
È ormai chiaro, da quel che traspare dalle dichiarazioni di diversi dirigenti del PD, e dagli scritti di molti commentatori di diverse e importanti testate mediatiche, che ciò che importa veramente nella vicenda del governo è anteporre, a qualsiasi decisione, il varo della nuova legge elettorale, qualunque essa sia, purché si salvi la faccia dinanzi all’opinione pubblica e si liquidi una volta per tutte il cosiddetto Porcellum che ha certamente permesso l’alternanza tra le due forze politiche elettoralmente contrapposte, ma non la governabilità. Dinanzi a questo totem da abbattere, non c’è niente altro che possa essere individuato dai "malpancisti" del PD come necessario e urgente.
Né le iniziative per determinare il blocco della recessione e l’avvio di una certa ripresa come possono essere le agevolazioni per le assunzioni giovanili; né la riduzione della pressione fiscale partendo dall’abolizione del simbolo negativo sulla prima casa, com’è diventato l’Imu, che invece può aiutare ad avviare una discreta ripresa dei consumi; né la restituzione dei debiti contratti con le imprese per decine di miliardi sbloccati i quali si eviteranno nuovi fallimenti imprenditoriali e una ripresa delle attività produttive. No, è tutta roba che nella testa dei "malpancisti" può attendere. L’importante, per essi, è la legge elettorale che tra l’altro non serve ad uscire dalla crisi in cui si dibatte il Paese, né garantisce la governabilità come l’esperienza passata insegna ha dimostrato sia con i governi Prodi che con quelli di Berlusconi. Si dice che, per questo, va riformata anche la struttura dello Stato, la sua impalcatura costituzionale, e che è necessaria la riforma tesa a snellire ed accorciare i tempi per legiferare e per bloccare la vergognosa pratica del cambio di casacca.
Ma, se si è convinti di ciò, perché spingere in particolare per la nuova legge elettorale? A questa domanda ci sono due possibili risposte. O si pensa che, con la nuova legge elettorale, è possibile chiarire il quadro politico e il resto poi verrà da sé, oppure si tenta di ottenere un specie di "paracadute" convinti che in tal modo ci si può mettere in sicurezza rispetto alle "pretese" del PdL che antepone i problemi della gente ad ogni altro problema. Né nell’una e né nell’altra delle risposte si scorge la consapevolezza dei rischi che la situazione presenta. Perché in ambedue i casi non è la legge elettorale che provoca il chiarimento del quadro politico, e nemmeno è la legge elettorale che stimola il recupero della credibilità dei partiti con i cittadini. Sono solo le scelte programmatiche che determinano lo svuotamento dell’acqua che permette attualmente al grillo straparlante di muoversi agilmente. La posta in gioco è quella di ripristinare la democrazia e mettere in salvaguardia il Paese da spinte distruttive che non si eliminano con sotterfugi legislativi come quelli messi in piedi dalla Finocchiaro e dal senatore Zanda (Loy) che puntano a liquidare i ‘"concorrenti’ come il M5S, o puntano a dichiarare ineleggibile l’inviso Cavaliere, anche perché così si alimenta un possibile golpe o si può innescare una vera e propria guerra civile.
E allora, dato che il PD non riesce a parlare una sola lingua, e dato che ciò determina un reale rallentamento dell’attività governativa e, spesso, crea frizioni con gli alleati, è necessario abbandonare i bilancini usati per tenere unite le diverse anime interne a quel partito, ed è opportuno decidere, una volta per tutte, di scegliere di governare senza preoccuparsi se qualche frangia estremista dovesse decidere di mollare perché si sente incompatibile in una alleanza con un partito che ha sempre dipinto come la quintessenza del male. Se si ha questo coraggio si apre una stagione nuova per la politica che guarderà di più a scelte salde e coerenti con gli obiettivi di oggi e di domani e poco, molto poco, ai meccanismi di scelta per l’elezione dei parlamentari che, pur essendo una scelta da non sottovalutare, corre dietro e non davanti alla nuova architettura costituzionale.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:17