero economico. Secondo i cosiddetti beninformati, il 19 ottobre 2013 rappresenterebbe un appuntamento molto più eversivo del 15 ottobre di due anni fa, quando gli indignati animarono gli scontri di San Giovanni. Secondo i questurini sarebbero più portati alla svolta violenta movimenti per la casa, centri sociali e disoccupati, mentre i No-Tav sarebbero per numero esigui e da ritenere pericolosi solo in Val di Susa, sui cantieri.

Il timore che la protesta possa risvegliare i fantasmi del G8 del 2001 è forte, soprattutto una parte della sinistra (a cui Fassina appartiene) non intende avallare l’operato di un Governo che sposerebbe le misure forti contro disoccupati ed esclusi. Una “macelleria messicana” a spese di chi manifesta disagio e problemi economici assurgerebbe a macchia indelebile sul curriculum politico di chiunque. E certamente le colpe di una pseudo guerra civile ricadrebbero su chi occupa poltrone di comando. Intanto “assedio”, “sollevazione” e “lotta di piazza” sono i sostantivi dell’area “antagonista” che oggi protesta.

Ma non ci sono solo i centri sociali o gruppi come Askatasuna, agli autonomi si sono aggregati i “blocchi precari metropolitani”, i “comitati per la casa” e varie organizzazioni di “disoccupati organizzati”. L’obiettivo degli esclusi è spodestare il governo grazie al “volano di mobilitazione popolare e di piazza”. L’obiettivo delle forze di polizia è reprimere la protesta, soprattutto quella violenta, contro le politiche di austerità. Il rischio evidente per l’esecutivo Letta è quello di doversi sciogliere a causa delle violenze di piazza. Tra il governo del fare (anzi del forse faremo) e quello del menare il passo è breve. Così altri sarebbero già pronti a seguire le orme di Fassina. E a pochi giorni dal congresso del Pd.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:41