Basta! I padri paghino le colpe dei figli

L’orrendo delitto di Corigliano e la morte della giovane Fabiana è soltanto l’ultimo di una catena di delitti e sopraffazioni su coetanei ad opera di minorenni. Azioni di bullismo nelle scuole o nelle strade, furti e rapine, taglieggiamenti verso i più deboli, stupri singoli o di gruppo, atti vandalici, stalking praticato con tutti i mezzi di comunicazione, fino all’omicidio, fanno ormai parte della cronaca quotidiana. Le telecamere nelle scuole o nelle strade non costituiscono un deterrente; al massimo consentono di poter più facilmente agguantare i colpevoli. Né le minacce di nuove e più severe leggi sono ostacolo alla delinquenza minorile che è sovente figlia dell’emarginazione e della droga ma, anche, della assenza di vigilanza da parte della famiglia sull’operato dei figli. La nostra società, italiana in particolare, tende a demandare allo Stato, tramite la scuola, l’educazione alla responsabilità degli alunni, futuri cittadini di questo paese.

I genitori, troppo spesso assenti per validi motivi, sono troppo spesso assenti anche quando sono presenti. Lo stalking e il bullismo non appartengono alle sole classi emarginate, ma troppo spesso le giovani e i giovani bulli provengono da famiglie evolute. In tutti i sensi. La ricercata assenza di responsabilità dei genitori nella educazione dei propri figli, difesi a oltranza anche quando palesemente sbagliano, sta producendo danni irreversibili come nel caso della piccola Fabiana. L’assassino è già stato consegnato a una casa di accoglienza dove nugoli di magistrati, sociologi, educatori, preti e opinionisti, cercheranno di “andare a fondo” sui perché di tanta atrocità. La conseguenza sarà un percorso rieducativo per il ragazzo e la insostituibile perdita di Fabiana che ormai nulla e nessuno restituirà alla famiglia. Il giovane assassino torturatore sarà reso un giorno alla vita civile. La società avrà dimenticato la sofferenza e la morte di Fabiana una volta che avrà assolto i suoi riti inneggianti alla irresponsabilità collettiva. Tutto sarà ascritto ai mali del modernismo, del mercato, del disagio giovanile. Ognuno di noi sarà chiamato ad assumersi le proprie responsabilità.

Il che equivale all’incitamento alla irresponsabilità del singolo quando la responsabilità diventa collettiva. Si celebrano i funerali della vittima con partecipazione di folla che si “stringe intorno alla famiglia”; il parroco recita la sua parte in un bagno penitenziale collettivo che culmina con l’applauso liberatorio finale a salutare per l’ultima volta la morta. Ma poi? Poi si ricomincia nella speranza che le cronache del giorno dopo siano meno funeree. Mai, nei passati decenni, tanta cattiveria da parte di giovani e giovanissimi si era mai palesata fino a giungere all’omicidio. Al massimo nelle scuole di questa Italia, in passato povera e affamata, a scuola si rubavano le merendine. Oggi i divertimenti sono altri e la responsabilità viene attribuita allo Stato. Il nostro Stato. Gigantesco per burocrazia, inefficace nelle azioni educative e anzi diseducativo nei comportamenti del suo ceto dirigente al quale chiediamo di risolversi almeno a “privatizzare” la responsabilità dei genitori per il comportamento dei figli. Se questi imbrattano le loro classi, se disturbano i loro coetanei sui siti internet, se fanno azioni lesive della psiche delle vittime fino a spingerle al suicidio che almeno paghino i genitori i danni agli edifici pubblici o alle famiglie delle vittime.

Lo Stato si faccia pure carico della rieducazione del minore e del suo reinserimento nella società, ma si obblighi la famiglia del minore a farsi carico del risarcimento. Con le opportune scale di valori. Da momento che il rispetto della legge è un optional esistenziale, dal momento che si dimostra che la severità della pena non costituisce deterrente al delitto, che almeno si risarciscano le vittime. Forse padri e madri, a fronte della minaccia economica, saranno più attenti alla educazione e ai comportamenti dei loro pargoli già fino dai primi anni di vita. Insegneranno loro il concetto di responsabilità non attraverso principi morali che potrebbero apparire superflui nei comportamenti umani, ma attraverso i principi della economia più semplice improntata al concetto che chi sbaglia paga. Moneta sonante. Si immetta quindi nel corpo delle leggi la possibilità di richiesta di risarcimento a carico della famiglia di colui o colei che ha violato la salute fisica o psichica del proprio simile. Forse qualche risultato in più si potrà ottenere e forse, con il tempo, anche qualche funerale in meno.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:39