
Il boia sceglie le vittime senza ragione; un massacro di donne innocenti che hanno avuto il torto di avere amato il loro assassino e di averne condiviso un percorso di affetto. La libertà di decidere ha il prezzo della morte. Le norme sul femminicidio sono diventate legge, rientrano a pieno titolo nell’ordinamento giuridico italiano, ma gli autori dei decessi non conoscono riposo e non hanno età.
L’anagrafe non attenua l’allontanamento definitivo della regina della casa, la sofferenza dell’abbandono, la privazione della presunta proprietà, dell’illegittimo possesso. Savona, lui un geometra di 54 anni, lei 49 anni, vicesindaco di Borghetto, uccisa con un colpo alla testa, beretta calibro 9. Una separazione decisa dalla donna e respinta dall’uomo. A Barbarano nel viterbese un 65enne, di origini napoletane, ha ucciso la convivente di 52 anni con 10 coltellate. Un impiegato romano di 45 anni, al culmine dell’ennesima lite con la convivente, una casalinga di 41 anni, l’ha colpita a calci e pugni procurandole un trauma cranico. Un tassista romano di 42 anni ha percosso per anni la convivente, una 43enne romana.
Un egiziano di 37 anni ha picchiato la moglie, connazionale di 30 anni. Anche in questo caso davanti ai figli di 4 e 7 anni. Tra il decesso di una ex moglie, ex compagna, accompagnato spesso dal decesso dei figli, e una condizione di civile e serena separazione c’è tutto quel vasto mondo di eterni conflitti, violenze fisiche e psichiche, maltrattamenti, persecuzioni, che costituiscono una fonte drammatica di sofferenza, dovute non a difficoltà economiche, che pure esistono, ma all’odio, alla gelosia, alla insopportabilità dell’abbandono, della perdita di una presunta proprietà, di una forma di possesso inconscio.
Quando la vittima prende il coraggio di rivolgersi alla “Giustizia”, con una denuncia, con una querela, intentando una causa, il calvario della sofferenza, la percezione del pericolo, l’angoscia della paura non finisce, anzi a volte aumenta. Sovente il giudicante nomina dei consulenti per farsi aiutare da un tecnico, generalmente un psicologo, che nel poco tempo a disposizione deve analizzare gli effetti nefasti che anni di contrasti hanno generato sullo stato psicologico della vittima, dei figli e anche del persecutore-oppressore.
Primeggia allora l’analisi dell’ansia generata dalle sottili ma potenti azioni persecutorie, quando violente e minacciose, che infrangono la tranquillità psicologica, i positivi rapporti interpersonali. L’intera personalità delle vittime in condizioni di pericolo viene occupata a ricercare soluzioni nella lotta per dominare gli stress derivanti dagli attacchi provenienti dall’esterno. La madre e i figli hanno subito un tentativo di annientamento proveniente dalla persona che avrebbe dovuto tutelarli e proteggerli: il padre.
Un processo di adattamento forzato proveniente proprio da colui che dovrebbe essere la sentinella della difesa e del benessere: il padre. Il padre cattivo è per i figli e per la madre la deflagrazione di ogni possibile sicurezza, una bomba atomica emozionale. Madre e figli hanno adattato le loro condizioni di vita per renderle appropriate alla richiesta di difesa e di sicurezza dal pericolo proveniente dal padre oppressore. Madre e figli trovano forme di adattamento per rispondere ai pericoli (veri o minacciati, tali da incutere potenzialmente timore e, quindi, da incidere sulla sfera di libertà psichica del destinatario della minaccia) provenienti dal padre, dall’ex marito.
Spesso anche nei ricorsi, negli atti giudiziari, negli scritti difensivi delle parti in lotta si trovano una sequela di minacce, offese, diffamazioni, falsità e non fatti e argomenti giuridici, che alimentano il disagio e la preoccupazione delle vittime. Quando uno dei genitori deflette dal suo compito non disinteressandosi del figlio od omettendo di adempiere ai doveri di padre, ma trasformandosi in crudele agente oppressivo e pericoloso della sicurezza e del benessere dei figli, allora crolla ogni aspettativa e speranza e il minore, come pure la madre, sono travolti dal vortice della disperazione. La forza esercitata dal padre “cattivo”, dalle violenze, dalle minacce, dalle privazioni fisiche, dall’ostracismo, dalla disapprovazione su ogni questione, dall’incutere paura e timore non possono non alimentare le sofferenze psicologiche, ledere in modo irreparabile la personalità, lo stato emozionale, il pensiero, la memoria, l’intelletto.
La vittima diviene monocorde, il suo unico pensiero è la paura, il terrore e ogni energia residua viene rivolta a ricercare forme e modi di difesa. Le richieste interne, che traggono la loro origine dalla attività delle strutture intime tessutali, non possono che essere concentrate sul fronte della difesa. È come un popolo il guerra, ogni sforzo, ogni energia, ogni disponibilità è rivolta ad organizzare le difese contro un nemico pericoloso votato a conseguire l’annientamento dell’altro “fino alla morte“.
Questa frase e le tante altre analoghe rivolte alla odiata moglie, ex moglie, compagna, sono spesso sottovalutate proprio da coloro, gli psicologi, gli assistenti sociali, gli educatori che dovrebbero analizzarle secondo i canoni e i principi della scienza psicologica. Si potrebbe tradurre: non ho il coraggio di uccidere la “mia donna”, oggi separata, allontanatasi, e il frutto del nostro antico amore, il figlio, ma la torturerò fino alla morte. Ormai le cronache ci segnalano quotidianamente simili situazioni in cui vivono le donne sottoposte al pericolo del femminicidio. Vale ricordare che sono morte solo e soltanto donne.
Sembra che il fanciullo interiorizzi i valori sociali nel modo in cui gli vengono comunicati dai genitori, così che divengono parte integrante della sua personalità. Come ciò avvenga con precisione rimane un affascinante e irrisolto problema teorico. In ogni caso, il senso del bene e del male e il bisogno di successo e di stima non provengono direttamente dalla nostra struttura psicologica di partenza, ma li apprendiamo dall’esperienza dell’ambiente in cui viviamo. E allora possiamo immaginare che le torture e le sofferenze delle vittime non finiranno, perché quei fanciulli che non hanno avuto dai genitori un apprendimento di amore, misericordia e tolleranza, potranno scoprirsi femminicidi.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:38