
L’Italia fuorilegge. Non rispetta la Convenzione dei diritti dell’uomo pur essendo uno degli Stati firmatari. Le ultime vicende dei giornalisti condannati al carcere per diffamazione (Alessandro Sallusti del Giornale, Maurizio Belpietro di Libero, Giorgio Mulè di Panorama, Antonio Ricci di Striscia la notizia, Francesco Gangemi del Dibattito di Reggio Calabria) sollevano un altro problema: perché i giudici italiani condannano solo in base al codice penale e non tengono conto dei principi fissati dalla Corte di Strasburgo? Vediamo di riepilogare la questione sulla base delle tante analisi compiute da Franco Abruzzo presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1989 al 2007 e considerato, assieme al romano Pierluigi Franz, tra i maggiori esperti in materia di rapporti tra il mondo dell’editoria e la giustizia.
La base di partenza sono la Convenzione e la Corte europea dei diritti umani che hanno ampliato il diritto di cronaca ( dare e ricevere notizie) e proteggono il segreto professionale dei giornalisti. A chiarire l’ambito di applicazione è intervenuta la Corte di Cassazione che con una sentenza del 30 settembre 2009 ha stabilito che il giudice nazionale deve tenere conto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo ai fini della decisione, anche in corso di causa, con effetti immediati e assimilabili al giudicato. Perché non avviene? Una delle anomalie della giustizia italiana. Il percorso è invece ben tracciato. L’art. 10 della Convenzione così come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ( CEDU) s’impone a tutti gli Stati membri.
“ I giudici nazionali, è scritto, devono applicare le norme della Convenzione secondo i principi interpretativi espressi nella giurisprudenza della Corte”. Se ci fossero ancora dubbi li ha risolti la Corte Costituzionale con la sentenza 39/2008 secondo cui “ le norme della Convenzione devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarità nell’ambito di siffatta categoria consiste nella soggezione all’interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi”. Va osservato, inoltre, che dal 1 dicembre 2009 la Carta dei diritti fondamentali UE e la Convenzione fanno parte integrante della Costituzione europea ( Trattato di Lisbona).
E se i giudici non ne tengono conto? Si tratta di un’altra anomalia che uno dei referendum promossi dai Radicali di Marco Pannella vorrebbe eliminare con la responsabilità civile diretta dei giudici. La vicenda del giornalista Francesco Gangemi ( ancora in carcere nonostante l’istanza di scarcerazione presentata dai legali per motivi di salute, malato di tumore, invalido al 100 per cento, 79 anni di età) è una di quelle questioni che dovrebbero aprire profonde riflessioni.
Le 8 sentenze di condanna sono tutte relative al reato di diffamazione a mezzo stampa, tranne una: quella per falsa testimonianza per non aver voluto rivelare le fonti delle informazioni che provocarono nel 1992 lo scandalo delle tangenti al Comune di Reggio. Anche un altro giornalista, scomparso di recente, Giuseppe D’Avanzo di Repubblica venne arrestato e rinchiuso per 7 giorni nel carcere di massima sicurezza di Cerinola. Non aveva voluto rivelare a Pierluigi Vigna le fonti ( avvalendosi del segreto professionale) della notizia che a mettere le bombe che provocò la strage del Rapido 904 ( 16 morti, 200 feriti alla vigilia di Natale 1984) erano stati gli uomini del clan del camorrista Giuseppe Misso).
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:50