
A fine ottobre scade la petizione europea contro la vivisezione. È sostenuta da tutte le associazioni animaliste europee. “Stopvivisection” ha già raccolto 900mila firme, solo in Italia 500mila, e questo perché il Belpaese ama gli animali quanto e più del nord Europa. L’intervista a Gianluca Felicetti, presidente della Lav (Lega antivivisezione), cade quindi in un momento importante. La vita di Felicetti è tutta scandita da battaglie animaliste, come quella recente a favore dei cani beagle di Green Hill. La battaglia di Green Hill ha visto coinvolti non solo i volontari delle associazioni animaliste come la Lav, ma anche tanti comuni cittadini che non tollerano simili sofferenze inflitte agli animali in nome della scienza. Cresce in modo esponenziale negli italiani l’amore e il rispetto per gli animali, e a dispetto di tanti brutti episodi che coinvolgono una fascia minima della popolazione. Secondo i dati diffusi dall’Eurispes nel “Rapporto Italia 2012”, la maggioranza degli italiani (esattamente l’86,3%) è contraria alla vivisezione. E allora? La strada è irta, ma nulla è arduo per chi vuole. E ce lo conferma il presidente della Lav.
Gianluca Felicetti, lei dal 2006 presiede la Lav, è stato ideatore e autore di significative iniziative in tema di animalismo. Ci vuole tracciare un bilancio dei principali passi in avanti ottenuti e delle battaglie portate avanti in questi ultimi anni?
A differenza di molti anni fa proprio negli ultimi dieci quindici anni in particolare, il tema dei diritti e della protezione gli animali, la questione animalista e la sua necessità di rimetterla in discussione e contestualmente il rivedere i nostri rapporti con gli animali ha fatto grandi passi in avanti. Questo grazie a un grande aumento della sensibilità nei confronti di queste tematiche e delle varie iniziative a favore, nonché delle normative che in alcuni casi, bene o male, hanno decretato un avanzamento della legislazione. La situazione è oggi imparagonabile rispetto alla situazione di allora in tema di avanzamento normativo, culturale e informativo. Passi in avanti, dunque. Per citarne uno degli ultimi, il divieto di testare cosmetici su animali anche per un singolo ingrediente; una battaglia durata 23 anni che ha visto la conclusione l’11 marzo di quest’anno con la straordinaria decisione per cui in tutti i Paesi dell’Unione europea si potranno produrre e vendere solo prodotti “cruelty-free”. Si tratta della tappa conclusiva di un iter legislativo che va avanti da alcuni anni e può essere quindi assunta come simbolo di cosa è cambiato negli ultimi anni. Da una non conoscenza per cui addirittura anche un rossetto o un dopobarba potevano essere sperimentati su animali, si è avuta una campagna che pur con inevitabili alti e bassi in termini di informazione contestualmente a una legislazione europea che fin dall’inizio avremmo voluto molto più effettiva e molto più rapida, nonostante ciò alla fine ha generato un risultato importantissimo, diremmo storico. La sfida è che ancora oggi questa sensibilità rimanga solo generica. Non c’è strato della popolazione o condizione sociale che non si sia posto almeno per un motivo la questione animalista. In qualche maniera si è arrivati ovunque, anche se non ancora nella maniera in cui noi vorremmo, perché i passi in avanti sono ancora in alcuni casi limitati ad alcune specie di animali generici. Questa sensibilità è più sviluppata su animali più vicini a noi o magari i più lontani ad esempio le balene, le foche del Canada, i panda per citare un animale simbolo di una battaglia conservazionista, ma in mezzo c’è un mare magnum che è rappresentato dal 90% degli animali che sono proprio quelli di cui direttamente o indirettamente noi decretiamo la morte, la sofferenza o la vita a seconda delle nostre scelte. Ma il bilancio nel complesso è sicuramente positivo.
La vivisezione, scienza o delirio dell’essere umano perpetrato su esseri indifesi?
