
Un partito consapevole di essere l’unico riferimento di tutto il vasto popolo di elettori moderati e liberisti, che vogliono votare centrodestra o che non vogliono votare a sinistra, dovrebbe selezionare i propri dirigenti con grande serietà ed accortezza, dovrebbe scegliere i rappresentanti di questo vasto popolo sulla base delle capacità politiche e su requisiti di alta conoscenza dei problemi da risolvere per rendere la vita delle persone più sicura, più giusta, più effettivamente libera ed anche con un certo benessere. Dopo essere stata parcheggiata nei più visti talk show, quali “porta a porta”, “servizio pubblico”, “intervista a Sky”, “La 7 –Telese e Porro”, la virago del PdL Mara Carfagna è approdata a “Piazza Pulita”, a casa del celeberrimo Formilli, un allievo del mitico Santoro.
Il parterre non era dei migliori e la Carfagna avrebbe avuto modo di primeggiare tra Zingales, il tipico sfigato che ha lanciato Oscar Giannino, Flores D’Arcais, l’archeologia del nulla, ed il sostituto della direttora dell’Unità Concita De Gregorio, il moderato Claudio Sardo. Ma la Carfagna non spicca il volo, rimane nel pantano della dialettica politica, non ha nel DNA lo scatto del cavallo di razza. È palpabile che ha imparato la lezioncina a memoria, si troverebbe a disagio se si parlasse di organizzazione dello Stato, di economia dei risultati, di finanza creativa, del debito sovrano, di bilanci pubblici, di decentramento e democrazia partecipata. Sentirla parlare e come ascoltare e guardare un documentario sulla pubblicità; spot assemblati insieme senza un inizio senza una meta. La demiurga del PdL accenna al tema della “Giustizia Italiana”, ma è palese che non ne conosce le coordinate; fornisce il dato di 10 milioni di processi pendenti che tutti ripetiamo da più di 10 anni. Ad ogni inaugurazione dell’anno giudiziario reiteratamente il Presidente ed il Procuratore Generale della Corte di Cassazione ripetono che più di 20 milioni di cittadini attendono una risposta di giustizia.
La Carfagna non è in grado di indicare un provvedimento dei governi Berlusconi che abbia affrontato il problema. Poteva essere impedito dalle forze avverse affrontare la “giustizia penale”, ma anche su quella civile (più di 6 milioni di processi pendenti) non si è fatto nulla. La parlamentare “dolce e gabbana”, ripete il ritornello dei magistrati politicizzati, che vogliono arrestare il Maligno o lo voglio estromettere a causa del conflitto di interessi, come hanno sostenuto i due commensali Zingales e D’Arcais, richiamando una norma del 1957, senza averla letta e senza conoscerne la diversa interpretazione giurisprudenziale. Anche sull’argomento noto delle reti televisive dell’imprenditore Berlusconi e della raccolta della pubblicità, entrambi i patetici contradditori dimostrano la pochezza dei loro strali, ma la Carfagna ha denunciato tutti i suoi limiti, mentre avrebbe avuto facili risposte per confutare le infondate tesi semplicemente richiamando le vicende che hanno caratterizzato la liberalizzazione dei network in Italia, condannata dal servizio pubblico radiotelevisivo.
Al Cavaliere va detto che o si cambia o si muore. Il ritornello dell’inaccettabile, del vergognoso, della responsabilità, del bene del Paese è sepolto. I tamburi della propaganda politica continuano a suonare la musica della invettiva personale, dell’attacco ai collaboratori a quelli della famiglia, ai parenti ed a tutta la dinastia di quelli incontrati per caso. Ma se il prodotto di novità del Pdl, salvato dall’intramontabile Silvio, si basa sulla Carfagna allora è preferibile mettere il partito in liquidazione coatta amministrativa e dire a quei 10 milioni di elettori di guardare altrove per difendere i loro interessi.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:23