
Gli elettori selezionano la classe dirigente (parlamentari, consiglieri regionali, provinciali, comunali) con il voto. Si dice che il meccanismo (sistema delle leggi elettorali) per votare non va bene. In epoche passate la legge elettorale era diversa dal porcellum (proporzionale, maggioritaria con quota proporzionale) e la classe dirigente era sempre votata dagli italiani. Gli elettori esprimo il voto sulla base dei loro orientamenti politici, con le loro opinioni sulla attività dei partiti e dei governi e sugli uomini che i partiti propongono e selezionano al loro interno. Le scelte degli elettori nascono da ciò che sanno, dalle informazioni che ricevono, dal grado di competenza sui fenomeni economici e sociali, dalle conoscenze e notizie che acquisiscono dai giornali, programmi radio e TV, libri, convegni, dibattiti, partecipazione alla vita politica e sociale del Paese.
E qui sta il bello. La pochezza e la ignoranza dei formatori degli elettori-cittadini, di quella sconfinata moltitudine di partigiani dipendenti dei mezzi di comunicazione di massa di proprietà di un ristretto oligopolio dovrebbero formare il cittadino-elettore. Formatori legati ai partiti ed agli uomini di potere delle cosiddette “istituzioni”, nominati attraverso il voto dal popolo sovrano, formato, informato, addestrato dai giornalisti di regime che dipendono dagli editori, gli stessi che detengono il potere economico e politico del Paese. L’oligopolio dei mezzi di comunicazione di massa appartiene sia al pubblico sia al privato, ma non fa differenza. In particolare la radio e la TV pubblica è governata dai partiti (chi più chi meno a seconda dei risultati elettorali), meglio dai capi dei partiti che nominano i loro vassalli, così come quella privata gestita da finti imprenditori eletti dal popolo o nominati da soggetti politici eletti sempre dagli elettori, che nominano i giornalisti secondo convenienza. E tutti i giornalisti assunti o nominati cadono dalle nuvole e si autodichiarano liberi ed indipendenti. Evviva la trasparenza.
Possono gli elettori essere consapevoli per compiere delle scelte politiche in parte rispondenti all’interesse del Paese? Ovviamente no, anche perché in un tale sistema le fazioni vecchie e nuove hanno buon gioco a demolire l’altra parte, lasciando la realtà sempre uguale a se stessa con la sola variante anagrafica. A chi muore si sostituisce un soggetto più giovane, ma della stessa materia politica del morto. Il risultato è palese a tutti: destra e sinistra, vecchi e giovani, occupati e disoccupati, ricchi e poveri sono sempre gli stessi La produzione comunicativa risulta uguale o spesso peggiore: “l’assenza dello Stato”, “ci hanno tolto il futuro”, “lasciamo lavorare i Magistrati”, “liberiamo Roma”, “aboliamo la legge elettorale”, “il conflitto di interessi”, “le puttane nelle stanze del potere”, “rivolto l’Italia come un calzino”, “una svolta, un cambiamento”, “resistere, resistere, resistere”, “dopo il rigore la crescita”, “abbattere le diseguaglianze”, “i giovani sono senza lavoro”, “è una scelta di responsabilità verso il Paese”, “potevano votare per Rodotà (non si capisce perché)”, “non si può fare un Governo con gente impresentabile”, “non sono persone serie”, “cantiamo bella ciao”, “i muri con le scritte, i tazebao del popolo”, “le giuste rivendicazioni dei centri sociali (luoghi di elaborazione culturale) contro le vetrine dei negozi”, “puntare sull’innovazione e la ricerca”, “le teste pensanti emigrano all’estero”, “più donne in Parlamento e nel Governo”, “partire dal territorio”.
La somatizzazione dell’idiozia genera uno scontro eterno tra accuse reciproche, tra personale politico di diversa estrazione alla ricerca di un primato per diffamatori, accusatori (medaglia d’oro Travaglio, di bronzo Scalzi) e patetici difensori della parte offesa ora di destra ora di sinistra. Basterebbe riflettere che il meglio (del peggio) del personale politico che affolla il video, dopo le elezioni politiche, è rappresentato per il sesso femminile dalla Carfagna e dalla Serracchiani, lettrici appassionate di Habermas, Dahrendorf, Aron, Galbraith, Keynes, Popper, incatenate al totem della pochezza nell’esporre il frutto del loro pensare politico, l’espressione rosa del nulla stellare. Mentre per il sesso maschile abbiamo due partecipanti al concorso per sommelier che svettano sugli altri: Civati e Renzi, l’onnipresente sindaco di Firenze che ci propina quelle ricette di buon senso della vecchia Zia (aridatece D’Alema e Veltroni). Quando non appare l’eroico Landini che se avesse la barba potremmo scambiarlo per Tolstoi.
Ma veniamo ai Maestri formatori della opinione pubblica, giornalisti pret a porter, docenti navigati che passano dal banale al sublime, ingessati nel rigore borghese del carattere sacramentale ed oggettivo della loro informazione. La corsa al primato è ricca di contendenti: Giannini, Floris, Santoro, Travaglio, Scalzi o scalzo de’ pensiero, l’Annunziata, Floris – 007 licenza di uccidere con un sorriso-, Formigli, Fazio, Valentini, la reginetta Beatrice Borromeo, Del Debbio. Mettono in scena una specie di dopo partita, un rivisitazione amplificata del processo del lunedì dove si parla, invece che di filosofia del calcio, di sesso a pagamento, di iscrizioni alle primarie, di mercato degli acquisti di deputati e senatori, di puttanieri ed uomini casti, di discontinuità e continuità. Si dice "è mancato un metodo di formazione e selezione della classe dirigente italiana". E vero? Chi avrebbe dovuto formare la classe dirigente italiana? Come? Si potrebbe anche sostenere che esistono personaggi all’altezza del compito, ma non vengono votati dagli elettori ed i partiti si guardano bene dal proporli.
Sembra che migliorare la conoscenza e il grado di giudizio degli elettori sia decisivo per ottenere scelte di classe dirigente migliori e di maggior qualità. Il risultato comporta di mettere sotto accusa gran parte dell’intero corpo dell’informazione, di porre una concorrenza tra i monopolisti di prima serata, tra i padroni delle trasmissioni di approfondimento politico, che non possono essere appannaggio di comici, cantanti, anziane ballerine (la Parietti), come pure di scontri personali e di facili ingiurie ed offese alla reputazione personale. Occorre una “svolta”, un “cambiamento”. Pensioniamo i vecchi tromboni dell’informazione con gente (giornalisti) nuova, anche con anagrafe alta. Si può fare.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:44