La Lav è come associazione prettamente antivivisezionista da qui anche il nostro nome, tuttavia bisogna rilevare che essa stessa dall’anno successivo alla sua nascita ha esteso la sua attività all’utilizzo di animali in qualsiasi ambito. Tuttavia il tema vivisezione è un tema simbolo. Che sia una pratica violenta e di sopraffazione contro tutti gli animali non ha bisogno di sottolineature. Continuiamo a ritenerla inutile, dannosa e fuorviante per l’essere umano. Siamo confortati anche se ancora in modo troppo marginale da un mondo scientifico che man mano si sta rendendo conto di questi aspetti che noi supportiamo manifestando crepe sempre più larghe nelle loro linee di pensiero, e l’esempio sui cosmetici lo dimostra, evidenziando indubbiamente che senza la sperimentazione animale non solo si deve per motivi etici e scientifici ma si può. È sintomatico come tra i nostri più acerrimi nemici circa l’abolizione o limitazione della vivisezione nell’ultima legislatura siano germogliati piccoli ma significativi passi in avanti. Accorgimenti come l’obbligo di anestesia negli esperimenti, il divieto di allevamento di cani e gatti primati non umani, ecc. Tuttavia il sostegno concreto di metodi alternativi sostitutivi che dir si voglia di ricerca sono stati fortemente osteggiati dal mondo della sperimentazione. Pensiamo al famoso art. 14 della legge comunitaria del 2011 approvato dalla Camera che è poi rimasto come tutto il provvedimento fermo in Commissione per oltre 10 mesi. La vivisezione è argomento sintomatico in quanto occuparsi dei diritti degli animali, occuparsi dei diritti dei malati vuol dire occuparsi della nostra salute, comprendere quando ci riusciamo che essere dalla parte degli animali non vuol dire essere solo animalista ma vuol significare una battaglia sociale di avanzamento culturale, scientifico, come dimostra il caso dei cosmetici (l’essere sfigurati in volto da una crema di bellezza non è meno importante per la persona che un mal di pancia causato da un farmaco). Qualunque sostanza che entra in contatto con noi deve essere sicura e quindi deve essere fatta ricerca per metterla a punto laddove necessaria e testata positivamente. Non è che per una scala di importanza il farmaco è sicuramente più importante del cosmetico, il danno è uguale. Se ci siamo riusciti sui cosmetici non si capisce perche non possiamo riuscirci sui farmaci. Sulla sperimentazione dei cosmetici ha concorso lo sviluppo dei classici metodi sostitutivi (classica obiezione) anche perché la sperimentazione sugli animali del prodotto finito non era mai stata resa obbligatoria dal legislatore e questo ha imposto e favorito lo sviluppo di metodi alternativi. Basterebbe al di là delle opinioni in campo, permettere l’entrata in commercio di un farmaco anche grazie alla non sperimentazione degli animali, come è accaduto sui cosmetici e riuscire ad ottenere una normativa per il divieto dell’allevamento degli animali per la sperimentazione. La vivisezione oggi è ancora una tragica realtà. Solo in Italia sono impiegati 833mila animali, siamo in Europa tra il quinto e il sesto posto. Sono ancora 12 milioni nell’Unione Europea ogni anno. Stiamo parlando di un numero incredibile e la difesa di queste posizioni da parte di chi fa sperimentazione poggia su motivi cattedratici, di potere, scientifici o pseudo tali, nonché di potere economico al di là di tutta l’industria collegata alla sperimentazione e gli animali in toto viene sempre più messa in discussione.
Cosa può fare il singolo cittadino per un’inversione di tendenza in materia? Per esempio ho letto che è stata predisposta una petizione popolare su www.stopvivisection.eu.
La scelta che possiamo fare è firmare l’iniziativa popolare europea che può essere firmata anche on-line su www.stopvivisection.eu, iniziativa riconosciuta dalla Commissione Europea e che speriamo imporrà alla commissione stessa la cancellazione dell’ultima direttiva europea e quindi l’emanazione di una nuova dai contenuti significativamente innovativi. La raccolta firme scade il 31 ottobre 2013, ma sta già ottenendo ottimi risultati. A livello nazionale la petizione che si può firmare è quella presentata sul nostro sito (ww.lav.it), complessiva di dieci punti che insieme ad altre associazioni animaliste italiane poniamo al nuovo parlamento e al nuovo governo per una riforma complessiva anche e non solo sul tema della sperimentazione sugli animali.
Il 13 agosto del 2011 è entrato in vigore con la riforma del Codice della strada e con decreto attuativo nel dicembre 2012 un innovativo principio di civiltà, grazie agli emendamenti proposti dalla Lav. Finalmente anche gli animali hanno diritto al soccorso in caso di incidenti stradali?
