L'insalata mista del governo Berletta

Il governo Berletta nasce per disperazione, dopo tre mesi di impasse e come l’esecutivo dell’umiliazione del Pd. L’Italia giusta china il capo e si accomoda a lavorare assieme all’Italia ingiusta. Per farlo mischia le carte, chiama tecnici, ex ministri di Berlusconi e Monti come Saccomanni (all’Economia) o la Cancellieri alla Giustizia. Spaccia per tecnici anche membri di Italianieuropei made in D’Alema come Carlo Trigilia alla Coesione o Massimo Bray ai Beni Culturali. Oppure chiama montiano l’ultimo salvagente di Casini, il messinese D’Alia, ministro alla Pubblica Amministrazione. Restano, del precedente esecutivo, la candidata montiana al Quirinale che da brava donna ha subito usato il periodo di ministra per piazzare il figlio ai vertici Telecom, il sottosegretario alla presidenza Patroni Griffi, principe di Costantinopoli come Totò e l’anodino Milanesi agli Affari Europei. La presenza Pd è ampia, con 9 membri, contraddittoria, fatta di acqua fresca che non lascerà traccia, come nel caso della pisanlettiana Maria Chiara Carrozza, (classe ’65, all'Istruzione) e delle due straniere, Kyenge all’Integrazione e Idem alle Pari Opportunità, una congolese ed una tedesca, messe lì per strizzare l’occhio ai media radicalchic ed a Vendola. Sulla carta l’uomo forte della delegazione, dovrebbe essere Franceschini (Rapporti con il Parlamento). In realtà polso dovranno dimostrarlo l’antiberlusconiano sindaco di Padova Zanonato (allo Sviluppo) che lascerà la sua citta ad un’amministrazione tosiana ed il giovane turco toscoligure Andrea Orlando all’Ambiente.

Il renziano Delrio agli Affari regionali lascierà al suo leader la poltrona di capo Anci. Letta jr., per dotarsi di campo neutro, ha affidato alla Bonino gli Esteri, dando un po’ di ossigeno ai morenti radicali. Serpe in seno, l’antica pannelliana farà da leader nei confronti delle numerose (sette) ministre. Solo la Lorenzin sembra poter sfuggire alla pifferaia. Così, il governo, che nasce su 4 gambe (Napolitano, Berlusconi, mezzo Pd e Monti) ne troverà un’altra che lo trasformerà in un tavolino da medium. Come portafogli, incredibile dictu, ha più peso su quella Pd, la delegazione Monti, destinato a tornare sub giudice del Quirinale. Nuovo leader di Scelta Civica per forza di cose sarà l’uomo di Napolitano, Giovannini (al Lavoro). Alla fine, con i suoi 5 membri di governo, il Pdl è, al confronto degli altri, un gruppo di ferro: Quagliariello alle Riforme, Alfano vicepresidente ed al Viminale, Lupi alle Infrastrutture, la venetoromana Lorenzin del ’71 alla Salute. Unica defaillance appare la De Girolamo, classe 1975, (Agricoltura), ma si sa, si paga pegno al passagio obbligato sud-donne. Gran parte della ciccia del governo sta qui. Non solo, si tratta dell’unica delegazione coesa. La forza di Letta jr. sta nell’obbligatorietà della situazione. Questi non sono i tempi per i quali l’avvocato Agnelli giudicava che il miglior governo per l’Italia fosse il nessun governo, ossia la mera gestione dello status quo. Grazie agli sforzi misti per cacciare Berlusconi e grazie a Monti, il paese sta andando a rotoli. Con l’elezione della Boldrini e di Grasso, la politica non l’ha capito. Il voto, di sinistra, di destra, di protesta aveva chiesto chiaramente la scomparsa dell’episodio montista dalla scena, Invece, a premiare trasfomismo e tradimento, come insegnamento ai giovani, eccolo lì, Mario Mauro alla Difesa.

A sinistra il vecchio mestiere dalemiano non lo vogliono più, al centro quello casiniano neppure. Invece, con sbiaditi rappresentanti, eccoli lì, tutti e due. Il Pd non se la sentiva di passare direttamente da una candidatura Bersani, che ancora occhieggia a quello che fu il Pci, a quella Renzi che trasformerebbe del tutto il Pd nella vecchia Dc, con tanto di erosione mortale del centrodx. Prova dunque un passaggio morbido con Letta jr. Il pisano è però un re travicello che resterà tramortito tra la legione Alfano, banda Bonino-Boldrini, renziani, montiannapolitani, il duo bersaniano, i dalemiani e soprattutto le anime sinistra e prodiana del suo partito che sono rimaste fuori. Sinistri e prodiani, però, invece che che cercare di recuperare lo scettro, si getteranno nel rimpianto in una lotta furiosa corpo a corpo con Grillo, accusato, come già fu per Bertinotti, di essere il vero traditore della sinistra. Così il M5S perderà i consensi a destra e metà di quelli di sinistra. L’unico governo possibile, vorrebbe preparare la strada a Renzi; invece ci lascerà presto per il voto e la nuova vittoria della destra. Come si vede, a parte le capacità in campagna elettorale di Berlusconi-Brunetta, il Pdl non ha grandi meriti per la situazione in cui sono gli altri a collezionare autogol. Per questo grande attenzione merita la presenza al MinSalute della Lorenzin che da Ostia, passo passo è arrivata a Palazzo Chigi.

Speriamo che non la si ricordi solo come una delle sette presenze femmininili. Grande importanza, come è stato per la Polverini, la giovane romana la deve alle frequenti presenze tv. Gatta morta, la Beatrice, che non è bella come la si dipinge (e meno male), è passata, senza urtare nessuno nelle diverse gestioni azzurre laziali, da Previti e Sodano a Giro a Sanmarco. Come dimostrano questi giorni di preparazione al voto per il Campidoglio, il Pdl laziale resta un’anima in pena, confusionaria, indecisa, sempre con la testa all’indietro, colonizzata culturalmente dalla sinistra. Un complesso capace però di organizzazione e ricco di consensi. Dopo l’abbandono e la scomparsa dell’ex direttore de "Il Tempo" Sechi, persosi nel mortismo, ora è dunque l’occasione per la giovane Lorenzin per fondere i popoli del centrodx in un unico grande populismo, attrattivo anche della protesta. Perquanto un po’ Dc, l’anima di Beatrice non sembra vuota come quella di Belviso, Rauti, Polverini, Todini. Sa che, negli anni a venire, non basterà citare il Cavaliere, né basteranno i capataz di provincia. Lotta alle occupazioni che devastano la Capitale, rifiuto dei pantani degli sciocchi femminilismo ed animalismo, realizzazione della grande semplificazione di Roma capitale e incontro mai cercato con il lavoro autonomo e dipendente, potrebbero essere i temi di una Roma bianca che si propone leader a se stessa ed al paese. Per ora Roma si desta nel governo Burlesque.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:48