Quando Santerini salvò l'Inpgi dall'Inps

Non un addio ma un arrivederci. Giorgio Santerini lascia al giornalismo un’eredità fatta di passione e di pragmatismo, di alte capacità professionali e umane, di lungimiranza sui tempi che cambiavano nella società e nel mondo dell’editoria. Ricordare Giorgio Santerini più come militante socialista ( aveva iniziato all’Avanti ed era stato candidato a sindaco di Milano da pensionato) che come leader sindacale dei giornalisti è far torto ad un personaggio che pur non rinnegando mai la sua matrice ideologica si è battuto per un sindacato libero, autonomo e indipendente rispetto a tutti i poteri.

La sua visione di giornalismo era, a partire dagli anni di piombo non conclusi con l’uccisione del suo amico e collega al Corriere della sera Walter Tobagi, era diametralmente opposta a quella prevalente nella corrente di sinistra allora dominante e appiattita sugli orientamenti del Pci oltre che simpatizzante degli estremisti extraparlamentari. Chi ha vissuto nelle redazioni dei giornali e nella Rai quella stagione non può comprendere appieno l’atmosfera di odio di classe e di esaltazione terroristica che idealizzava la critica delle armi e l’uso della P38, come hanno tante volte descritto Indro Montanelli, Carlo Casalegno, Mario Cervi, Antonio Spinosa e Federico Orlando.

Se i giornalisti italiani hanno ancora un buon contratto, soprattutto sul piano economico, un istituto di previdenza ( Inpgi) saldo e solido fino al 2050 e non assorbito dall’Inps, una cassa autonoma per le prestazioni sanitarie oltre il sistema nazionale lo devono a quella stagione in cui Giorgio Santerini divenne leader di uno schieramento di moderati orientato a risolvere i problemi economici e morali dei giornalisti italiani alle prese con le trasformazioni tecnologiche e le convulsioni politiche.

Aveva trovato una convergenza di pensiero e d’azione con i milanesi Walter Tobagi, Maurizio Andreolo, Marco Volpati, Gianluigi De Rold, Giovanni Negri, Franco Abruzzo, Edmondo Rho, Mariagrazia Molinari, i romani Gilberto Evangelisti, Guido Guidi, Marcello Zeri, Arturo Diaconale, Guido Paglia, Giovanni Buffa, Paolo Liguori, Paolo Cantore, Angela Buttiglione, Francobaldo Chiocci, Angelo Frignani, Giuliana Del Bufalo, Paolo Serventi Longhi, Alessandro Caprettini, Paola Angelici, Paola Conti, il napoletano Giacomo Lombardi, il fiorentino Stefano Sieni, il siciliano Mario Petrina, l’abruzzese Domenico Marcozzi.

 Era stato uno dei fondatori della componente Stampa Democratica (comparsa per la prima volta come minoranza contestata dal gruppo di sinistra di Rinnovamento al congresso Fnsi di Pescara del 1978) e dopo l’uccisione da parte delle Brigate rosse di Tobagi nel maggio del 1980 venne eletto presidente dell’Associazione stampa lombarda, carica che ricoprì per 12 anni fino a quando nel 1991 fu eletto segretario della Federazione nazionale della stampa.

 Autonomia, libertà, pluralismo, unità sono stati i paletti della sua azione quotidiana nel lavoro e nel sindacato. Nei 5 anni della sua gestione ( subentrato in corsa a Giuliana Del Bufalo che si era dimessa per entrare al Tg2 della Rai, ed eletto allo storico congresso di Pugnochiuso nell’autunno del 1990) il sindacato dei giornalisti ha affrontato la fase più acuta delle trasformazioni dei quotidiani (ristrutturazioni a catena, introduzione dei computer anche nei sistemi di impaginazione e dei services, nuove forme di giornalismo e sinergie editoriali, scarsi finanziamenti pubblici) che vedevano dirottata verso le Tv la stragrande quota degli introiti pubblicitari.

 Tra giornalismo e politica Santerini privilegiò sempre il primo. E quando comprese che il sindacato era sull’orlo della scissione e la sua azione era sempre più contestata fece un salto di alleanze in Fnsi ( scontentando gli amici romani) portando alla vicepresidenza il segretario dei giornalisti Rai Beppe Giulietti. Una breve convivenza. Al congresso di Villasimius (1996) comprese che la stagione stava prendendo una strada che non gli piaceva. Fece l’ultima relazione, presenziò una riunione di maggioranza, prese un aereo e tornò a Milano.

 Amato e contestato. Stop dell’Alleanza tra Stampa Democratica e Autonomia e solidarietà, erede di Rinnovamento di Sandro Curzi, Luciano Cerchia, Vittorio Roidi, Gabriele Cescutti, Miriam Mafai. Il seguito è la lunga gestione di Lorenzo del Boca alla presidenza e Paolo Serventi Longhi, prima dell’epoca Franco Siddi-Roberto Natale.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:00