La caparbietà e gli interessi di bottega

L’affannata rincorsa al consenso di uno stanco 88enne a (smentendo se stesso) restare per altri sette anni sul colle più alto di Roma, costituisce l’ennesima conferma che questo panorama politico nazionale non è capace di entrare nell’ottica dell’unità nazionale di fronte ad una crisi (morale, politica e soprattutto economica) che rischia di mettere milioni di persone definitivamente in ginocchio. Non sono capaci di rinunciare a veti, pregiudizi, ostinazioni e calcoli di bottega: meglio il benessere della propria dimora che non quello dell’intero Paese. E il discorso vale per tutti, da Sel a Pd, da Pdl a Cinque Stelle. Certe stupide e testarde caparbietà non servono a nulla (lo dimostrano i numeri, non le chiacchiere), tanto meno all’Italia che ha imboccato il pendio dell’indigenza.

Non sono capaci – i sinistri, i destri, gli ignoranti pseudo-cittadini – ad interpretare realmente le esigenze più elementari e comprensibili di chi li ha eletti: avere un Capo dello Stato ed un Governo (a due mesi dalla chiamata alle urne) che siano in grado di affrontare l’attuale situazione. Non è questione di “andare sottobraccio con Berlusconi” o meno: è necessario che si mettano intorno ad un tavolo tutte quelle forze politiche che non dicano "no" a tutto e tutti: insieme, poi, trovare soluzioni che esulino dai putridi interessi di bottega. A Bersani sono riusciti i blitz per le presidenze di Senato e Camera (pur avendo riscosso meno del 30% del consenso degli elettori), mentre è fallito nel modo indegno che tutti sappiamo l’analogo tentativo per la Presidenza della Repubblica.

Con l’aggravante che, in quest’ultimo caso, il segretario Pd è stato impallinato dai parte dei suoi stessi amici (?) di partito. E quando poi ti trovi i cosiddetti “cittadini” acerrimi nemici della Casta, proporre alla Presidenza della Repubblica un 80enne esponente (magari anche perbene) della sinistra di altro secolo (già deputato fin dal 1979), si capisce come anche dalle parti del duo CasaGrillo si abbiano più a cuore gli interessi di parrocchia (e la conseguente rovina dell’altrui schieramento), anziché lo status di un’Italia oramai stufa di reggere certi giochi di Palazzo.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:00