Un altro esempio che è sintomatico: siamo riusciti a far cambiare già nella percezione della gente ma anche da un punto di vista legislativo l’idea che se investo con la mia auto un animale non mi fermo: dentro a quella norma siamo riusciti a far inserire il riconoscimento delle ambulanze veterinarie e dell’importanza dell’uso della sirena. In un ambito di un diritto al soccorso dell’animale ferito o incidentato o malato di cui il diritto al soccorso stradale e l’obbligo di fermarmi è uno degli aspetti, quello di cui si è più parlato. Quello ora del diritto dell’ambulanza ai sensi del Codice della strada di potersi fare largo e avere la precedenza grazie al posizionamento della sirena è veramente rivoluzionario perche ha equiparato il soccorso umano a quello animale attraverso una cosa piccola ovvero il lampeggiante, la sirena che fino ad un anno fa se posta era illegale. Questo riconoscimento implica che attraverso una norma che è di sicurezza stradale siamo riusciti a fa passare un principio, abbiamo equiparato il soccorso di una vita senza discriminazione di specie. Tra i passi in avanti questa è una svolta rivoluzionaria. Grazie a questo aspetto del Codice della strada abbiamo fatto scoprire le autorità pubbliche che sono già demandate all’intervento nel caso soccorso stradale e nel caso di incidenti con animali abbiamo fatto scoprire le loro responsabilità. Noi come automobilisti eravamo fino al dicembre 2012 obbligati a fermarci nel caso di incidente con danno alle persone, ma siamo obbligati anche a fermarci nel caso di danno a cose, non eravamo invece obbligati a fermarci nel caso di danno a uno o più animali. C’era da mettere mano a questa ingiustizia e contestualmente abbiamo evidenziato le responsabilità, Asl veterinarie, comuni, province, proprietari degli animali sui loro territori o gli enti che devono provvedere in quanto dovere di soccorso. La Asl veterinaria ha una reperibilità per legge 24 ore su 24, compresi notturni e festivi, deve essere fatta funzionare da chi paga. Ovvero noi cittadini.
Dal 2011 in Inghilterra è stato avviato il tentativo di bandire gli animali selvatici all’interno dei circhi e finalmente si è arrivati a un importantissimo risultato, e dal 2015 saranno banditi definitivamente. Si tratta di un grande passo compiuto dalla Gran Bretagna, che dovrebbe essere da esempio per tutti gli altri Paesi in cui, purtroppo, gli animali vengono tutt’ora utilizzati per dar vita a spettacoli mortificanti. Quando arriveremo anche noi a una svolta di questo genere?
L’Inghilterra è stato l’ultimo di tanti. Ci riferiamo a tutti quei Paesi europei e extraeuropei che hanno bandito tutti gli animali in toto o unicamente i selvatici (Austria, Belgio, Bolivia; l’elenco completo è sul nostro sito). Da noi c’è ancora un po’ di strada da fare perché la tradizione circense in Italia è sicuramente una delle prime del mondo nonostante che i loro profitti siano in picchiata, sopravvivendo grazie al fondo unico per lo spettacolo quindi con i soldi di tutti noi. Tant’è che il Cirque du Soleil con base in Canada - che il mondo circense contesta nella sua denominazione non riconoscendolo come circo - ha più di uno spettacolo nel mondo e dovunque è uno straordinario successo, Italia compresa. Ebbene, questo spettacolo non si finanzia con contributi pubblici e soprattutto non ha animali. È il capofila di quel circo contemporaneo a testimoniare che il circo davvero umano e quello senza animali rappresenta altresì il recupero della vera tradizione, che originariamente è nata appunto senza animali per stupire un pubblico che allora era senza televisione. Alcune amministrazioni invece hanno imposto il rispetto del regolamento Cities, che fissa alcune piccole importanti regole circa la detenzione e l’esibizione degli animali che, come più volte dimostrato, i circhi non rispettano. Il mondo del circo è ancora senza una normativa speciale di settore, non c’è nessuna legge che dice quando e come un animale è sottoponibile a un addestramento o a un esercizio. Questo non ha evitato tuttavia di poter far condannare i circhi, come è avvenuto recentemente per maltrattamenti. La differenza rispetto a 10 anni fa è che nel frattempo grazie a una normativa contro il maltrattamento degli animali, che è passata nel 2004 da semplice contravvenzione a delitto dal punto di vista giuridico nonché grazie alla maggiore preparazione delle associazioni, guardie zoofile e corpi di polizia, si sono ottenute delle importanti condanne. Pensiamo solo a una pratica particolarmente visibile che è quella della detenzione degli elefanti alla catena con un comportamento stereotipato di dondolamento giorno e notte. Anche su questo tema chiediamo l’approvazione di una nuova legge che preveda incentivi alla riconversione dei numeri con animali a numeri senza animali. È recentissima la notizia che il circo contemporaneo e i circhi senza animali potranno finalmente usufruire dei contributi ministeriali assegnati dal Fondo unico dello spettacolo (Fus). E quelli destinati agli spettacoli con animali, ancora quest’anno più di 3 milioni di euro, dovranno essere azzerati entro cinque anni e impiegati per la riconversione delle attività. L’aula del Senato ha infatti approvato a larghissima maggioranza, nella conversione del decreto-legge sulla tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo, un emendamento e un ordine del giorno. Con il parere positivo del ministro della Cultura, Massimo Bray. Una bocciatura morale e sostanziale dell’uso degli animali nei circhi, della loro prigionia e delle loro costrizioni, e un primo importante passo legislativo in favore del divertimento e della cultura senza sofferenze per gli animali. Il voto del 24 settembre incoraggerà il Parlamento ad approvare le proposte di legge per lo stop all’uso di animali nei circhi, come già deliberato da altri Paesi in Europa e nel resto del mondo? Noi crediamo di sì!
