
Dalle parti dell'Espresso è da qualche giorno divenuto l'argomento piu importante, quasi vitale: alcuni hacker hanno violato le caselle di posta elettronica dei deputati del Movimento Cinque Stelle iniziandone a rendere noto i contenuti e minacciando di continuare nell'opera «finché il capo del Movimento e Casaleggio non diranno la verità sui guadagni realizzati attraverso la politica». Il primo bersaglio stata la deputata Giulia Sarti. Al di lá dei motivi di fondo che hanno indotto questi pirati informatici a compiere l'azione (non nascondiamo che anche a noi - in nome di quella tanto invocata trasparenza - piacerebbe sapere chi finanzia il M5S), in questa vicenda ancora in itenere ci sono stati due aspetti che quasi fanno sorridere. Il primo.
Ma come può essere venuto in mente a questi pirati informatici di autodefinirsi «hacker del Pd»? Fino a "hacker" ci possiamo pure stare, ma "del Pd" sembra (?) una presa in giro: ve li immaginate Bersani e la Bindi, intorno ad un tavolo con esperti di computer, mentre pianificano un attacco informatico? Su, per piacere... Secondo aspetto (per certi versi ancora più ridicolo). L'Espresso ha spiegato perché ha deciso di non pubblicare il contenuto di quella corrispondenza elettronica che pure sostengono di avere in loro possesso (si cita testualmente): «Per scelta editoriale e per rispetto della privacy, in attesa di verificare la presenza di documenti che per portata politica meritassero eventualmente la diffusione, abbiamo deciso di non diffondere i file in questione ma di limitarci a riportare la notizia della loro esistenza e della avvenuta pubblicazione online, senza peraltro linkare a siti che permettono il download dei file. Il fatto che alcune persone (chiunque esse siano) abbiano violato le caselle di posta elettronica di alcuni parlamentari (chiunque essi siano) è evidentemente una notizia che qualunque giornale - avendola – pubblicherebbe».
Ammirevole, non c'è dubbio. Ma verrebbe da chiedersi - e i precedenti del gruppo editoriale autorizzano certe perplessità - se questo sviluppato senso per la tutela dell'altrui privacy è ed è stata sempre alla base delle scelte editoriali dell'Espresso, di Repubblica, ecc. Ci sembra proprio di no, ma per conferma (e a tempo perso) andremo a consultare gli archivi iniziando a digitare, nei motori di ricerca, i termini "Berlusconi", "Olgettine" e "Noemi Letizia". Vi faremo sapere gli esiti delle nostre ricerche ed anche l'eventuale presenza "di documenti che per portata politica meritavano eventualmente la diffusione". Intanto ci accontentiamo delle parole della stessa onorevole M5S Giulia Sarti: «Siamo personaggi pubblici, ma non per questo la nostra vita privata deve essere sbattuta su giornali o nella rete». Parole sante.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:23