
Non vi è dubbio che in alcune vicende la realtà può anche superare la immaginazione degli scrittori e degli autori di Spy Story. Il caso Shalabayeva e quello di sua figlia Alua, espulse dal territorio italiano, oltre a provocare una disputa politica in Italia, potrebbe esporre in modo negativo l’immagine del nostro Paese al livello internazionale sul tema delicato del diritto di asilo, visto che la comunità europea ha chiesto se siano state rispettate, in questa delicata e oscura vicenda, le norme vigenti in sede comunitaria su questa delicata ed essenziale materia. Inoltre oggi verrà discussa in Parlamento la mozione di sfiducia presentata dalle opposizione, Movimento 5 Stelle e Sel, con la quale si è voluta mettere sotto accusa la figura del ministro degli interni Angelino Alfano per come questa vicenda è stata gestita dai vertici dell’apparato di sicurezza del nostro Paese.
Nei giorni scorsi il ministro Alfano, per dimostrare che non era a conoscenza della vicenda, ha letto la relazione del capo della Polizia Pansa, dalla quale emerge in modo palese che vi sono stati una catena infinita di errori ed omissioni che hanno provocato questo caso, che è insieme burocratico e diplomatico e che presenta molti lati oscuri e torbidi. Intervenendo nella trasmissione televisiva di Maurizio Porro intitolata "Virus", Paolo Mieli ha giustamente osservato che questa vicenda si configura come un giallo, su cui la verità è destinata ad essere acquisita soltanto in un lontano futuro. In ogni caso, malgrado il conflitto che questo caso ha scatenato nel Pd, difficilmente potrà causare una crisi di governo. Il filosofo Massimo Cacciari, traendo lo spunto da questo caso diplomatico, ha invece notato come la vicenda della espulsione della signora Shalabayeva e di sua figlia Alua riveli la supremazia della burocrazia e degli apparati dello stato sulla politica democratica. Infatti, per come i fatti si sono svolti, per Cacciari vi è stata una violazione della sovranità nazionale, fatto che dimostra la debolezza del nostro stato democratico. In ogni caso, proprio per capire meglio quanto è avvenuto, bisogna ricostruire la vicenda.
Come ha raccontato Giuseppe Procacini, il capo gabinetto del mistero degli Interni, un galantuomo che ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico per le accuse che gli sono state mosse, in una intervista rilasciata al "Corriere della sera", al Viminale è avvenuto nel mese di maggio un colloquio tra lo stesso Procaccini e l’ambasciatore del Kazakistan in Italia Adrian Yelemessov. Come ha ammesso con grande onestà intellettuale Procacini, durante l’incontro l’ambasciatore ha informato il capo del gabinetto del ministero degli interni che in una villa, situata a Casal Palocco, si trovava nascosto un pericoloso latitante di nazionalità kazaka, Muktan Ablyazov, espulso dal suo paese e ricercato in Russia ed in Ucraina con le gravi imputazioni di truffa e associazione criminale. Su questa figura occorre che venga fatta chiarezza, visto che appare controversa e circonfusa da una ambivalenza assai inquietante. Infatti Muktan Abkyazov è un oligarca che ha accumulato con le sue dubbie e torbide attività enormi ricchezze. Inoltre, mentre è considerato responsabile di alcuni reati nel suo Paese di origine, come in Russia ed in Ucraina, poiché è entrato in conflitto con il regime del Kazakistan di Nazarbaev, negli ambienti internazionali la sua figura è stata presentata come quella di un dissidente perseguitato per ragioni politiche. Le forze del’ordine, senza avvertire i vertici del ministero degli interni ed il dipartimento di pubblica sicurezza, guidato da Valeri, hanno reso possibile l’irruzione nella villa, situata nel quartiere residenziale di Casal Palocco.
Nella villa di Casal Palocco, le forze di polizia non hanno trovato Muktav Ablyazov, ma sua moglie Shalabayeva e la piccolo Aluna. Avendo constatato che la signora era in possesso di un passaporto contraffatto, le autorità di pubblica sicurezza, visto che la signora era palesemente una clandestina, si sono rivolte al dipartimento della immigrazione, che, con l’approvazione dei magistrati, ha disposto la immediata espulsione della signora Shalabayeva e di sua figli Aluna. In base alla relazione scritta dai responsabili di questa operazione, la signora non avrebbe invocato il diritto di asilo, mentre si sarebbe limitata a spiegare che il marito era noto per i contrasti politici che ha avuto in passato con il regime del Kazakistan e con il suo presidente Nazarbaev. Per una serie incredibile e stupefacente di errori ed omissioni, non solo il ministro è stato tenuto all’oscuro della vicenda, trattata come un semplice caso di espulsione di una immigrata clandestina e di sua figlia, ma si è consentito che la stessa signora e la piccola Alua fossero affidate ad alcuni esponenti della ambasciata del Kazakistan sul suolo italiano. In seguito il rimpatrio della signora Shalabayeva e di sua figlia, in esecuzione del provvedimenti di espulsione, è avvenuto, fatto grave ed irrituale, su di un aereo privato di nazionalità austriaca.
Analizzando i fatti, che in tal modo si sono verificati, emerge in effetti che la vicenda è stata gestita male e molti errori sono stati commessi. Stupisce che un caso del genere, che espone a critiche il nostro paese in campo internazionale sul teme delicato del diritto d’asilo, sia avvenuto senza che il dipartimento di pubblica sicurezza e il ministro ne fossero a conoscenza. Proprio per evitare in futuro di fare brutte figure e che casi del genere possano ripetersi, è arrivato il tempo di riformare gli apparati di pubblica sicurezza, restaurando il primato della politica democratica. Una vicenda oscura ed inquietante le cui implicazioni politiche, in ogni caso, sono state accentuate ed esasperate per alimentare la polemica contro il governo Letta, da parte di chi vagheggia la dissoluzione della anomala maggioranza, di cui è espressione.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:50