
Celebriamo oggi il salto, ennesimo, della quaglia. Un quaglione in questo caso. Antonio Di Pietro, annuncia che lui e l’Italia dei Valori aderiscono ai dodici referendum radicali, anche se alcuni non li condividono. Una posizione simile, per intenderci, a quella assunta da Silvio Berlusconi; anche la motivazione è più o meno la stessa: per consentire al popolo di esprimersi su questioni importanti che ci riguardano tutti. Ineccepibile. Di Pietro ha rilasciato un’intervista a “Radio Radicale” e ne ha scritto nel suo blog: «Per l'Italia dei Valori l'istituto referendario è importantissimo, perché permette ai cittadini di diventare protagonisti lasciando che siano loro a decidere su questioni importanti per il paese. Ben vengano quindi i referendum proposti dai radicali, il problema però è il loro contenuto». D’accordo: come si dice, solo gli imbecilli non cambiano idea, e anche Di Pietro, ha diritto di mutare opinione e smentirsi. Non è però autorizzato a credere e pensare chesulla nostra fronte ci sia scritto “Giocondo”.
Vediamolo, quello che per Di Pietro è il problema: «Sui referendum in materia di giustizia, sono d’accordo sul quesito che dice che i magistrati fuori ruolo non devono più tornare a fare i magistrati: o fai l’arbitro o fai il giocatore». Metafora ardita, ma passiamola. Di Pietro dice che ogni persona ha diritto di fare politica attiva se crede, e di candidarsi; anche i magistrati. Ma il magistrato che fa politica poi non può tornare a fare il magistrato. Non so, personalmente lascio la questione in sospeso: Cesare Terranova, grande amico di Leonardo Sciascia, è stato magistrato; poi senatore; poi è tornato in Sicilia a fare il magistrato, e la mafia lo ha ucciso il 25 settembre 1979. Ma al di là di questo, i radicali con uno dei loro referendum propongono che il magistrato faccia solo il magistrato e non possa, come ora, fare un altro mestiere indossando comunque la toga. E’ molto diverso. Da quello che dice Di Pietro.
Il “Tonino nazionale” si dichiara poi contrario alla separazione delle carriere, perché, dice, significherebbe mettere il Pubblico Ministero alle dipendenze dell’esecutivo, con il risultato che il controllato nominerebbe il controllore. L’idea di non lasciare la piena autonomia al pubblico ministero va contro il principio dell’obbligatorietà penale. E qui Di Pietro inanella una serie di corbellerie e di scempiaggini che mette i brividi, e in cui ci si perde: cosa c’entri l’obbligatorietà dell’azione penale con la separazione delle carriere, cioè chi fa il pubblico ministero fa solo il pubblico ministero, chi fa il giudice fa solo il giudice, solo lui lo sa, lo vede e lo capisce; e comunque se separare le carriere significa pregiudicare l’autonomia e l’indipendenza del magistrato, praticamente non c’è paese civile occidentale dove i magistrati siano liberi, perché non c’è praticamente paese civile occidentale dove le carriere non siano separate.
Dove poi si raggiunge il top della scempiaggine è quando si dice che fumare una sigaretta ti conduce al tumore, fumare uno spinello significa che inevitabilmente si finisce a farsi di eroina e cocaina, e dunque tuona: “liberalizzazione” della droga è una follia. Queste sono autentiche fesserie smentite da centinaia di studi di esperti e di ricercatori. Ad ogni modo, il problema che pone il referendum non è quello che dice Di Pietro, quando che per effetto dell’attuale normativa in vigore, per uno “spinello” si possa finire in carcere. In attesa di trovare tempo e pazienza per spiegargli che “liberalizzazione” e “legalizzazione” sono due cose diverse, e che la “liberalizzazione” c’è già, mentre la “regolamentazione” costituirebbe un freno alla situazione attuale, bisognerebbe provare a spiegare a Di Pietro che quel che si vuole evitare è che il consumatore di una “canna” finisca in cella. Al di là di tutto ciò: ricordate?
Erano i primi giorni di luglio, e Beppe Grillo, intervistato da “Radio Radicale” dichiara di essere assolutamente favorevole ai referendum proposti dai radicali: “le azioni dei radicali sono quasi tutte condivisibili”, disse, e Marco Pannella: «Bisogna rispettarlo per quello che è e per quello che è stato per la politica italiana, un guerriero». Subito interviene Di Pietro, che affannosamente cerca Grillo, lo chiama, gli parla, gli scrive una lettera aperta, lo scongiura di cambiare idea, perché i referendum radicali – testuali parole – «sono una manna dal cielo per il pregiudicato Berlusconi, un’ennesima umiliazione della Carta costituzionale, uno sfregio alla giustizia». E trionfante annuncia ovunque che lo ha convinto, Grillo fa marcia indietro. Ora Di Pietro li firma e li fa firmare, quei referendum. Cos’è cambiato nel giro di poche settimane? Per favore, lo spieghi anche a Beppe Grillo, che ha cambiato idea e perché; glielo dica, che quello che era uno sfregio alla giustizia e un’umiliazione per il paese ora è diventato qualcosa di importantissimo, perché permette ai cittadini di diventare protagonisti lasciando che siano loro a decidere su questioni importanti per il paese.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:53