Politica, partiti e democrazia italiana

Con crescente e giustificato distacco la pubblica opinione segue le vicende della politica italiana. Il governo delle larghe intese, l’unico possibile in questa legislatura a causa dell’esito del voto, come ha autorevolmente notato il Presidente della Repubblica Napolitano, vive una condizione di precarietà, assai preoccupante, sia per l’esito che avrà in cassazione il processo Mediaset sia per le lotte interne da cui è attraversato il partito Democratico. In una sua pregevole e profonda analisi, densa di pensieri ed idee che aiutano a diradare la confusione e ad indicare una nuova prospettiva, il sociologo e pensatore cattolico Giuseppe De Rita con  un editoriale apparso sul Corriere Della Sera di sabato 20 luglio, ha descritto la situazione politica del nostro Paese con ammirevole e inarrivabile lucidità.

In questo momento storico, segnato dalla recessione economica e dalla crisi di credibilità che ha colpito il sistema democratico italiano, per De Rita si è affermata una tendenza prevalente, che affida alle riforme istituzionali l’azione per il rinnovamento e la rigenerazione della nostra vita democratica. Ci si attende dalla commissione dei saggi la indicazione scientifica per ridefinire il rapporto istituzionale tra il potere centrale e le autonomie locali, stabilendo quale assetto dovrà assumere lo stato centrale perché divenga realmente federale. Inoltre, vista la volontà di abolirle, occorrerà ripensare il ruolo delle vecchie provincie dentro la struttura e l’articolazione istituzionale delle autonomie locali.

Tuttavia, ha osservato giustamente Giuseppe De Rita, mentre si insiste sulla riforma delle istituzioni, manca ed è assente una riflessione sulla dimensione partitica e sulle forme di mobilitazione della pubblica opinione ad essa complementare, come il movimentismo e la partecipazione dei cittadini alla vita democratica. Ora non vi è dubbio che il sistema politico italiano, in seguito all’esito del voto ed alla crisi di credibilità delle forze politiche tradizionali, ha assunto una nuova configurazione, che di fatto ha superato il bipolarismo, conosciuto e sperimentato con i suoi innegabili limiti nel recente passato. Dal voto è scaturito il  successo e l’affermazione del movimento di Grillo, che tuttavia, per i suo limiti culturali  legati e dovuti  alla ispirazione antipolitica ed alla veemente protesta, non riesce a divenire un vero partito e rischia la disarticolazione e disgregazione, per le sue interne ed insuperabili contraddizioni.

La lista civica, nata dopo l’esperienza del governo dei tecnici guidato dal Professore Monti,  non ha avuto la capacità di  dare vita ad un vero ed autentico partito moderno e liberale.  Il partito del Presidente Berlusconi, anche se vi è la volontà di ritornare allo spirito del 1994 con la creazione di una nuova forza Italia, appare un partito le cui sorti sono legate al destino del suo leader carismatico, e giustamente ci si chiede se il partito del cavaliere sia destinato a sopravvivere al suo leader. Il Pd, che avrebbe dovuto essere il luogo ideale in cui tutti i riformismi, inscritti nella lunga e tormentata vicenda storica  italiana, sarebbero dovuti confluire in un nuova alleanza ideale  per dare vita ad una sinistra di governo, appare lacerato e diviso da lotte tra diverse personalità che se ne contendono, sovente  con argomenti spesso inconsistenti, la leadership.

Non vi è dubbio, come ha osservato nel suo editoriale il professore De Rita, che senza il ruolo fecondo e di stimolo delle Elite intellettuali, le quali hanno il compito di alimentare il dibattito pubblico, la dialettica democratica in un Paese tra le diverse forze politiche si spegne e diventa evanescente. In particolare, in questo momento, visto che vi è l’esigenza di ricreare su base diverse un rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, a partire da una modalità più rigorosa e trasparente in materia di finanziamento della politica e dei partiti, è fondamentale riflettere sulla forma organizzativa dei partiti. I partiti, e dopo l’esperienza della seconda repubblica questa appare una constatazione di buon senso, sono strumenti indispensabile per la vita democratica di un Paese. Infatti hanno il compito di selezionare il ceto dirigente e di interpretare i processi politici che si manifestano e prendono forma  nella società.  

La domanda che sorge, a questo proposito, riguarda quale tipo di organizzazione e forma essi debbano avere, quella federale, oppure quella assembleare e burocratica oppure quella, sull’esempio della storia americana, di semplici comitati elettorali. Infatti spetta ai partiti proporre una idea di società, come accadeva nella prima repubblica dominata da partiti dotati di una netta e riconoscibile identità, che possa costituire la base ideale che dia un senso di appartenenza ai cittadini rispetto alle diverse forze politiche, che nel confronto democratico si contendono il governo del paese. Inoltre è compito precipuo dei partiti, intesi come comunità di valori ed interessi condivisi, proporre sul piano culturale interpretazioni ed orientamenti per governare la complessità del nostro tempo e cogliere  il senso dei fenomeni economici dovuti alle contraddizioni  della globalizzazione, che ha mutato i rapporti economici nel mondo contemporaneo. Il dibattito sulle politiche di austerità ed il rapporto con l’Europa da questo punto di vista è fondamentale. Così come è essenziale che i diversi partiti siano messi in condizione, dopo che si sarà esaurita l’esperienza del governo delle larghe intese, nato in seguito alla necessità di fronteggiare l’emergenza, di proporre programmi che siano basati su pochi punti, in grado di indicare una visione del bene comune ed un nuovo orizzonte, per favorire la modernizzazione del nostro Paese. Fondamentale appare, in base a questa analisi di De Rita,  stabilire delle regole chiare   che diano ai partiti una nuova organizzazione interna realmente democratica, evitando le incertezze del passato ed il rischio che il rito delle primarie, con enfasi esaltato come forma di partecipazione popolare,  sia reso inutile dal peso eccessivo esercitato dagli apparati e dalle nomenclature.  

Questa riflessione di De Rita è degna della massima attenzione e merita di essere discussa, poiché in questo momento su questi temi essenziali  nella vita pubblica, stranamente ed incomprensibilmente, vi è un silenzio che suona come la dimostrazione della crisi grave in cui sono caduti i vecchi partiti. Questo è un tempo in cui bisogna avere il coraggio di frequentare il futuro e proporre nuove idee, sia per superare la crisi economica sia per restituire credibilità alla politica democratica, senza la quale un Paese rischia di  smarrirsi in un mondo complesso e pieno di insidie e difficoltà.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:51