Il boccione di Chianti del minuscolo nobel

Senza essere "onomatopeici", proviamo a non usare mezzi termini, perché, oltre all’appropriazione indebita (del Nobel), della consorte per qualche mese seduta (indegnamente) a Palazzo Madama, cosa altro si ricorda se non il suo linguaggio teatrale incomprensibile (forse) pure al più volenteroso degli alcolisti anonimi? “Mistero buffo”? Parliamone… Un linguaggio, quello di Fo, che spinge ogni suo interlocutore, ad ogni sua ciancicata frase, a rintracciare lì intorno il boccione di Chianti che abbia avuto il buon cuore di dargli l’ispirazione. Un altro giullare (forse più astemio ma di certo non meno euforico del “nostro”) era stato pure capace di candidare il mascalzone a Capo dello Stato, utilizzando la Rete come massimo strumento di democrazia. Ebbene, il risultato è stato rovinoso. Su 48.292 aventi diritto (praticamente un club d’elite), hanno espresso la loro preferenza in 28.518 (rappresentanza del nulla) ed il fiasco del nobel è pari a quello di un Ingroia qualunque: 941 preferenze, ultimo nella rosa dei papabili, praticamente il nulla, anche elettoralmente parlando una pippa.

Con l’avanzare dell’età, è noto, la mente torna sempre al passato: oggi, evidentemente, nella psiche del nobel è rivenuto su (come in un disturbo di stomaco) il proprio passato da repubblichino, da fascista, opinioni estetiche comprese. Credevamo che occuparsi delle caratteristiche fisiche degli avversari fosse una caratteristica di pochi (Marco Travaglio, in questo, è un disdicevole esempio), ma non che a quella attività si potesse dedicare anche un premio nobel, sia pure assai avanti con gli anni. Al quale ci si permette di ricordare che, secondo un antico detto popolare, nella botte piccola c’è sempre il vino buono. Nel caso del professor Brunetta, evidentemente, il nobel ha male inteso: il vino è metaforico, mentre nella fattispecie è la testa che funziona bene. Lui, il nobel, invece, ha disprezzato la botte in quanto consapevole di non poter mai arrivare al suo prezioso contenuto.

p.s. In quanto sopra scritto, l’utilizzo del minuscolo nel termine ‘Nobel’ non è casuale

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:02