Cosa significa oggi essere animalista? E cosa occorrerebbe fare per sensibilizzare la collettività?
L’animalista sicuramente è colui che fa propria la necessità di rivedere il rapporto con gli animali, fondandolo non più sulla loro uccisione, utilizzazione e sopraffazione. Oggi in maniera più propria si dice che un animalista è tale se è antispecista, se mette cioè in discussione la discriminazione degli altri esseri viventi fondata unicamente sull’appartenenza alla specie. Un animalista non è sicuramente chi acquista un animale, chi li mangia, chi si diverte vedendo gli animali utilizzati, però a noi piace pensare che al di là di chi si ritiene tale complessivamente la società faccia dei passi in avanti nel rispetto degli animali. Si può essere a favore degli animali anche con dei singoli comportamenti e al di là delle etichette degli altri c’è la possibilità di sentirsi animalisti in tante maniere anche singolarmente. L’animalista può essere considerato un militante, un attivista però è necessario che non venga più facilmente etichettato come un appartenente a una sorte di setta esoterica che raccogliendo persone che “non hanno nulla da fare nelle vita” odia il genere umano e si rifugia in quello che viene ancora considerato (sebbene sempre meno per fortuna) un hobby strampalato della domenica. Significa essere un movimento in primis inclusivo al di là delle etichette. Questa è la filosofia della Lav anche per i singoli temi. La sensibilizzazione della collettività deve essere svolta con la capacità di comprendere che proponiamo dei cambiamenti che a differenza di altri movimenti sono anche dei cambiamenti personali. Vedi le scelte alimentari piuttosto che nell’abbigliamento, non chiediamo solo il cambiamento dei massimi sistemi.
La storia dei cani di Green Hill ha commosso l’Italia intera e ha dimostrato come la maggior parte degli italiani è dichiaratamente dalla parte delle istanze animaliste. Oggi si lotta per i beagle di Verona, ieri per quelli della Menarini.
