
Bacchettare Renzi è tanto semplice da invitare a desistere, se non fosse che potremmo ritrovarcelo Premier a causa dell’atavico analfabetismo del popolo della sinistra più sinistra e della sconcertante pochezza della dirigenza del centro-destra, salvo alcuni che ovviamente parlano poco. Può esistere un politico tanto demente da non dichiarare di volere il bene dell’Italia, di agire per risolvere i problemi dei lavoratori, per debellare la corruzione, per sconfiggere l’evasione fiscale, per favorire la crescita del Paese, per potenziare la pace e la concordia tra i popoli? Certo che no. Ma il Sindaco di Firenze, mentre incita parte dei militanti del PD, lancia proprio questi appelli significativi. Renzi esalta il popolo rosso toscano dichiarando di voler bene al Premier Letta, ma di più agli italiani (speriamo abbia detto una onesta bugia).
Non è la prima volta che il Sindaco di Firenze tenta di conquistare le vette dello stupidario nazionale, dove vince quella filosofia dell’ovvio tanto cara alla nostra sinistra di piazza e di Governo. La piazza come insegnano Le Bon e Freud è ontologicamente stupida, proprio perché partecipa emotivamente alle idiozie, alle semplificazioni dell’oratore, il Sindaco dovrebbe saperlo. Quello che sicuramente non sa è che la legge non è uguale per tutti, come tutti quelli che frequentano i Tribunali sanno o quelli che sono stati inseguiti da una sentenza. L’errore di fondo di questi analisti estemporanei del problema macroeconomico della Giustizia italiana parte sempre dalla norma declinata nella sua fattispecie generale ed astratta, volta per quanto possibile a regolamentare la realtà complessa e mutevole nel suo manifestarsi nel tempo, nello spazio e nelle singole vicende personali. L’altro errore di fondo di questi adolescenti della conoscenza macroeconomica e di conseguenza scientifica riguarda il tipo di ragionamento dimostrativo, il sillogismo.
La forma di sillogismo più comune è il sillogismo categorico. Le proposizioni che compongono un sillogismo categorico possono essere: (premessa maggiore) tutti i magistrati applicano la norma in buona fede; (premessa minore) il magistrato nel pronunciare sulla causa deve seguire le norme del diritto; (conclusione) quindi la decisione non può essere commentata. Da oltre 30 anni i sacerdoti della giurisdizione replicano lo stesso refrain, una coazione a ripetere nel segno dell’infallibilità, dell’indipendenza, della totale abnegazione al proprio dovere, nel rispetto della consegna del silenzio sulle vicende passate e recenti del mondo della Magistratura. Una lunga catena di errori, sentenze sorprendenti, giudizi imbarazzanti investono anche l’ambito dei processi civili spesso dimenticati di fronte all’allarme più penetrante di quelli penali. Il Magistrato applica la legge, ma può anche non applicarla o applicarla erroneamente.
Una stessa questione può concludersi con sentenze differenti a volte contrastanti nell’ambito dello stesso Tribunale, nella stessa sezione. È ovvio che la norma generale e astratta valga per tutti, ma la sua applicazione al caso concreto, la sua interpretazione, la valutazione delle prove che è possibile fornire determinano, quando non c’è malafede, che la norma generale ed astratta non sia uguale per tutti. Per opporsi ad un semplice verbale accertamento violazione al C.d.S. (c.d. multa o contravvenzione), una volta notificata la cartella di pagamento dell’Equitalia, occorre proporre 3 giudizi, se si tratta di sole sanzioni per violazione al C.d.S, mentre ne servono 5 se la cartella contiene anche contributi INPS e tributi; per far accertare dal Giudice che un bambino è intollerante al glutine, dopo 2 anni di cause il Giudice decide che la madre non è legittimata attiva (non può rappresentare suo figlio in giudizio), sono insignificanti esempi dell’abisso della Giustizia italiana, che precipita l’Italia agli ultimi posti nel mondo ed impedisce qualsiasi forma di investimento economico, oltre ogni ragionevole dubbio indipendentemente dai cantori della crescita e dello sviluppo.
Caro Renzi, se si aspira a fare il Premier di un grande Paese bisogna passare il tempo a studiare e non limitarsi ad incitare i fedeli militanti che non capiscono nulla e non sanno nulla. Lasci questo compitino al suo omologo Civati, che anche se studiasse non avrebbe alcuna speranza di superare l’esame. L’Italia non potrà migliorare finché non saranno silenziate tutte le voci di quelli che si scandalizzano, che si vergognano di essere italiani, che si preoccupano del bene comune, che pensano ai precari, ai carcerati, agli immigrati, a bastonare gli imprenditori, a criticare gli evasori, vale a dire a tutto quel popolo rivoluzionario alla nutella che copre tutta l’area politica a sinistra del PD ed in parte dentro il PD. L’unico che l’aveva capito è stato Veltroni, impallinato proprio da costoro. Suggeriamo alla fotocopia sbiadita di Renzi, al buon Civati, che il PD va bene così, perché è definitivamente morto il centralismo democratico e se il PD nella somma delle sue componenti non ha eletto Prodi e non ha eletto Rodotà alla carica di Presidente della Repubblica è stata cosa buona e giusta.
Forse una tra le poche scelte intelligenti degli ultimi 20 anni. Fortunatamente abbiamo il Presidente Napolitano e il Presidente Letta. Civati non ti ostinare, non l’ha prescritto il medico che devi fare politica, ci sono tanti altri mestieri molto utili per il bene della società. Civati, i numeri in politica contano ed i numeri in politica li creano i giornalisti e gli accessi ai programmi TV, dove purtroppo a parlare al popolo sovrano vanno i meglio del peggio e non è detto che raccolgano il consenso. Renzi e Civati, non diteci qualcosa di sinistra e neppure di destra, studiate l’economia come fece Marx 165 anni fa, che ha spazzato via tutto il socialismo idealistico dell’800, che comunque è migliore delle Vostre chiacchiere da cortile a cielo aperto.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:49