
Si sostiene ancora che i servizi segreti siano specchio dell’anima di una nazione. Sarà per questo che ad esempio l’Europa un’anima ancora non ce l’ha. Per altri lo spionaggio è sempre vile, tradimento del dialogo tra i popoli, copertura di interessi occulti, strategia della tensione volta all’antidemocrazia. Dal 2012 i servizi europei, l’Intelligence Analysis Center (EU Intcen), costano 230 milioni, sono 70 con 1300 collaboratori, forniscono 250 rapporti tra strategici e speciali per gli occhi dei leader nazionali, europei e dell’Agenzia europea di difesa (Ead) e sono guidati da un finlandese, Ilkka Salmi.
L’Intcen viene però accusato di voler reprimere opinioni e interessi interni, sotto le mentite spoglie della lotta all’evasione fiscale e all’idea del terrorismo allargato anche all’euroscetticismo, almeno nell’impostazione data dal Future Group di due ex ministri degli interni quali il tedesco Schäuble e Frattini con i loro colleghi portoghese, sloveno, francese, svedese e ceco. A fronte si alza l’intelligence raccontata ne “La storia del Mossad” di Antonella Colonna Vilasi (Sovera Edizioni), evoluzione di “Servizi e segreti” che non possiamo non considerare europei. Il detto del Mossad non è né anima, né complotto, solo realismo e necessità: “Nessuno dice che è un lavoro simpatico”.
La vicenda narrata dall’autrice, avvalendosi “semplicemente dell’ausilio delle scienze storiche, degli archivi, delle pubblicazioni scientifiche e delle emeroteche”, parte dalla nascita di Israele, dallo sviluppo di un’Intelligence con gli Shabak e Anaf Modin, dalle guerre con gli stati arabi fino alle rivoluzioni e controrivoluzioni arabe tra laici e fratelli musulmani, e alle frontiere della cyber intelligence e dello spionaggio industrialmilitare e informativo.
Nel saggio parla anche il giornalista Eric Salerno, inviato speciale de “Il Messaggero”, divenuto egli stesso per forza di cose “agente sul terreno”, che ha fatto luce sulle operazioni dell’agenzia nel nostro Paese a partire dal sostegno che De Gasperi diede al Mossad-Italia di Ada Sereni, ebrea romana emigrata nel 1927 nel focolare ebraico in Palestina.
La Sereni chiese papale papale (e ottenne) all’Italia di chiudere tutti e due gli occhi sulle sue attività; dall’immigrazione clandestina degli ebrei dell’Exodus di Yeuda Arazi, ai sabotaggi di industrie italiane che rifornivano gli arabi, all’affondamento della nave Lino, al rapimento a Roma di Mordechai Vanunu, tecnico della centrale nucleare Dimona, all’assassinio nel ’72 a Roma di Wael Zwaiter, cugino di Arafat, addetto all’ambasciata libica e membro di “Settembre Nero” nella strage delle Olimpiadi di Monaco, all’infiltraggio nelle Brigate Rosse, fino al caso Moro e al suo accordo con l’Olp per garanzia antiterroristica all’“extraodinary rendition” dell’Imam Omar rapito a Milano dalla Cia.
L’agente Mike Harari definì Roma e Milano basi primari del Mossad, buone come sedi formative, magazzini militari, aziende di copertura. Come quella di Milano dalla quale l’australiano ebreo Benjamin Zygier partì per uccidere in Dubai un trafficante di Hamas, farsi trafugare un filmato dell’omicidio e poi sparire suicida nelle carceri israeliane vicino Tel Aviv quale misterioso “Prigioniero X”. “Solo la Calabria, dice la Vilasi, presidente del “Centro studi sull’Intelligence UNI, nella sua “Storia dei Servizi segreti Italiani” (Città del Sole) è rimasta immune dalla presenza dello spionaggio israeliano”.
In Europa intanto ci si inoltra in una confusione di ex dipartimenti, strutture di coordinamento burocratiche transnazionali e transcontinentali. L’Intcen ad esempio delocalizza molte attività all’Eusc, centro satellitare europeo che monitora il pianeta via satellite e che è sottoposto ai premier europei. Per parlarsi i due enti passano dal Siac (Single Intelligence Analysis Capacity ), che mischia spie civili europee con le 200 militari dell’Eums, dipartimento militare europeo i cui funzionari seguono le forze militari Eufor, senza gestirne le missioni e si identificano nei commis Nato europei.
La confusione prosegue nel piccolo melting pot con altre tre unità d’informazione (Satellite Center, Intelligence Directorate e Situation Room), dentro quello più grande che ha mischiato ex addetti alla sicurezza dell’ex Mr Pesc ed ex esteri della Commissione, oggi tutti confluiti sotto la nuova Alta Rappresentante Catherine Ashton che siede anche in Commissione. Caterina è il capo di tutti questi organismi in ordine sparso. La baronessa paga i conti satellitari come capo Intcen a se stessa come direttore Eusc.
Alla Ashtron sfuggono ancora gli analisti del Joint situation centre e la Watch-keeping capability del Consiglio europeo e l’unità di crisi della Commissione, oltre a Europol e Frontex. L’apparato, dello stesso peso e costo dell’intelligence di uno Stato come l’Austria, appare così inconcludente mentre i servizi nazionali proseguono sulla propria strada. In fondo però l’importante è che l’Eusc rientri nel più generale orecchio obamiano del Datagate, evoluzione social di quello che fu l’Echelon, all’epoca di fax, mail e telex dell’Usa.
Il problema del grande controllo Usa, costituito dalle agenzie statali Usa assieme agli stessi social network e ai monopoli privati TLC, secondo l’esperto Sergio Germani del Link Campus, è che poi mancano le forze per analizzare effettivamente i miliardi di telefonate, streaming, post e dati digitali presenti sulla rete. “Ci vorrebbero i 200mila addetti che al tempo d’oro dello spionaggio sovietico, la Russia metteva in campo per il controllo dei cittadini.” L’europeità del Mossad è data dall’impostazione del servizio che privilegia l’infiltrazione degli agenti nelle strutture di comando pubbliche e private dei Paesi avversari. Un metodo comune ai servizi russi, inglesi e italiani, contrapposto a quello digitale Usa. Anche l’Europa ha questa impostazione, ma alla rovescia.
Il capo Ilkka Salmi proviene dalla tradizione del Vapo, poi Supo e Su: un servizio che venne in passato completamente teleguidato dai russi. Nel vedere le strane e masochiste acrobazie politiche europee viene alla mente la tradizione dei Brandt, Palme, Kekkonen, dei nostri stessi Pd, di Angela Kasner, portavoce dell’ultimo governo DDR di Lothar de Maizière. Una tradizione di talpe e burattini nelle mani a loro insaputa e non, dei servizi orientali. Non c’è bisogno del Mossad per ricordare che la Kasner, figlia del pastore protestante Franke il Rosso, è più nota come Merkel. Forse però c’è bisogno di un Mossad che ci protegga da noi stessi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:44