Atreju tra moralismi e ideologie altrui

Atreju nel suo giorno inaugurale, comincia con Zingaretti, governatore di centrosinistra del Lazio e Lindo Ferretti, già leader dei CCCP Fedeli alla Linea. La kermesse della gioventù fascista, postfascista, berlusconiana ed oggi identitaria in cerca di un’identità comincia con la sinistra istituzionale di governo e con la sinistra estrema già nostalgica della Russia brezneviana. L’eterno Peter Pan giovane e ribelle è cresciuto, Atreju è alla 15° edizione.

 Fu il meeting point della destra sociale giovanile di tradizione missina; fu la trasformazione del Fronte della Gioventù in Azione Giovani (era il ’96), fino alla nascita della berlusconiana Giovane Italia ed alla fuoriuscita degli ex giovani nei Fratelli d’Italia. Tanti nomi diversi, sempre stesse facce. Non succede, solo qui, s’intende; è una regola generale nazionale. Quelli che hanno sempre chiesto congressi e primarie a destra, sono gli stessi nominati dall’ex leader Fini nel 2002. L'ultimo congresso giovanile data al 2004 a Viterbo. Da allora Giorgia Meloni è stata fissata nell’ambra come la giovane per antonomasia, la capa dei giovanotti di sta’Roma bella, il Ministro della gioventù, insomma è stata condannata ad essere giovane per sempre.

In ogni manifesto, ogni foto è sempre più bionda, più bambina, più marilina, più ragazzina, ma i Fratelli d’Italia non sono mica i Giovani d’Italia, anzi, il bilancio è un passivo tremendo. Nella massa astensionistica che non sembra attendersi più nulla dalle bizantinerie della politica il grosso è giovane. Malgrado mai il Parlamento sia stato tanto pieno di giovanotti e giovanotte il 73% degli under 24 non vota. Ed a votare destra e dintorni sono più i disoccupati (20,5%) che gli studenti (11,8%); entrambi sommersi da un 70% di pensionati e casalinghe. Per le nuove generazioni la politica è un mero contenitore comunicativo esattamente come per le vecchie era cultura.

Chi non arriva a calcare la scena, abbandona il teatro. Atreju si guarda bene dal difendere il fatto che anche lo show è cultura e si abbandona ai moralismi impliciti che mai confonderebbero pubblicità con la giusta e nobile propaganda. Così per sentirsi all’altezza della situazione, ci si affida al pensiero degli altri, anche perché, toh!, anche Zingaretti e Ferretti sono divenuti patriottici, amano la la tradizione e la bandiera. Veneziani, in fondo l’unico destro doc cui si dia parola, è divenuto pacifista, come già lo sono sempre stati cattolici, liberali e socialisti. Al che si può tirare giù la serranda: l’unico che sembra di destra, con la voglia di menar le mani, diventa Tremonti, ascoltato attentamente in platea dalla curiosa presenza del governatore campano Caldoro, socialista Pdl.

D’altronde l’Atreju 2013 al Celio, la festa più romana che ci sia, attende con ansia l’ospite clou, l’antico nemico leghista, il veronese che non la manda a dire all’antirazzismo, a Balottelli e pure alla tifoseria romanista, Tosi. Tutte le speranze dei Parenti d’Italia, fattosi evanescente il tandem con il liberale Crosetto, stanno nello strano animale politico scaligero, Uno che è insieme liberale e fascista, populista e nordista, cattolico e capitalista. Ad Atreju dimenticano che è un veneto, un mitteleuropeo, un figlio del mondo di De Gasperi, Nereo Rocco, Bettiza, De Michelis, Magris e Manin; proprio come la progenie di Latina dei fasti dell’agro pontino. Un tipo simplicissimus ed insieme alle porte del cosmo che stanno su in Germania.

