Passa per le inchieste il rilancio del Tempo

Non è impresa facile ridare slancio ad un giornale che ha conosciuto anni di gloria e che negli ultimi tempi è stato costretto a navigare tra mille difficoltà ( riduzione delle edizioni regionali, calo di vendite, quattro cambi di direttori in poco più di un anno). Lo è ancor più se s’intende mettere mano “non a un giornale qualsiasi ma ad una grande famiglia” come è stato e vuol essere “ Il Tempo”, fondato a Roma nel 1948 a ridosso di Montecitorio da Renato Angiolillo e dove è stato direttore per 15 anni Gianni Letta. Per “ ridare forza e vigore e per vincere la sfida tra tradizione e futuro” è stato chiamato a dirigere il quotidiano di piazza Colonna un giornalista, Gian Marco Chiocci, che lì aveva imparato il mestiere da cronista e lì il padre, Francobaldo, è stato l’inviato di punta e uno dei “ principi” degli inviati del giornalismo italiano.

Nella profonda crisi che attraversa l’editoria e in particolare il mondo dei quotidiani la scelta di un giornalista sotto i 50 anni “ d’azione, d’assalto, di esclusiva” è una scommessa nel panorama di una comunicazione sempre più omogenea, dipendente dalle agenzie, dai social network, da Internet, da Twitter e Facebook. Chiocci, pur essendo figlio d’arte, appartiene alla nuova generazione di giornalisti sempre meno legata al palazzo e al potere alla ricerca di nuove prospettive e nuovi traguardi. “ Oggi, scrive Gianni Letta , 30 anni a palazzo Wedekind, nel saluto “ bentornato a casa, tutto è diverso. La tecnologia ha cambiato i modi, i ritmi, gli strumenti della professione ma non è cambiato l’amore per questo mestiere, il gusto della notizia, la passione per l’inchiesta, il tormento e l’affanno per la ricerca, l’ansia di verità”.

E Gian Marco Chiocci come si presenta agli elettori? Senza proclami ma con idee e paletti che vogliono rispondere ad un certo tipo di pubblico. “Un giornale aggressivo ma non urlato, scrive, politicamente autorevole quanto lontano dal Palazzo, aperto a tutte le voci seppure ispirato ai valori del centrodestra e del cattolicesimo non bacchettone, impegnato a navigare nella Rete e lungo le nuove rotte della comunicazione che la crisi della carta stampata obbliga a seguire”. Una sfida. La necessità di recuperare lettori di un tempo. Ma “ Il Tempo che fu non c’è più”. Non ci sono più le grandi firme di Alberto Giovannini, Alberto Consiglio, Enrico Mattei, Ignazio Contu, Enzo Erra, Fausto Gianfranceschi, Vanni Angeli, Peppe Crescimbeni, Giorgio Torchia, Gino Agnese, Franco Salomone, Mario Caccavale.

Negli ultimi anni, dopo la grande crisi che comportò anche la chiusura per molti giorni, il giornale lentamente è tornato ad avere un ruolo tra gli elettori moderati ( soprattutto dipendenti pubblici e pensionati) e quelli che hanno abbandonato le tante edizioni locali di Giuseppe Ciarrapico dopo il loro crollo. Per fare un giornale “investigativo vecchia stile, senza veline delle Procure” come scrive Chiocci ci vogliono anche mezzi sufficienti e investimenti sulle persone. Di giornalisti disoccupati bravi ce ne sono in giro. Saprà Gian Marco e il condirettore Sarina Biraghi convincere l’editore Domenico Bonifazi e lo sponsor Letta ad andare contro corrente rispetto ai licenziamenti operati da quasi tutti i gruppi editoriali?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:51