
La crisi politica che continua a essere attuale e senza freni è un’ennesima conferma degli squilibri esistenti tra i Poteri su cui si fonda lo Stato: il Governo, il Parlamento e il Presidente della Repubblica a livello centrale, così come a livello Regionale tra Consiglio, Giunta e i vari organi di controllo che ne conseguono. Gli anziani e i navigati della politica italiana preferiscono parlare di “crisi del sistema” per colpa dell’attuale legge elettorale.
Guardando al passato, se nel 47 l’Assemblea Costituente deliberò per la nostra Costituzione, le prime riforme alla legge elettorale iniziarono nel ‘54 e da allora si sono succedute a ritmo incalzante. Tra proporzionale, maggioritario, proporzionale secco, premio di maggioranza, sistema misto e bipolarismo, si è tentato di tutto. Il risultato permane lo stesso: l’ingovernabilità del nostro amato Paese! Ma la Costituzione è anche un fatto culturale, una matrice comune, nata dagli ineguagliabili valori del “dopo Dittatura”, che definendo i “diritti e doveri dei cittadini” e l’”architettura istituzionale del nostro Stato” dovrebbe essere il punto d’incontro di tutti gli Italiani, la colonna portante della nostra Identità Nazionale.
L’adesione comune ai valori sanciti dalla Costituzione, dovrebbe costituire quindi una sorta di “Bibbia”, citata giustamente più volte dal Presidente Ciampi; un sacro testo cui riferire la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni, il nostro modo di rispettare l’un l’altro. A leggerla bene lo è ed è tanto precisa e dettagliata che ha dato la possibilità, a tutti coloro che sino ad oggi hanno esercitato il potere politico, non solo di edificare spazi istituzionali in ragione delle presunte responsabilità costituzionali, ma anche di creare altrettante strutture di controllo in ragione di quell’equilibrio di potere su cui si basa la nostra democrazia (sistema partitocratico – clientelare!).
Tutto ciò ha dato origine a una chiara delegittimazione del senso di responsabilità istituzionale (nessuno è più responsabile di niente, essendo tutte decisioni collegiali, ottenute anche con il benestare degli organi di controllo) e, soprattutto, al dilagare dei reati di corruzione, peculato e concussione. Norberto Bobbio ebbe a denunciare, poco prima della sua morte (2004), “il rischio che l’Italia stava correndo verso forme di autoritarismo, derivante dalla complessità del contesto costituzionale e istituzionale che generava una sostanziale ingovernabilità.” Certamente Bobbio voleva sottolineare anche la generalizzata condizione di caos burocratico in cui sono più i vincoli e i grovigli imposti dalle regole burocratiche, competenze “generalizzate” e divieti “incrociati reciproci”, che altro.
E’ proprio grazie a questo “Groviglio Istituzionale” che Grillo tende affermare la sua proposta “dittatoriale”. Nel momento in cui si va sempre più affermando il valore della “funzionalità”, garantita dal rispetto delle leggi e delle responsabilità delle persone, quale “Rappresentatività funzionale” è assicurata dal nostro Parlamento? E così, quale funzionalità è assicurata all’Ordinamento giuridico, al federalismo, alla Giustizia, al sistema di Rappresentanza e a quello elettorale?
Nasce di conseguenza la necessità, non dimenticando l’obiettivo prioritario di un ampliamento di orizzonti sulla politica finanziaria e di Sicurezza nazionale di maggiore orientamento Europeo, proporre nuove regole per la definizione dei compiti e delle responsabilità da assegnare al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio e le interrelazioni che dovranno esistere con la relativa maggioranza parlamentare.
La scelta potrebbe andare univocamente sul doppio turno alla Francese per una Repubblica Presidenziale. Ma, particolare enfasi e attenzione nello studio del nuovo modello di Riforma, oltre che ai canoni d’identificazione del tipo di governo, dovrà essere data anche al criterio di rappresentatività da assegnare ai singoli parlamentari eletti e ai collegi relativi. Ad esempio, raggruppando le varie Regioni in collegi uniformi dal punto di vista economico e sociale -10 collegi massimo- assegnare un criterio numerico di rappresentanza, un Parlamentare per ogni 200.000 abitanti, per la creazione di una sola Camera.
Lasciando al Senato delle Regioni, formato solo dai Presidenti delle Regioni, compiti consultivi e propositivi d’indirizzo Presidenziale. Al tempo stesso si esige una nuova e rivisitata nell’integrale Parte Seconda della Costituzione, aperta a ogni comprensione del singolo cittadino, avendo come riferimento il rispetto delle libertà dei singoli e della sovranità popolare (maggiore impiego dei referendum, anche propositivi), del nuovo quadro Europeo, delle autonomie imposte dal possibile neo Federalismo e delle conseguenti aspirazioni e riforme economiche, fiscali e sociali.
Una nuova Costituzione in cui anche la Giustizia rinsaldi la sua autonoma dignità, prendendo spunto dalla necessaria fusione tra le due culture giuridiche europee: la codificazione costituzionale dei diritti fondamentali della persona (CivilLow), e quella anglosassone (Common Low), con un sistema di controllo di legittimità costituzionale proprio della revisione della legislazione e delle procedure giudiziarie, definendo una Corte Suprema dedita al compito (già realizzata in Canada con enorme bneficio procedurale e temporale).
Infine un accenno agli Italiani all’estero, per i quali la soluzione più immediata potrebbe essere un ritorno (rivisitato) al sistema elettorale antecedente la legge costituzionale n. 1 del 2001. In tal caso i cittadini italiani residenti all'estero potrebbero esprimere il loro voto con riferimento ai collegi elettorali d’iscrizione AIRE. Anche in questo caso, sarebbero da introdurre nelle liste di collegio, rappresentanti di lista o di partito da selezionare tra gli iscritti all’AIRE, da eleggere seguendo gli stessi criteri di rappresentatività cui sopra accennato.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:45