Il male oscuro del femminicidio

L'avanzare di quella marea immateriale conosciuta come odio occupa il territorio dei presunti affetti e sentimenti per raggiungere la vittima designata, la donna. Opporsi è impossibile. È come fermare il vento; penetra ovunque e vani sono i tentativi di porre ostacoli, barriere, difese. L'odio si nutre dall'interno, con una forza che si moltiplica incessantemente; avvelena ogni frazione del tempo che trascorre, anche durante la notte quanto turba le ore del sonno. È difficile resistere per il destinatario delle manifestazioni dell’odio, perché gli impegni quotidiani vengono sovraccaricati dagli attacchi di panico, il sordo sentire di una paura indistinta. L'odio proviene da colui che ha solennemente dichiarato di amare, di amare per sempre per tutta la vita. Il padre del frutto del tuo ventre tradisce il mandato ricevuto dalla natura per compiere il delitto più efferato, più vigliacco, che offende le leggi del creato.

Un paese di ciechi, nessuno vede, nessuno ascolta, nessuno capisce; una lunga serie di frasi vuote senza senso, un penoso omaggio all'ovvio. Uccisa con 24 coltellate dal marito separato la madre di due bambine. Una persona perbene, educata, taciturna, nessuno se lo sarebbe aspettato. 25 luglio, uccide la moglie ed un amico di lei, poi si spara in bocca. Richieste di prevenzione, esposti, denunce, avvisi alle Autorità, tutto cade nel nulla. I morti parlano, lanciano un grido senza voce a quelli che rimangono, che ignorano le ragioni del gesto, restano impietriti ed increduli davanti alla tragedia della morte. Mestamente gli assassini confessano, quasi aspettassero il momento di liberarsi da un peso impossibile da tenere; sono senza lacrime di fronte al sangue, come paralizzati dalla gravità del gesto. Si ode lontano riecheggiare le parole del Signore "perdona loro perché non sanno quello che fanno" . Ma non vogliono essere perdonati, accettano muti la pena che la Giustizia degli uomini darà loro. L'azione non è di esempio. Il rituale ferocemente si ripete consegnando numeri sempre più allarmanti. Perché? Quali le cause di questo efferato fenomeno conosciuto come femminicidio? Tra le tante ne privilegiamo una che riguarda direttamente l'autore del delitto, rinunciando a quelle sociologiche, storiche, culturali.

La gelosia arma la mano dell'assassino. La gelosia genera il deserto emozionale, sostituisce alla varietà dei sentimenti la solitudine dell'odio. Esiste un perimetro ideale di divieto di accesso presidiato dalla forza della gelosia all'interno del quale nulla è consentito se non viene autorizzato dal monarca, un'area di dominio psicologico mimetizzato dall’amore, dal rispetto per la donna appartenente alla proprietà del suo uomo, un finto agire per il bene dell’altro. Guardare con interesse la sorella dell' amico viola il vincolo di amicizia, vulnera la fiducia accordata. Non quelli della vecchia generazione, ma i giovani di 18 anni, cresciuti nell'era del web, reiterano l'infrangibile rituale degli effetti della gelosia con maggiore crudeltà dei tempi passati. In una intervista rilasciata nel gennaio 2011 la professoressa Marisa Malagoli Togliatti ha lanciato un flash molto suggestivo sul fenomeno denominato femminicidio: «I morti sul lavoro sono inferiori alle donne uccise dai mariti, dai compagni, dai fidanzati. Il piacere dell'odio distrugge la possibilità di comunicazione, crea una emozione dominante, minacciata dalla fantasia della propria distruzione.

Perdere l'oggetto dell'amore, in origine la madre buona, crea una condizione insopportabile di sofferenza che spinge ad agire fuori della ragione, a commettere azioni tragicamente irreparabili». Non si tratta di amore verso la donna; il delirio della gelosia è l'indicatore privilegiato della regressione infantile, della incapacità di relazionarsi con gli altri, della perdita del possesso, della convinzione primitiva di avere l’esclusiva della proprietà, del dominio assoluto dell'altro. Denegare il carattere pervasivo costante e soverchiante della gelosia vuol dire smentire la teoria delle tensioni inconsce, delle resistenze, della falsificazione della realtà e dare credito ai desideri, alle aspettative, alle dichiarazioni soggettive secondo le esigenze patologiche di autoconservazione. Dissimulare l'odio nei confronti dell’oggetto frustrante, dell'oggetto perduto, spesso deliberatamente perduto, significa non capire le cause che portano alla tragedia della morte. Il geloso è caratterizzato da una personalità con una struttura predominante narcisistica (A. Lowen), a tratti infantile, rigidamente conflittuale, chiusa al dialogo, alla tolleranza, una costante tendenza a mentire, principalmente a se stessi. Westermarch, filosofo, sociologo, e antropologo finnico (1891), prima di Freud e Reich, sosteneva che la repressione sessuale è intrinseca alla nascita stessa della civiltà, in quanto quest'ultima sarebbe fondata sull'istituto della famiglia monogamica, che a sua volta era imperniato sull'obbligo della fedeltà coniugale della donna e quindi sulla repressione della attività sessuale extra matrimoniale o prematrimoniale, dato il valore attribuito dal maschio, nelle società monogamiche, alla verginità femminile.

Peraltro, la verginità non è considerata in sé sul piano fisico, ma quale garanzia di fedeltà futura, di indeclinabile possesso del corpo della donna, proprietà esclusiva, vigilata e controllata dalla connessa manifestazione di gelosia da evidenziare in tutti i modi per tutelare i confini della res privata. L'unica attività sessuale lecita quella matrimoniale a scopo procreativo. "Imo actum matrimoni semper est peccatum" (S. Tommaso d’Aquino): un indice eloquente dell’enorme potenza delle forze psichiche e sociali all’opera. Gli aspetti pure importanti del potere diseguale delle donne, del difficile processo di emancipazione, dei diritti negati, delle sofferte conquiste, delle puntuali ricerche sociologiche, storiche, antropologiche non possono oscurare il risalto dovuto alla sofferenza psicologica della singola donna, della sua condizione emotiva il giorno dopo il subito stupro, la serenità violata dalla costante presenza del suo uomo, pur premuroso, che alimenta un sordo ingiustificato senso di colpa, una costante soggezione al giudizio non pronunciato, alla condizione di paura inconscia, ignorata e rimossa, scritta nel barometro spirituale delle donne. Nell’osservatorio del pensiero penetra con nettezza il grande capitolo della sofferenza psicologica della singola donna, della sua storia personale, delle sue paure vere o immaginarie (ma comunque condizionanti), per porre un argine alla sottile ipocrisia dell’homo novus, militante dei diritti delle donne.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:50