
Il 31 maggio, è di rigore, finanza ed economia celebrano la messa laica della Repubblica, officiata dal governatore della Banca d’Italia. Il mondo produttivo, sindacati compresi, confluisce in Via Nazionale a Roma, dove, sebbene non più la cattedrale della moneta, si erge pur sempre qualcosa più di una pieve. Nell’austero Palazzo Koch sciamano banchieri, imprenditori, manager, burocrati che detengono il potere dei poteri, la ricchezza. La cerimonia appare una via di mezzo tra i matrimoni vip e i funerali importanti.
Beh, sì, sembra una festa sebbene non manchi il morto. Tutti già sanno ciò che dirà il monsignore nell’omelia, ma affettano impazienza d’ascoltarlo. Infatti l’uditorio, così chiamato perché sta lì appunto per prestare orecchio, segue con compunzione la predica scorrendo l’opuscolo consegnato all’entrata, secondo la liturgia della parola. Pensosa e meditabonda, la “crème fouettée” del Bel Paese siede immedesimandosi nelle parole che l’officiante pronuncia con voce monocorde e tono compreso, grave ma non allarmato, sereno ma non soporifero. Nessuno commenta. Nessuno fiata. Solo qua e là, di tanto in tanto, qualche cenno quasi impercettibile d’assentimento o uno stupore rattenuto in occhi dal ciglio appena sollevato. Né applausi ai brani graditi né rumori alle parti sgradite. Poi, dopo il “missa est”, gran mischiamento di tutti con tutti, saluti, sorrisi e strette di mano, come ad un incontro conviviale, a un ritrovarsi tra vecchi amici e conoscenti. All’interno e all’esterno cominciano però sùbito i distinguo, tra crocchi di giornalisti e blocchi di telecamere.
“Ho apprezzato l’affermazione in favore del lavoro” sentenzia il sindacalista. “Ben detto sulle tasse” sospira l’imprenditore. “Il passaggio sul controllo pubblico merita davvero” sdottora il burocrate. “Il denaro non si regala” ripete soddisfatto il banchiere. Così, dopo che ciascuno ha ingerito e rigettato la sua parte di verità palingenetica, prendono la via del ritorno, chi a piedi, chi in macchina. Lungo la Via Nazionale, la corsia degli autobus di fronte alla Banca d’Italia è stata, nell’occasione, trasformata in parcheggio per la comodità dei pezzi grossi. I loro autisti vi hanno posteggiato a pettine imponenti berline: Audi, Bmw, Mercedes. Nessuna automobile italiana, in omaggio alla libera concorrenza. Alla stregua di semplici preti, suggeriscono agl’Italiani: “Fate come diciamo; non fate come facciamo”.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:03