Il decreto legge contro il femminicidio

In Anna Karenina Lev Tolstoj, all’inizio di questo grande classico della letteratura, ha scritto una frase celebre e di inarrivabile profondità: tutte le famiglie felici si somigliano, mentre quelle infelici si distinguono l’una dall’altra. E’ riaffiorata nella mia mente questa frase di un grande libro, che in sintesi descrive la difficoltà dei rapporti affettivi e sentimentali nella famiglia, mentre il governo giorno 8 agosto ha adottato ed approvato un decreto legge contro il femminicidio. Grazie a questo decreto legge, sono state introdotte nuove norme giuridiche per prevenire i maltrattamenti e le violenze contro le donne, per proteggerle dal rischio di essere aggredite e malmenate, e per punire, con rigore e in modo severo, chiunque si renda responsabile di questi comportamenti disonorevoli e intollerabili e ignobili, con cui viene lesa e offesa la dignità umana del gentile sesso.

Sia i giuristi più attenti sia i criminologi si sono interrogati intorno alla efficacia e alla capacità delle nuove norme di esercitare una funzione deterrente, tale da distogliere gli uomini, che hanno, per avere ricevuto una cattiva educazione sentimentale ed una formazione morale sbagliata, la tendenza a considerare la donna, con cui condividono la vita, un soggetto umano su cui rivendicare un malriposto e incomprensibile diritto esclusivo di possesso. Infatti il decreto, proprio per prevenire gli episodi di violenza e maltrattamenti, di cui spesso sono rimaste vittime le donne, come le cronache del nostro tempo molto spesso hanno raccontato, ha previsto l’inasprimento della pena, con il suo aumento di un terzo, per il maltrattamenti che si consumano nella vita familiare in presenza dei minori oppure nei riguardi di una donna incinta, e soprattutto quando, a rimanere vittima della brutalità maschile, sia la donna con cui si abbia un vincolo affettivo o coniugale.

Tra dubbi e perplessità, a fugare i quali vi è in parte la legislazione sperimentata negli altri Paesi Europei in materia di tutela delle donne, vi è la constatazione che spesso l’inasprimento della pena non sempre si è rivelato capace di ridurre i casi gravi di femminicidio e gli abusi a danno della donne dentro l’ambiente familiare, impenetrabile e sottratto allo sguardo degli estranei. Proprio per rendere più agevole il compito delle forze dell’ordine, il decreto prevede che gli investigatori potranno acquisire la testimonianza della donna, che abbia subito violenza e abbia fondati timori di rimanerne vittima, in modalità protetta. Questa misura è rivolta ad impedire che la donna, soprattutto quando non sia economicamente indipendente, non sia esposta alle minacce ed alle intimidazioni del suo compagno, che potrebbero sottoporla a pressioni psicologiche ed indurla a vivere il suo dramma in solitudine e silenzio, ed a rinunciare a denunciare le violenza subite.

Proprio per rafforzare e rendere più efficace l’azione delle forze dell’ordine a tutela della incolumità delle donne, lo stesso decreto stabilisce, e questa è, come ha dichiarato il ministro Cancellieri, la misura più importante ed efficace, la irrevocabilità della querela presentata dalla donna, la cui integrità fisica e psicologica sia stata lesa e violata. Inoltre, il decreto, per garantire le donne sprovviste dei mezzi economici per far valere i loro inalienabili diritti di fronte alla legge, contempla e assicura l’assistenza legale gratuita. Su questo punto si è sviluppata una interessante discussione tra gli operatori del diritto e gli studiosi. Infatti la irrevocabilità della querela potrebbe, una volta introdotta nell’ordinamento penale, indurre la donna, che sia stata già vittima di maltrattamenti in diverse circostanze e situazioni, a non presentarla, per il timore di incrinare in modo definitivo il rapporto sentimentale con il proprio compagno di vita.

Molto spesso in passato è accaduto che le donne vittime della violenza, per salvaguardare la unità della propria famiglia, soprattutto in presenza di figli piccioli da crescere, abbiano avuto un ripensamento e ritirato la querela. Sono state proprio queste le situazioni, che più di altre, come emerge dai racconti della cronaca, hanno esposto le donne alla brutalità ottusa dei loro uomini, privi di educazione sentimentale e morale, abituati a considerare la propria compagna come un bene su cui esercitare un diritto di possesso assoluto ed esclusivo. Infine per i maltrattamenti e le violenza compiute da chi viene colto in flagranza di reato è previsto l’arresto obbligatorio e, nei casi meno gravi, l’allontanamento del coniuge dalla famiglia e dalla abitazione della compagna oppure della moglie.

Queste misure, che potranno essere migliorate quando vi sarà in parlamento la conversione in legge del decreto, adottato dal governo, nelle loro linee generali riflettono e rispecchiano la legislazione che, come ha raccontato Simonetta Agnello Hombry nel suo libro Il Male Che Si Deve Raccontare, in Inghilterra dal 2003 al 2010 ha consentito la drastica riduzione dei casi di femminicidio e dei maltrattamenti e delle violenze domestiche a danno della donne. Ovviamente non basta l’azione penale basata sulle misure repressive. Infatti è necessario che siano coinvolti i centri anti violenza, gli ospedali e i commissariati di Polizia, che dovranno essere affiancati dagli psicologi e dagli avvocati, perché nel nostro Paese, cosi come avviene in Inghilterra, le donne, esposte alla brutalità della violenza maschile, dovuta al machismo ed a concezione obsolete ed inaccettabili, possano difendere la loro integrità fisica e psichica, godendo della necessaria assistenza legale.

Se, da un lato, è giusto pretendere che sia la legge a definire i confini del mondo civile, per tenerlo separato da ciò che appare in contrasto con i fondamenti etici su cui si basa la convivenza di una grande democrazia liberale, dall’altro lato, è fondamentale capire quanto sia importante educare i bambini, destinati a essere gli adulti di domani, ad avere rispetto verso la dignità e libertà delle donne. Infatti, come hanno dimostrato i maggiori studiosi di psicologia, chiunque sia stato abituato fin da bambino a considerare lo sguardo degli altri, da cui può venire la riprovazione per comportamenti indegni e contrari al senso di umanità, difficilmente assumerà atteggiamenti violenti verso le donne e verso il prossimo. L’importanza della educazione sentimentale degli uomini adulti, perché sappiano capire il valore inalienabile della libertà delle donne, è fondamentale nel nostro Paese, nel quale fino al 1981, trenta anni fa, era ancora considerato lecito ed ammissibile il delitto d’onore.

Come ha ricordato in un suo bellissimo articolo Gian Antonio Stella sul Corriere delle Sera, nel 1983, proprio perché da poco era stato abolito il delitto d’onore, un signore, riconosciuto responsabile della uccisione di sua moglie, venne condannato a scontare una pena di quattro anni, davvero troppo breve e banda, ed addirittura la cassazione stabilì che la pena non doveva comparire sul certificato penale del reo, poiché aveva ucciso una donna. Da allora, in trenta anni, non solo è mutato il costume e la parità dei diritti tra uomini e donne è un dato oramai acquisito sia in ambito giuridico che in quello civile, ma, soprattutto, si è affermata una nuova sensibilità che impone di rispettare la sacralità ed intangibilità della libertà e dignità femminile. Si spera che questo provvedimento, visto che il fenomeno della violenza contro le donne è diffuso in tutti i ceti sociali nel nostro Paese, possa offrire a chi fra di esse si trovi in una situazione di pericolo e rischio i mezzi per difendersi.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:14