
«C'è troppo "retrogusto" montiano in questo governo. Saremmo felici di ricrederci, ma per ora Fratelli d'Italia resta all'opposizione». Carlo Fidanza, 36 anni, europarlamentare di Fratelli d'Italia, è il vice della delegazione Pdl che, per ragioni regolamentari, comprende esponenti di diversi partiti di centrodestra. Gli abbiamo chiesto un parere sul momento politico che sta vivendo l'Italia.
Come giudica i primi passi del governo Letta?
Difficile non condividere le dichiarazioni programmatiche del premier, un elenco di buone intenzioni rispettose degli impegni elettorali assunti dalle diverse forze politiche. Ma la diversità, nell'attuazione concreta dei provvedimenti, rischia di diventare ben presto inconciliabilità. Si può essere anche tutti d'accordo, e noi naturalmente lo siamo, nel rimodulare la tassazione sulla casa o evitare l'aumento Iva, ma Pd e Pdl saranno d'accordo anche su come trovare le coperture? E su riforma del lavoro, pensioni, detassazione del lavoro, evasione e immigrazione come faranno a trovare una sintesi alta e nobile? Alla lunga rischiamo di pagare le stesse mediazioni al ribasso che, unite alla inadeguatezza di molti tecnici, hanno portato alla fine del governo Monti.
Per queste ragioni Fratelli d'Italia sarà all'opposizione?
Si, per questo e per coerenza con il mandato elettorale. I partiti di maggioranza hanno annunciato di volerci mettere la faccia e l'indicazione di Letta e Alfano sembrerebbe confermarlo. Ma c'è un eccessivo retrogusto montiano in questo governo. La scelta di affidare a due tecnici i ministeri chiave di questa fase, Economia e Lavoro, ci riporta indietro a una stagione che tutti a parole dicevano di voler chiudere. La nomina di Saccomanni, in particolare, rassicura i mercati e le grandi banche ma non deve rassicurare altrettanto gli italiani, vessati dalle tasse di Monti che l'ex Dg di Bankitalia elogiava. Allo Sviluppo è finito un uomo dalla lunga militanza post-comunista: insomma, il quadro per gli elettori di centrodestra non mi pare rassicurante. Saremo felici di ricrederci.
Donne, giovani, volti nuovi. È il segnale di novità che il Paese si aspettava?
Mi pare un dato eccessivamente enfatizzato. Certo se per giorni si terrorizza la gente con Amato, Monti, Prodi e D'Alema qualsiasi alternativa viene percepita come rivoluzionaria. Vedo uno sforzo nel senso giusto ma anche tanti ministri, alcuni di sicura qualità, messi in dicasteri estranei alle loro competenze. Li giudicheremo dai fatti. Ma c'è un dato che mi preoccupa: la solita subalternità a una certa cultura di sinistra. Scuola, università e beni culturali a ministri del Pd e il trionfo del politicamente corretto con l'Integrazione a una signora di origini congolesi nota per voler concedere la cittadinanza secondo lo ius soli e abolire la Bossi-Fini. FDI alla subalternità non si rassegna e su questi temi non farà sconti.
Riuscirà Letta ad ammorbidire la Merkel?
È la priorità assoluta. Scorporo degli investimenti dal patto di stabilità, mutualizzazione del debito oltre il 60%, allentamento del fiscal compact, project-bond per le reti infrastrutturali, finanziamenti Bce alla banche perché sostengano l'economia reale, separazione tra banche d'affari e banche di credito. Portassimo a casa anche solo la metà di questi obiettivi sarebbe l'inizio di una nuova fase per l'Ue, finalmente orientata alla crescita.
Lei in Europa si è occupato del caso Maró. Cosa si aspetta dal nuovo governo?
Che ribalti completamente l'approccio di Monti: non si tratta di una dissertazione sui codici ma di una questione cruciale di dignità nazionale e quando viene messa in discussione la dignità di una nazione importante dell'Ue e della Nato si deve pretendere che gli alleati sposino con energia le nostre posizioni, peraltro sacrosante. Bonino e Mauro hanno l'autorevolezza per provarci. È forse l'unica cosa che possono fare insieme, per il resto sono il diavolo e l'acqua santa.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:51