
La sentenza di condanna di Berlusconi ha provocato notevole scompiglio nel quadro politico, ha suscitato polemiche tra giuristi, provocate anche dall’improvvida intervista del presidente Esposito, e ha suggerito riflessioni etiche di notevole interesse sia sui comportamenti del ceto politico e della magistratura, che sul valore della legge. Massimo Cacciari e Piero Ostellino si sono intrattenuti sui profili etici della sentenza, esprimendo opinioni diametralmente opposte. Cacciari non consente discussioni di merito sui fatti, veri, presunti o pretesi, che hanno comportato la condanna e osserva tout court che “la legge è legge e anche se colpisce l’innocente, volerla evadere equivale a minare i fondamenti dell’ordine sui cui si regge la polis”.
Ostellino ritiene che la sentenza abbia generato una “nuova fattispecie giuridica di delinquente della quale finora la giurisprudenza non aveva notizia: l’ideatore di reato”, e sviluppa un ragionamento sui confini tra ideazione e commissione del fatto illecito rilevante ai fini dell’applicazione della legge penale. L’asserzione di Cacciari riflette la visione dello stato totalitario che si sovrappone alla persona e non accetta contraddizione valoriale. Il rilievo di Ostellino rivela la visione liberale della società di persone che si aggregano, ma non riconoscono la supremazia dello Stato come Moloch, come dio che nella mitologia medio-orientale richiedeva sacrifici umani. Cacciari ricorda la scelta di Socrate, condannato eccellente che non esita a bere la cicuta in nome della legge.
La citazione è ingenua, perché in realtà proprio la condanna di Socrate esalta la contraddizione sempre latente tra legge e giustizia, di cui i giuristi romani (e Socrate non di meno) erano perfettamente consapevoli (fin troppo noto il brocardo summum jus, summa iniuria), così come i giuristi medioevali inglesi, che anticiparono l’aspirazione del mugnaio di Potsdam per un “giudice a Berlino” con la costituzione della corte di equity.
Lo stesso ordinamento italiano prevede strumenti di revisione del processo penale e civile definito con sentenza di terzo grado e consente alle parti del processo civile di chiedere la decisione di equità. Socrate, antesignano del libero pensiero, accetta la condanna (d’altra parte, le sentenze si eseguono anche quando non si condividono e non si rispettano, se i rimedi processuali sono esauriti) per evidenziarne l’ingiustizia. La storia ha dato ragione a Socrate, che però è morto a causa della sentenza, e torto alla magistratura ateniese. Cacciari sostiene che la morte, anche dell’innocente, sia il tributo dovuto alla giustizia.
La riflessione di Ostellino sui confini indefiniti tra ideazione e commissione del fatto merita approfondimento sotto il profilo giuridico, non potendosi escludere che la partecipazione dell’uno alla progettazione possa avere determinato il comportamento dell’altro. Ma, in tal caso, la sanzione dovrebbe investire entrambi. E, infatti, Ostellino premette che l’esclusione dell’esecutore comporta l’esclusione dell’ideatore e affronta la materia sul piano etico, contestando che sia consentito al giudice di indagare la coscienza della persona che non commetta il fatto.
Di più, Ostellino, unico tra tutti i commentatori, “accusa” Berlusconi “referente di milioni di italiani che non voterebbero mai la sinistra” di non esercitare il ruolo di protagonista della politica con la forza richiesta al suo ruolo, volendo piuttosto indulgere in tattiche ineffettive, mentre è in discussione il principio fondante della democrazia costituito dalla certezza del diritto. Se la pretesa di indagare la coscienza della persona diviene strumento di amministrazione della giustizia, lo stato di diritto si trasforma in stato etico e la magistratura ne diviene custode e interprete unica, discrezionale, sottratta perfino alle critiche e alle riforme. La perfezione non si migliora.
La “Comunità de l’Opinione” ritiene, invece, che i principi e i valori sono eterni, ma le realizzazioni sono affidate alla capacità dell’uomo e alle variabili della storia. Miglioramenti e peggioramenti sono intrinseci alla natura delle cose. Il Parlamento si appresta a dibattere gli effetti della sentenza. Gli orientamenti sono noti, pronunciati prima del dibattito, schierati, costituiscono un insulto per l’intelligenza e per la democrazia. Il Paese osserva costernato. Cacciari e Ostellino hanno detto la loro. La parola passa ai partiti che nulla sanno di Socrate, del mugnaio di Potsdam e delle corti di equity.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:59