Comunali di Viterbo: l'ipoteca di Coldiretti

Strada in salita per Giulio Marini a Viterbo. Per tentare il bis da primo cittadino della Città dei Papi, l’esponente del centrodestra aveva rinunciato al seggio in Parlamento. Al ballottaggio si trova ad inseguire con il 25, 2% e 8.807 voti il candidato di centrosinistra Leonardo Michelini che ha ottenuto 12.542 voti (35,9%). È stata facile negli ambienti viterbesi la battuta: Michelini sgambetta Marini, ricordando che Arturo Michelini è stato il segretario storico del Msi che anche a Viterbo aveva un grande seguito e se la batteva, elettoralmente, con il dominio della componente andreottiana, da Vittorio Sbardella a Rodolfo Gigli. Se i voti di scarto tra Nichelini e Marini sono circa 4mila, ago della bilancia potrebbe essere la scelta del “futurista” Filippo Rossi con il suo pacchetto di voti del 12,5% provenienti dal tradizionale bacino viterbese di destra.

Non va, comunque, sottovalutato il “tesoretto” del Movimento 5 stelle: pur avendo fatto un clamoroso flop rispetto alle politiche (quando aveva sfondato il tetto del 30%), Gianluca De Dominicis ha pur sempre raccolto 2.417 voti, pari al 6,9%. Viterbo non si è distaccato dalla generale disaffezione al voto registrata negli altri Comuni, dove sono praticamente scomparsi 4 elettori su 10. Nella città dei Papi l’affluenza dei 64mila elettori è stata del 63 per cento, con un calo quindi del 18 per cento rispetto alle consultazioni di 5 anni fa. I candidati a sindaco erano 14 con un panorama politico e civico di grande frammentazione e confuso ideologicamente. La campagna elettorale è stata accesa tra i partiti, ma non ha scaldato gli animi degli elettori. Lo slogan più gettonato è stato quello della necessità di cambiare: gestione amministrativa, politica sociale, culturale, sportiva. Al centro delle polemiche anche l’annoso problema idrico per la presenza di arsenico nelle acque, la cui potabilità è stata prima revocata e poi riammessa. Il sindaco uscente ha dietro le spalle una lunga militanza politica in Forza Italia fin dalla scesa in campo nel 1994 di Silvio Berlusconi. È stato consigliere comunale, presidente della Provincia dal 1997 al 2005, Senatore forzista nel 2006. Venne eletto sindaco nel 2008 con il 62%, battendo al ballottaggio il leader del Pd viterbese e tesoriere nazionale del partito Ugo Sposetti.

Nel 2012 si è dimesso da senatore a seguito dell’incompatibilità tra le due cariche stabilita dalla Corte Costituzionale. Rimasto primo cittadino, è stato costretto a dimettersi per contrasti all’interno della maggioranza, dimissioni revocate una volta risolta la crisi entro i 20 giorni previsti dalla legge. Al primo turno, oltre a Michelini, si è trovato ad affrontare il “ fuoco amico” dei candidati di movimenti di centrodestra: il giornalista-ideologo del gruppo futurista di Gianfranco Fini Filippo Rossi, l’ex senatore An Michele Bonatesta, Andrea Scaramucci appoggiato dalla Destra di Storace, Giovanni Adami di Fiamma Tricolore, Diego Gaglini di Casapound .Correva da solo l’esponente dell’Udc, Giovanni Maria Cantucci, assessore alle opere pubbliche e alla protezione civile della Provincia. Molte liste, in sostanza, nate dalla scissione di precedenti alleanze. Ora i viterbesi sono chiamati alla scelta definitiva: accordare ancora fiducia a Marini oppure passare la palla di un Comune fortemente disastrato economicamente all’ingegnere Leonardo Michelini, imprenditore, presidente del Consorzio agrario (che fa parte dei 38 consorzi operanti in 70 Province italiane) e della Coldiretti viterbese.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:14