 Innarrivabile per il milieu romano a meno di non aderire al produttivismo, al nucleare, agli inceneritori, al privato profittevole, al militarismo alla Beretta, ad una Pa austriacante, al sindacato che dà la caccia ai nullafacenti. Come fa, dopo dieci anni di dibattiti negati e di rifugio nelle parentele identitarie, la destra romana, cioè italiana, avere una piattaforma da conservatori inglesi? Come fa, dopo aver interiorizzato l’ambientalismo ed il kilometro zero, l’anticolonialismo e l’integrazione, la difesa degli enti inutili, del no profit ed il giustizialismo dipietresco? Come fa, dopo aver bruciato l’antico nazibolscevismo, l’andreottismo di provincia, il giustizialismo delle monetine, il liberalismo nazionale, ammettere che il suo punto di partenza, l’antico dirigismo alla Cefis, è oggi la stella polare di Brics e Usa? Incustoditi, giacciono su un ampio tavolo i numeri di Area, rivista oggi dei Fratelli, ieri barricadera del socialismo nazionale destro.

 E’ stata una saggia operazione di Rampelli, il vero deus ex machina dei Fratelli, l’ex organizzativo di Storace, cui si devono i voti del movimento che chissà perché è definito di Crosetto, LaRussa e Meloni. I voti e l’organizzazione, nonché la sopravvivenza di Atreju li ha portati il capo della corrente dei gabbiani assieme al Corsaro milanese. Ha portato anche la rivista, strappandola al direttore de Il Secolo De Angelis, per poi affidarla, chissà perché, ad una fedele finiana, impegnata con un piede in Fli, un altro nei Fratelli ed il terzo nelle università Usa romane. Rampelli è un timido, malgrado l’aggressività e lo zaino in spalla e si sarà detto che è noto che a destra sono pochi a saper leggere e scrivere.

Ha interiorizzato da sinistra i miti gender rafforzati dal velinismo berlusconiano. La Meloni se l’è trovata in eredità dalle contese Fini-Berluska; non contento dei risultati alla Polverini, se l’è caricata in groppa, un po’ come i giganti dell’antica filosofia portano sulle spalle i Marramao ed i Vattimo. Nessun movimento è tanto femminile quanto la nouvele droite. Nel morente Secolo d’Italia si è passati dalla destrosinistra Perina al Cdr tutto femminile della Sabatini, moglie di Rampelli. Sull’Area capitanata dalla Fantauzzi, brillano pubblicità e nomi di prestigio: Polito, Sangiuliano, Rossi, Facci, Mancia, pure la Binetti. Poi, come nei call center che sollecitano il voto, è marea rosa: con le Del Ninno e Terranova ci sono le Albensi, Castellani, Chiarelli, D’Agostino, Di Salvi Fiorentini, Mattoni, Pagani, Pigliucci, Rosati, Ragazzi, Santoriello, Speranza, in un coacervo di tacchi e e serietà. Un tappettino all’ingresso inneggia al giovane identitario: “insomma sei un figo. Vale anche al femminile. Ovviamente”. Non è l’unica gaffe. Area sul web non c’è. A chi lo chiede, la risposta è un ruggito: Cercalo in edicola!.

Con i loro poveri mezzi i blog quotidiani pantadestri Qelsi, Bardadillo e Zona di frontiera sono dei giganti ed ovviamente vivono di rete in un mare loro ostile. E’ impossible però ignorarli. In attesa del leghista Tosi, Atreju è un successo, un pienone di gente che condanna le pensioni d’oro dando loro platea e parola. Non deve stupire di trovarci spalla a spalla i Vattani di Sotto Fascia Semplice, i CCCP, i Tremonti, i La Russa ed i Caldoro. Sono sempre più numerosi gli orfani di idee, leader e partiti un tempo grandi e gloriosi.

I postfascisti si ritrovano in compagnia di postDc, postradicali e postPsi, gente che quando gli muore il partito non sono capaci di sopravvivere sul furto delle idee altrui. L’acquazzone ripulente invocato da Rampelli, batte già sul selciato, svelle i sanpietrini della colonizzazione delle ideologie altrui. In attesa dei barbari, le Sorelle d’Italia si preparano alle prossime lezioni di maschilismo dei neogaviani leghisti di Tosi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:51