L'elezione del Csm diventi una selezione

Gentile Direttore,

La prego di farmi replicare all’articolo “Chi vuole il Csm ridotto a bocciofila di quartiere” del dr. Armando Spataro (9 giugno 2013), che critica aspramente la proposta di estrarre a sorte i membri togati del Csm attualmente eletti dai magistrati ordinari tra i magistrati ordinari. Sono un sostenitore di tale proposta e non mi sfiora neppure l’intenzione di ridurre il Consiglio superiore della magistratura a bocciofila di quartiere, benché le bocce siano un salutare passatempo (cfr “Il Bel Paese con brutti mali”, 2012, pag.41, e “L’Opinione”, 24 maggio 2013). Secondo il dr. Spataro, le “menti raffinate” del ministero della giustizia avrebbero partorito un sistema in base al quale un certo numero di candidati sarebbe estratto dall’urna (“immagino grazie alla manina di una dea bendata”) e solo tra essi i magistrati dovrebbero eleggere i rappresentanti togati.

Non è questa la mia proposta, anche perché non possiedo una mente altrettanto raffinata. Invece propongo che tra tutti i togati, esclusi i rinuncianti, vengano estratti a sorte, senza manine di qualsivoglia divinità, ma sotto stretto controllo degli stessi magistrati, i membri togati del Csm. Nessuna elezione con elettorato passivo ristretto. Niente elezioni. Ma selezione mediante estrazione a sorte, essa sì bendata. Solo procedimento stocastico. È noto che il sorteggio fu largamente adoperato nell’antica Atene e nella Repubblica di Venezia addirittura per le cariche pubbliche. Esistono obiezioni serie all’estrazione a sorte della rappresentanza politica tout court. Nel caso del Csm, il metodo del sorteggio supera tutte le obiezioni che possono essergli opposte quando venga adoperato per scegliere i parlamentari, come auspicato da certi autori, e non mostra alcuno degli svantaggi ipotizzabili in ambito politico propriamente detto. Il fatto che i magistrati si distinguano per funzione, non per grado, e che la loro rappresentanza sia tecnica, non politica, costituisce la condizione ideale per la selezione stocastica del Csm. Ricordo che stokasticòs significa “mirare bene al bersaglio”; dunque “pensarla giusta”.

Il dr. Spataro “non riesce ad immaginare un’ipotesi di riforma più offensiva e più umiliante per i magistrati”. Detto con il massimo rispetto, penso il contrario. Poiché oggi i componenti del Csm sono eletti per due terzi da e tra tutti i magistrati ordinari, è inevitabile che l’elezione si svolga secondo i canoni delle lotte di potere. L’illustre procuratore della Repubblica invoca a sproposito la democrazia e il diritto di voto. Delle “tanto vituperate correnti va contrastata non la ragion d’essere ma la deriva corporativa”, egli afferma. Ma il lodevole intento è un pio desiderio perché non c’è democrazia senza conflitto elettorale né voto senza fazione politica. Sostenere che “è logico che i magistrati che aspirano a far parte del Csm, per presentarsi agli elettori, si aggreghino per omogeneità di vedute, si rendano riconoscibili con un programma, una sigla”, non risulta coerente con lo scopo di contrastare la degenerazione correntizia. Infatti, gruppi, programmi, sigle, anche se si camuffano da associazioni professionali, non sono che partiti, con tutte le ineluttabili conseguenze implicate e connesse. Pertanto le dure rampogne del dr. Spataro sono infondate e dunque vieppiù inaccettabili. Sostengo le mie idee senza offendere, né soggettivamente né oggettivamente, la magistratura.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:07