
Il lavoratore in proprio è altamente responsabilizzato. Affronta i rischi del mercato, nonché il peso e il logorio dell’amministrazione. E’ insicuro, naturalmente “precario”. Non gode dello stipendio certo del dipendente pubblico, che è di regola illicenziabile, indipendentemente dalla produttività. Il capitalismo – “occidentale”, democratico e concorrenziale – è un sistema economico di profitti e perdite (P. A. Samuelson). Razionale e competitivo, produce più ricchezza d’ogni altro sistema.
Il risultato favorevole del profitto – comprensivo di salario imprenditoriale, interesse figurativo sul capitale investito e premio per il rischio generale d’impresa – colloca l’imprenditore sull’altare; la perdita lo fa cadere nella polvere. L’imprenditore privato insolvente - medio o grande - fallisce; a differenza dell’ente pubblico inefficiente, che di norma sopravvive senza economicità (con allocazione non ottimale delle scarse risorse). Molte critiche al capitalismo democratico e al normale profitto concorrenziale risultano irrazionali e/o ideologiche, fideistiche, preconcette, emotive. Occorrono più imprenditori e meno burocrati.
L’imprenditore si adegua elasticamente alle mutevoli esigenze del consumatore. L’imprenditore innovatore – motore e primo attore nel processo di sviluppo economico – è seguito da sciami di imitatori (J. A. Schumpeter). L’operatore privato è efficiente: deve soddisfare i desideri e le richieste della clientela. Diversamente la sua attività langue, fino alla chiusura. Il privato serve il cliente e l’utente, il burocrate pubblico li sbriga (W. Ropke). Lo Stato è la grande finzione, attraverso la quale molti cercano di vivere a carico altrui (F. Bastiat). Fenomeni di parassitismo non mancano nello statalismo assistenziale.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:06