
Secondo il ministro Zanonato “la seconda rata dell’Imu non si paga, e per la necessità di non sottrarre risorse al mercato interno”. Ma per il neosindaco di Roma, Ignazio Marino, sarà inevitabile far pagare a tutti i romani una “super Imu”, tra il 6 e il 7% sulla prima casa (nel 2012 era al 5%) per ripianare i buchi di bilancio. È evidente che Zanonato fornisca una chiave di lettura parziale, che non tiene conto del fatto che lo statuto di Roma Capitale offre all’amministrazione capitolina mille pieghe e scappatoie che permettono di far pagare imposte su cui invece sono esentati i residenti in altri comuni.
È pur vero, per dirla alla Zanonato, che si deve “andare verso una nuova forma di fiscalità locale”: questa da parte del ministro è una evidente scappatoia che permette al Governo di influire sempre meno sulla tassazione comunale. Infatti il minor gettito comunale confliggerebbe col “patto di stabilità”, e porterebbe a cascata altri enti, fino allo stesso Stato, a ficcare il naso nell’amministrazione buonista. Diversamente, nessun controllore obietterebbe mai su una maggiore tassazione.
E mentre Marino ripete come un disco rotto che “non sarò il sindaco che aumenta le tasse”, proprio nella dirigenza locale (comunale, provinciale, regionale) e ministeriale spunta il partito che preferirebbe maggiori tasse piuttosto che tagli sugli stipendi: è evidente che questa corrente di pensiero non sia condivisa da artigiani, commercianti, liberi professionisti e disoccupati. Ma i dipendenti pubblici tutti si vanno sempre più convincendo che sia da preferire una maggiore pressione fiscale.
È inutile rammentare loro che, i non dipendenti pubblici non ce la fanno più a sopportare l’elefantiaco peso della macchina amministrativa. L’incremento dell’aliquota Imu sulla prima casa (dal 5 al 6 forse 7 per mille) è ormai cosa fatta a Roma: nemmeno l’intervento del Governo potrebbe scongiurare la mannaia fiscale di Roma Capitale. In molti rimpiangono non aver venduto casa a Roma per migrare nel circondario, dai Castelli fino ai paesi sulla Flaminia: un po’ di disagio nei trasporti, ma ci si abitua e l’Imu per case da 150 metri quadri è pari a quella che pagano per 40 al centro della Capitale.
E non è detto che la stangata romana sull’Imu scongiuri la mannaia sui servizi: 150 milioni di euro potrebbero comunque venir recuperati dal Campidoglio tagliando trasporto pubblico, asili e una miriade d’interventi sul territorio. L’assessore al bilancio di Roma Capitale, Daniela Morgante, è stata categorica: “L’Imu va aumentata”. Un punto in più consentirebbe a Marino di recuperare altri 140 milioni, e due punti permetterebbero una quasi copertura di bilancio. Lo scontro tra Campidoglio e Palazzo Chigi è dietro l’angolo: la seconda rata dell’Imu dovrà essere pagata dai romani a dicembre.
Anche perché lo statuto di Roma Capitale consente a Marino di poter non obbedire allo Stato centrale, che comunque non intende rimborsare i comuni dal mancato gettito dell’Imu 2013. La bocciatura del pagamento dell’Imu da parte del Governo avrà valenza in tutto lo Stivale, fatta eccezione per gli enti locali con statuti a parte (Roma, Bolzano, la Sicilia…). Ecco che Marino ripiega sul solco tracciato da Alemanno, ovvero sui tagli rinviati nello scorso bilancio.
L’ultima speranza di Marino per far quadrare i conti è inserire tra le “spese non indispensabili” (anche per il 2014) un buon 30% del trasporto pubblico e gli asili comunali. Anche perché è in forse che il Governo conceda di caricare i 485 milioni di disavanzo sulla “gestione commissariale del debito pregresso” (un debito che risale minimo a un paio di giunte prima di quella Alemanno). Come sono in forse i 140 milioni della Regione Lazio destinati a finanziare il trasporto pubblico romano. Di certo Marino ha solo i 140 milioni che arriverebbero dall’Imu, i 50 che entrerebbero dalla tassa di soggiorno e i 15 dai canoni d’occupazione del suolo pubblico.
Ormai tutti sanno che è passata in Senato la norma che autorizza gli enti locali a ridiscutere i contratti di servizio con le aziende municipalizzate: ma i sindacati e le sinistre che appoggiano Marino sono sul piede di guerra, al grido “non si toccano i contratti di servizio e, soprattutto, il programma del Pd su Roma non prevede tagli e sacrifici da parte dei dipendenti di Comune e municipalizzate”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:46