In difesa del ministro Josefa Idem

Scusate, signori della morale pubblica, censori dei comportamenti scorretti degli uomini politici (e delle donne, idem). Io la ministra Josefa Idem la difendo. La difendo contro le cavolate di quelli che vorrebbero farla dimettere perché non ha pagato l’Imu nel termine di legge. Non la vorrebbero mandare a casa perché si sono accorti che per fare la ministra ha, come titolo, magari, solo i successi nelle gare di canoa. No.

La vogliono politicamente indegna perché non ha pagato l’Imu, non con qualche brillante marchingegno, ma semplicemente scordandosene, come capita, in genere, solo alle persone perbene (i manigoldi sono puntualissimi nei loro imbrogli). A me capita di scordarmi, ad esempio, gli appuntamenti con il medico. La mia salute è cosa abbastanza importante (per me) e, poi, alla trascuratezza rispetto a certe cose non si rimedia semplicemente con una sovrattassa, come quella per i ritardi nel saldo con il Fisco (che con le sovrattasse ci guadagna). Né si può dire che, allora, la signora ministra è anche lei un po’ rimbambita come potrebbe suggerire l’esempio cui sono ricorso. È giovane e vitale. Perché dunque difendere la signora Idem? Giuro che non ho nulla a spartire con il suo ministero, non ho progetti politici da realizzare con la medesima, non ho mai praticato lo sport della canoa. Unico motivo che potrebbe spingermi a fare la parte del cavaliere errante che si batte per la dama oltraggiata e aggredita potrebbe essere costituito dal fatto che nel mio paese d’origine alla suddetta ministra furono sul punto di intitolare una piazza prima ancora che essa nascesse. Lo scalpellino del paese ricevette dal Comune l’incarico di confezionare due targhe stradali: “Via Maestre Pie” l’una e “Piazza idem”, l’altra.

Provvide con diligenza a redigere i riquadri marmorei con le scritte secondo la prescrizione letterale ricevuta. Quando consegnò i manufatti successe un mezzo finimondo: alle risate degli amministratori, lo scalpellino reagì invocando il tenore letterale dell’ordinativo. Qualcuno provò ad intervenire con intenzioni un po’ concilianti e un po’ sbeffeggianti, suggerendo di utilizzare comunque la targa contestata, intitolando una piazza allo storico equivoco. Peccato che non gli abbiano dato retta. La ministra avrebbe avuto un primato: quello di un omaggio per intestazione toponomastica addirittura in epoca prenatale. Invece quella targa è andata perduta. Oggi avrebbe potuto essere utilizzata per onorare al contempo una brava campionessa, un ministro in quota rosa e i tantissimi cittadini che, invece di evadere imposte con sofisticati stratagemmi, si limitano a pagarle in ritardo, quando trovano i soldi occorrenti. Peccati veniali.

Ai miei tempi la Chiesa cattolica (di prima della guerra) diffondeva riti in suffragio delle “anime sante del Purgatorio”. Anime sante, benché un po’ peccatrici. Saggezza della Chiesa che temo sia oramai in disuso. E poi i ritardatari nel pagamento delle imposte pagano penali ad un tasso che un privato ci andrebbe in galera per usura. Quindi sono dei benemeriti per la sorte delle casse pubbliche. Pare però che ci sia, a carico della ministra Idem anche una accusa per una palestra per la quale ha fatto pubbliche offerte con tanto di tariffe per chi volesse frequentarla senza che risulti alcun reddito per tale iniziativa. O bella! Si vede che nessuno, l’avrà presa in considerazione e non ne avrà cavato un soldo. Anche io non ho mai pagato imposte sull’ipotetico reddito della mia attività di scrittore di libri, benché essi abbiano sulla copertina tanto di prezzo stampato. Non ne ho mai cavato una lira, figurarsi, poi, un euro.

Insomma: signori moralisti non trovate altro da fare che prendervela con le distrazioni della contribuente Josefa e con la sua velleità di cavare qualche soldino dagli attrezzi del suo passato di atleta? Via, perché si chiama “Idem” pensate proprio che debba esser tale e quale “come sopra”, come altri personaggi che dovrebbero attrarre assai di più la vostra attenzione? La nostra Josefa rappresenta un modello dimesso e con qualche difettuccio, ma passabile, di cittadina italiana alle prese con il Fisco; un modello, quindi, che non sembra abbia nulla di artefatto, di retorico. E di antipatico, e anche di sospetto, come sarebbe il caso di qualcuno che dimostrasse di aver pagato tutto, fino all’ultimo centesimo, addirittura la settimana prima della scadenza, suscitando così tutta la nostra diffidenza. Josefa, sei tutti noi! Intitoliamole una piazza.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:39