Assurdo. Il giornalista calabrese di 79 anni, Francesco Gangemi, direttore del settimanale “Il Dibattito” è in galera nel carcere San Pietro di Reggio Calabria. Per il reato di diffamazione a mezzo stampa è stato condannato a due anni di carcere. Al danno, la beffa. Nell’ordinanza di arresto c’è scritto che il pubblicista ha “omesso di presentare l’istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti”. Francesco Gangemi a Reggio Calabria è un personaggio di rilievo, per le sue inchieste, per le denunce fatte quando era in Consiglio comunale ai tempi della tangentopoli reggina intorno all’inizio degli anni Novanta. È stato anche sindaco per 25 giorni quando l’allora primo cittadino finì in carcere per abuso amministrativo riguardante l’arredo urbano.
Era stato proprio Gangemi a parlare di mazzette e valigie che entravano al palazzo comunale San Giorgio piene di soldi e ne uscivano vuote. Interrogato dai magistrati, non rivelò mai le fonti fiduciarie che gli avevano permesso di alzare il velo sugli scandali per il verde pubblico (lo scandalo delle fioriere). Da qui la condanna a 2 anni di reclusione per falsa testimonianza divenuta esecutiva nel 2012. Nella sua carriera di giornalista ha accumulato altre otto condanne per articoli considerati “scomodi” o diffamatori. Mentre a Reggio Calabria era in visita il capo della polizia, Alessandro Pansa, sono stati gli agenti della Squadra Mobile (due uomini e una donna) ad eseguire il provvedimento di carcerazione per pene concorrenti emesso dalla Procura generale di Catania. Per il pubblico ministero Elvira Tafuri si è trattato di “un atto necessario”.
Per Gangemi non sono valsi i quasi ottanta anni e le patologie gravi che lo affliggono. “È una vicenda grottesca – ha scritto il figlio Maurizio, direttore de “Il Reggino” – tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi. Ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo preparato, non dimenticando di appuntargli le dosi e gli orari. È stato riconosciuto invalido al 100 per cento”. Come risponde il mondo dell’informazione? Sono trascorse poche settimane dalla notizia che i giudici di Strasburgo avevano accolto il ricorso di Maurizio Belpietro contro la condanna a 8 mesi di carcere, dopo le vicende dei direttori Alessandro Sallusti (condannato a 4 mesi per diffamazione nei confronti di un giudice per un articolo che non aveva controllato, poi graziato dal presidente Napolitano) e di Giorgio Mulè di Panorama (condannato a 8 mesi per omesso controllo su un articolo che attaccava un pm). I giudici europei avevano sentenziato che il carcere per i cronisti è una sanzione eccessiva e non proporzionata agli scopi della pena.
La reazione dei vertici della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e dei giornalisti calabresi è decisa e chiede risposte da parte delle cariche istituzionali dello Stato. “Quanto accaduto al giornalista Gangemi – hanno dichiarato Franco Siddi e Carlo Parisi – appare una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà d’espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee: sorprende che la magistratura, pur in presenza di una legislazione che prevede il carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa e che perciò è stata giudicata incompatibile dalla Corte dei diritti dell’uomo, non abbia individuato misure alternative alla detenzione, riconosciute in quasi tutte le parti d’Italia a fior di delinquenti per crimini efferati di ben altra natura”. La Federazione della stampa si rivolge ancora una volta al Parlamento affinché approvi con urgenza la legge sulla diffamazione per evitare il ripetersi di “questi dolorosi sconci”.
Il portavoce di Articolo 21 Beppe Giulietti chiede che intervenga il Quirinale perché l’arresto arriva dopo il monito europeo rivolto all’Italia ad eliminare il carcere per i cronisti e a rivedere le norme sulla diffamazione. L’immediata scarcerazione di Gangemi è stata chiesta dal presidente della Provincia di Reggio Calabria, Antonio Eroi, “perché la libertà di stampa è un diritto essenziale e base della democrazia in Europa. L’unica sanzione possibile quando un giornalista offende l’altrui reputazione è quella pecuniaria dopo l’omessa rettifica”. “Basta con gli arresti”, ribadisce il presidente dei cronisti Guido Columba.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:25