
«Quando la verità dovesse riguardare elementi di colpevolezza a carico dello Stato, lo Stato non può nascondere eventuali sue responsabilità sotto il tappeto». Così il pm Antonino Di Matteo nell'aula bunker del carcere palermitano Pagliarelli dove ha preso ieri il via oggi il processo per la trattativa tra Stato e mafia. Tra gli imputati erano presenti Nicola Mancino, Massimo Ciancimino, Antonio Subranni. Assenti Mario Mori e Giuseppe De Donno, Marcello Dell'Utri.
«Ho fiducia e speranza che venga fatta giustizia e che io esca a più presto dal processo» ha dichiarato l'ex presidente del Senato Nicola Mancino entrando al bunker di Palermo. «Io ho combattuto la mafia e non posso stare insieme alla mafia in un processo. Chiederemo lo stralcio del processo. Che uno per falsa testimonianza debba stare in Corte d'assise non lo accetto» ha detto Mancino. Immediata la replica a distanza del Procuratore capo Messineo. «Quella di Nicola Mancino è una posizione che già era stata espressa nel corso dell'udienza prelimnare e sulla quale c'è stata già una pronuncia provvisoria. Ritengo che la difesa di Mancino saprà svolgere egregiamente il suo compito proponendo quei temi che ritiene adeguati per il cliente». «Oggi iniziamo questo percorso che condurrà a una decisione che sarà comunque un atto di giustizia» ha continuato Messineo al suo arrivo.
«Sull'importanza di questo processo non ci sono dubbi, è un processo che i temi trattati e per altri temi di valutazione e' importante e di grande impegno per la Procura», ha detto ancora Messineo. C'è una parte dello Stato che deve chiedere scusa? «Io rifuggo sempre da questo tipo di valutazioni generiche e moralistiche, qui stiamo celebrando un processo e non dobbiamo distribuire pagelle o encomi e neanche forme di rivalsa nei confronti del passato. Cerchiamo di chiarire i fatti, di accertarli e di trarne le conclusioni giuridiche» ha sottolineato il Procuratore capo di Palermo.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:08