La storia dei beagle di Green Hill è sintomatica e molto positiva perché ha dimostrato che in un ambito generale di iniziativa a favore dei beagle (e contro la vivisezione), ambiti diversi hanno realizzato un sogno diventato realtà seppure al momento temporanea. Ci sarà il processo ai responsabili e noi speriamo con la riconosciuta colpevolezza di coloro che a vario titolo e in vario modo hanno permesso un’attività dove i beagle venivano maltrattati al di là della loro fine. Chi ha iniziato la battaglia contro Green Hill con manifestazioni, occupazioni simboliche, chi è salito sul tetto è riuscito ad avere oggi un risultato anche grazie a chi poi con competenza giuridica è riuscito a innestare questa attività della procura e ha portato poi anche al sequestro e così alla salvezza di quei cani. Entrambi questi ambiti sono riusciti ad ottenere questo risultato grazie anche alle famiglie che su una ovvia onda emotiva hanno preso in affidamento un beagle di Green Hill. Questo è il più grande insegnamento in una vicenda in cui gli interessi in gioco sono enormi, con un range degli indagati che spazia al di là dell’essere Green Hill una multinazionale. Noi riteniamo che l’inchiesta potrà riservare altre sorprese in termini di figure coinvolte, però la vicenda testimonia che ognuno per la propria ragione sociale può fare un pezzo. Fondamentale è stato anche l’apporto e il grande interesse dei media che hanno opportunamente diffuso le notizie, dei parlamentari che si sono recati sul posto che hanno fatto interrogazioni parlamentari e hanno così sensibilizzato le istituzioni su questi argomenti e poi le tante fiaccolate e manifestazioni. Le organizzazioni, la Lav in particolare, è stata protagonista di una delle denunce a Green Hill che a differenza di altre è riuscita a trovare un suo pertugio per cui la procura che aveva sempre archiviato tutto non ha potuto archiviare anche questo e ha avuto un grande ruolo nella custodia giudiziaria. Ruolo che continuiamo a svolgere sui 2639 beagle, nell’organizzare questo affidamento dei cani che era ed è particolarmente delicato perché in una custodia giudiziaria non solo il custode giudiziario ha delle enormi responsabilità sul “bene” che ha in custodia, ma lo ha rispetto al fatto che noi dovevamo portare via quei cani con una procedura giustamente molto complessa, partecipazione del Corpo forestale dello Stato, veterinari, ausiliari di polizia giudiziaria, l’azienda esposta e quant’altro. Abbiamo ottenuto così questo grande risultato perché la Lav non ce l’avrebbe mai fatta senza il concorso di tanti a livello nazionale e a livello locale. Siamo riusciti a mostrare una realtà anche attraverso le immagini di cani che ancora non avevano subito esperimenti di vivisezione, cani che ancora il primo giorno in cui gli ausiliari di polizia giudiziaria sono andati per l’operazione di uscita erano già pronti e impacchettati per partire. Una situazione quindi che era molto delicata anche dal punto di vista emotivo. La vicenda di Green Hill è tuttora in corso ed è indubbiamente un caso simbolo, un caso su cui stiamo spendendo molte energie e risorse dei nostri sostenitori e simpatizzanti. È stato un precedente importante a tutti gli effetti e un grosso impegno che continua.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
Noi a luglio porteremo al nuovo Governo e al nuovo Parlamento le firme della petizione popolare che abbiamo lanciato a livello nazionale a febbraio, affinché siano ottenuti dei provvedimenti sulla caccia, la vivisezione, i circhi, la macellazione, il trasporto degli animali e quant’altro. Di modo che l’agenda della nostra campagna in corso venga fatta propria da chi nelle istituzioni può e deve decidere della sorte degli animali. Il movimento animalista con questa campagna pluritematica conta di far riconoscere la propria influenza e il proprio peso da parte di chi è deputato a decidere: la politica. All’interno di questa campagna speriamo di poter far prendere all’Italia la decisione che hanno preso diversi Paesi europei: chiudere cioè con la brutta pagina degli allevamenti degli animali destinati a diventare pellicce. In Italia ne sopravvivono poco più di 10 con una produzione di 300mila visoni o poco più. Una produzione anacronistica, superata dal tempo e dalla necessità di far pace con gli animali. In tema di scelte personali abbiamo lanciato l’iniziativa in Italia della giornata alimentare, diversa per chi non è già vegetariano e vegano. Proponiamo il mercoledì veg, il non mangiare prodotti di origine animale almeno una volta a settimana iniziando perché no da un giorno simbolo (sito www.cambiamenu.it). Il cambiamento del nostro rapporto con gli animali può iniziare anche dal nostro piatto. Il mio messaggio è “o per forza o per amore”. Per forza perché ce lo dicono i rapporti indipendenti scientifici, o per amore, ovvero per scelta personale, iniziare a ridurre il nostro impatto sul pianeta proprio perché gli animali sono il simbolo di uno sfruttamento e di una guerra che l’uomo ha dichiarato nella notte dei tempi in parte ma solo in parte anche per necessità di sopravvivenza. Oggi abbiamo l’opportunità di vivere e di vivere bene facendo pace con gli animali. La possibilità di cambiare le cose per forza o per amore per un rapporto con un animale vero non condizionato come quello che possiamo trovare negli zoo, nei delfinari, nei circhi. Attraverso questo recupero noi dobbiamo recuperare l’essere animali noi stessi, un essere vivente tra gli altri e trasformare ciò in scelte concrete partendo da una bandiera bianca alzata. Da dove iniziare? C’è l’imbarazzo della scelta. Questo è un ambito che anche il presidente della Lav continua a tenere presente quotidianamente, perché non c’è un punto di arrivo ma una strada da percorrere tutti insieme.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:43