Al Csm si ignora il caso Dreyfus

In risposta alla denuncia di Silvio Berlusconi di essere oggetto di una continua persecuzione giudiziaria da parte di alcuni settori politicizzati della magistratura, il Csm, in contemporanea con l'Anm che, totalmente priva di senso del ridicolo, ha definito le parole dell'ex premier come pericolose per la democrazia, ha sostenuto che i magistrati sono professionali ed imparziali e che le sentenze si rispettano e si applicano.

Curiosamente, proprio nel momento in cui il Consiglio Superiore della Magistratura forniva la sua risposta alle accuse del leader del centro destra, Luciano Violante, che per oltre vent'anni ha rappresentato la componente giustizialista del Partito Democratico e che è stato indicato come l'organizzatore del cosiddetto partito delle Procure, ha sostenuto che a Palazzo dei Marescialli non solo tutti i componenti togati del Csm ma anche i funzionari ed i dipendenti fino agli uscieri ed agli autisti sono scelti sulla base della loro appartenenza alle correnti dell'Associazione Nazionale Magistrati.

Correnti che non si dividono per diverse sensibilità di categoria ma solo ed esclusivamente per diversa collocazione politica. Non risulta che le affermazioni di Violante abbiano provocato una reazione dal Vice Presidente del Csm Vietti, anch'esso finito su quella poltrona non per concorso ma per appartenenza politica all'Udc di Pierferdinando Casini.

 E neppure che l'Anm e neppure Magistratura Democratica, la componente tradizionalmente di sinistra, abbiano bacchettato l'ex magistrato, ex presidente della Camera e punto di riferimento storico per un paio di generazione di magistrati e di politici di orientamento giustizialista.

Chissà perché. Forse perché Violante avrebbe potuto documentare con nomi e cognomi le sue affermazioni? Nell'incertezza, comunque, sarebbe bene che il Csm cominciasse a capire la differenza che passa tra lo stato in cui le sentenze si rispettano e si applicano senza fiatare e lo stato di diritto in cui le sentenze, che vanno comunque applicate, possono essere discusse, criticate, contestate. Il primo è quello che si rifà al modello sovietico, nazista, komeinista.

 Il secondo è quello che ha come modello la democrazia liberale. Quella, per intenderci, che di fronte al caso Dreyfus, consentì ad Emile Zola di denunciare non solo una sentenza sbagliata ma anche gli sforzi compiuti dai giudici e dalla stampa loro amica di pretendere il rispetto e l'applicazione acritica di quell'indegno errore politico-giudiziario.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:45