La politica non cambia, cambiano gli elettori

Come Achille ed Ettore, Marino e Alemano si sono battuti nel ballottaggio con poche schiere a guardarli, in un vasto deserto d’indifferenza dell’inclita popolazione. Tanti volumi e trattati sui conflitti moderni fatti di movimenti di massa, di massive testate e di fitte nubi di carri e aerei sono andati persi per tornare al duello personale dei capi d’armata. Nel 2008 Alemanno vinse nella scia del successo personale di Berlusconi. Malgrado le mani messe avanti dall’ex sindaco, il Cavaliere questa volta si è risparmiato; senza di lui i tanti valvassori e valvassini del Pdl urlano ma non caricano, risparmiando truppe e equipaggiamento.

Il governo ambidestro delle larghe intese vede in questi giorni tutto un cinguettio, da Pasquino a Sartori, filopresidenzialista. Se Parigi val bene una messa, per il Pd Palazzo Chigi vale bene adottare il programma dell’avversario (con il retropensiero di non farne di nulla). Ad un Pd così, che tra Renzi, Epifani e Letta, sembra tanto Dc e pentapartito, il Pdl fa ponti d’oro, tanto più che i delusi uomini (e soprattutto donne) dell’ex gestione destra della Capitale, troveranno posto all’ombra del governo. Al Pdl, evanescente sul territorio, sono adatte solo campagne elettorali aggressive che coagulino messaggi generali con la presenza diffusa. La tornata amministrativa appena passata il Pdl l’ha affrontata tiepidamente, paventando soprattutto il successo di Grillo e paradossalmente l’insuccesso della sinistra che ne avrebbe trovato motivo per maldipancia sulla coabitazione di potere con Berlusconi. La caduta di Alemanno, successiva a quella della Polverini, rafforzata dai pochi consensi di Storace e dalla frammentazione a schegge in tante piccoli formazioni di destra, è, per altro verso, motivo di soddisfazione per gli azzurri romani che al momento possono vantare il potente, anche se per ora trasparente, ministro della Salute.

Non si potrà più dire che per vincere a Roma ci vuole la presenza, la comunità, il territorio dei destri, tanto più che l’exploit degli eletti del Pdl ha premiato figure moderate e centriste, buone per tutte le stagioni. Molti, nel centrodestra, vedono unica alternativa al nuovo Sindaco, la figura di Papa Francesco. È per un laico triste ammetterlo, ma è un dato di fatto. Non c’è alcuna possibilità che nel Pdl, fortemente insediato al governo, si avvii un dibattito di autocritica. Come mai potrebbe farlo, senza i luoghi, gli strumenti, i giornali, i meetup, l’abitudine degli stessi elettori del centrodx? Perché mai dovrebbe farlo, quando, nella sconfitta, la componente maggioritaria, centrista (e clericale) ha preso completamente il soppravvento sulle anime più decise, nazionaliste a Roma, leghiste al nord? Istanze, idee, progetti e indirizzi liberali, popolari e nazionalisti rimarranno nel cassetto, con l’ipocrita ripetizione dei due partiti maggiori del medesimo politically correct, condito dall’inevitabile austerity, dovuta a causa di forza maggiore. Dopo la breve pausa alemanniana, la sinistra torna in Campidoglio. Finalmente si toglie lo sfizio di vincere bene e senza ombre.

Nella desertificazione del voto, il Pd ha dimostrato di avere ancora un apparato nella Capitale, che tra centri sociali e sezioni sa dove ritrovarsi e che negli anni ha aanche sviluppato capacità buromilitari per impedire ad altri di fare lo stesso. Ai seggi i rappresentanti di lista erano tanti, giovani e tutti monopartito Pd, forse la tipologia di under40 più presenti, infinititi precari della politica e della sua ancella, l’associazionismo. In seconda battuta impiegati pubblici ed aspiranti tali, l’unica tipologia di lavoratori ancora pienamente fidelizzata. L’apparato Pd sopporta e supporta qualunque ondivagheria, le direttive di Bettini, la strana voce e faccia del quasi americano Marino e del consigliere Scalfarotto, anche portarsi dietro la zavorra nociva di un radicale. Marino era per Rodotà e contro il governo Letta ma al Pd ed all’apparato, forte delle speranze di tanti volontari, non importa. Festeggia la vittoria in nome deli beni comuni e collettivi, delle occupazioni di Tarzan. Domani sosterrà con responsabilità le inevitabili politiche di efficienza del nuovo sindaco ed i suoi proclami di onestà liberal. Fosse veramente tanto onesto intellettuamente e liberal, darebbe un segno di vera e sostanziale novità, ritirandosi dal soglio raggiunto, trovando un nome di garanzia terzo e adoperandosi per un quinquennio di risanamento congiunto. Questa però è un’ipotesi illusoria, inaspettabile, fantascientifica.

Anche votasse solo il 10%, i partiti ed i loro padroni di tessere e blocchi elettorali parlerebbero per ore solo delle percentuali consumate su quel piccolo esercito di elettori. Festeggerebbero, come festeggiano sul 63% del 48%, sul 70% del 10%. Sono più di 1,7 milioni (contro 665mila elettori), la schiacciante maggioranza del 70%, i romani che non hanno voluto o votato il neosindaco Marino. Si temeva che il sindaco di Roma venisse eletto da 15 romani su cento, invece no; se lo sono votati in 30, con 18 contrari. Anche se 30 è quasi il doppio di 18, erano in pochi, su una platea di quasi 2 milioni400mila, a guardare l’imposto dagli dei Marino fare fuori l’Ettore Alemanno. Non a caso nei quartieri più popolari come Torre Angela in 40 su cento si sono recati alle urne, nei quartieri più ricchi come Parioli in 48. L’astensione passerà subito in seconda linea; per il Pdl per i motivi detti e per il Pd per i facili trionfi che finalmente sta ottenendo, da quando ha intrapreso la pacificazione. I romani che hanno sempre avuto un’idea chiara della politica, dei suoi sofismi, dei suoi ismi, come il grande strumento che dà lavoro, direttamente nell’impiego pubblico ed indirettamente con leggi utili a creare mercati captive obbligatori, hanno capito che la partitica non ha più nulla da offrire. Se non Cosimo Mele eletto nel suo paesino pugliese, malgrado le notti alla cocaina passate da parlamentare. Se non Enzo Bianco passato dai disastri al Mininterni all’elezione a Catania. La politica non cambia, lentamente cambiano gli elettori.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:03