Un'altra vittima dell'Inquisizione

«È l’ultima cosa che io pensavo, l’idea di poter essere condannato a dieci anni di carcere, la stessa condanna che subì Tortora nel primo processo…», sospira Ottaviano Del Turco. Tortora… evocato spesso a vanvera, questa volta le due vicende presentano analogie che fanno pensare. In entrambi i casi, per esempio, sono pesantemente condannati in primo grado; giudizio che in Appello per Tortora viene completamente ribaltato; ed è quello che ovviamente si augura Del Turco. Ad accusare Tortora pentiti, poi rivelatisi inattendibili; ad accusare Del Turco l’ex re della Sanità abruzzese Vincenzo M. Angelini, anche lui in qualche modo pentito e imputato in un altro processo, per bancarotta.

Nel caso di Tortora nessun accertamento bancario o di altra natura; al contrario di Del Turco, che però non hanno prodotto esito: i milioni di euro della presunta corruzione non si sono trovati, un centinaio le rogatorie internazionali, conclusesi con un nulla di fatto. Tortora si vede serrare le manette ai polsi all’alba, la stessa cosa accade a Del Turco. E analogie infine dal punto di vista umano: Tortora da quella vicenda ne esce devastato: mi hanno fatto scoppiare, dice, una bomba dentro; e muore stroncato da tumore. Anche Del Turco è gravemente ammalato, ma – dice – vuole resistere fino a quando non gli sarà restituito l’onore infangato.

Va bene: bisogna attendere, come si dice ogni volta, che siano rese note le motivazioni della sentenza. Si attenderà, con una punta di curiosità, per vedere come si giustificherà un qualcosa che non si capisce come possa essere giustificato. Chi, grazie al servizio pubblico offerto e garantito da “Radio Radicale”, ha potuto seguire tutte le varie fasi del dibattimento, non può che essere afferrato da un senso di sgomento, di smarrimento, di incredulità. Lo steso senso di sgomento e di smarrimento che abbiamo manifestato all’avvocato difensore Giandomenico Caiazza. E di cosa ti stupisci?, mi ha domandato, e la potevi immaginare la sua espressione di malinconico divertimento nel replicare: «Questo è il paese. Non poteva che finire come è finita, in primo grado, l’avevo pur anticipato: Del Turco non poteva che esserecondannato…».

Già: messa da parte la nostra ingenuità, a ragionarci freddamente, Del Turco non poteva che essere condannato. Si poteva smentire, e contraddire in modo clamoroso, l’operato di una procura che prima smantella a suon di blitz la giunta abruzzese di centro-destra, poi quella di centro-sinistra? Certo che no. Al massimo, nelle pieghe della motivazione, si potranno trovare appigli che consentano in appello di ribaltare la sentenza. Per questo varrà la pena di attenderle e di studiarle con attenzione. Per il resto…

Per il resto, Del Turco dice cose che colpiscono: «Un processo alla fine del quale sono stato condannato senza lo straccio di una prova, esclusivamente sulla base delle accuse di questo Angelini, il ras delle cliniche abruzzesi. La mia parola contro quella di un bancarottiere».  

Ancora, alla domanda se crede ancora nella giustizia: «Certo che ci credo. Ma questo non mi impedisce di cogliere la logica inquisitoria che la devasta. Ci sono magistrati che sono stati PM per tutta la vita e che alle soglie della pensione si ritrovano presidenti di una corte: come possono cambiare? Ecco, questo è il problema della giustizia italiana, mica Berlusconi».

Le amicizie, le solidarietà: «Mi viene in mente che non parlo più con Veltroni dal giorno in cui mi scrisse una lettera in cui si augurava che sarei riuscito a dimostrare la mia innocenza. Come ai tempi dell’Inquisizione, quando non toccava all’accusa dimostrare le responsabilità... Hanno cercato disperatamente le prove per quattro anni e non hanno mai trovato un euro, né la traccia di un euro. D’altronde viaggio in Panda e trascorro i miei Natali a Collelongo».

Torniamo al processo. Tra le “prove”, una fotografia nella quale si vedrebbe Del Turco che prende una busta sull’uscio di casa: «Sa cosa c’era dentro quella busta? Castagne, noci, mele. È la foto di un anno prima rispetto alla presunta tangente. Le nostre perizie hanno smontato tutto… Che si tratti di un errore giudiziario non lo debbo dire io. Quanto all’errore politico, di sicuro quando si tratta di giudicare vecchi quadri socialisti come me, va tutto sin troppo veloce…».

Del Turco ripete come un mantra: «Quando mi hanno comunicato la notizia della condanna mi sono sentito un po’ come Tortora: malato, innocente e condannato come lui a dieci anni…». Per quel che vale, siamo d’accordo.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:40