Rai, è partito il terremoto Gubitosi

È iniziata la prima fase della rivoluzione Gubitosi in Rai. Sono fuori dall’azienda del servizio pubblico già 600 dipendenti tra giornalisti, dirigenti e amministrativi. Tutti coloro che hanno accettato lo scivolo per il quale il Cda aveva stanziato in bilancio 53 milioni. Le sorprese più clamorose ancora non ci sono ma verranno prossimamente quando, delineato il quadro politico italiano, a viale Mazzini si procederà alla riduzione delle 43 posizioni di direttore per portarle a 28. Per ora il Consiglio di amministrazione ha varato il piano industriale 2013-15 ma senza il rinnovamento della governance aziendale, che avverrà nei prossimi mesi quando l’organigramma dell’azienda pubblica dovrebbe diventare più agile, attraverso una riduzione delle poltrone e una strutturazione in macro aree: editoriale (nella quale confluirebbe la Radio), finanziaria, corporate e supporto, tecnologia (dove finirebbe anche Rai Way, cioè il tesoro costituito dai ponti di trasmissione dislocati su tutte le alture italiane).

Soddisfatto il direttore generale che dichiara di marciare d’intesa con la presidente Anna Maria Tarantola, fatto inconsueto per la Rai che ha visto quasi sempre un forte contrasto tra il vertice e il potere operativo. È stato così ai tempi dei “professori”, quando c’era Luigi Locatelli, Pier Luigi Celli, Carlo Cattaneo, Agostino Saccà. Altra novità è che i componenti del consiglio di amministrazione (Gherardo Colombo, Roberto de Laurentiis, Antonio Pilati, Guglielmo Rositani, Benedetta Tobagi, Antonio Verro) non esternano dichiarazioni contrastanti. Procedono all’unanimità , anche se provenienti da aree politiche diverse. È stato così anche nel dar via libera alle linee guida che contengono un’analisi dell’attuale situazione delle testate, delle Reti, dei programmi e dei palinsesti con indicazioni per gli eventuali aggiornamenti della missione dell’azienda del servizio pubblico che si appresta a chiedere il rinnovo della convenzione con lo Stato. Anche il sindacato dei giornalisti (Usigrai) non protesta più come ai tempi di Beppe Giulietti e Roberto Natale. I capitoli spinosi sono lasciati nei cassetti.

Gli ascolti e le trasmissioni, per ora, vanno sostanzialmente bene, rafforzate dal Commissario Montalbano, dal Papa, dalle suore e da nonno Libero (a parte i flop di Roberto Benigni con il suo Tutto Dante sceso al 4,5% di share e di Roberto Saviano che ha fatto precipitare gli ascolti del suo amico Fabio Fazio). Il punto debole è rappresentato dagli scarsi introiti della pubblicità. I dati di bilancio della Sipra, in cui Gubitosi è il presidente, l’ex direttore generale Lorenza Lei amministratore delegato e Fabrizio Piscopo direttore generale, sono pessimi. Il fatturato pubblicitario Rai del 2013 sarà tra i 600 e i 650 milioni di euro rispetto alle previsioni di 750 milioni. Un rosso che si attesterà sui 250 milioni come era stato scritto a dicembre nel budget di previsione: ai 200 milioni del risultato netto della gestione ordinaria vanno aggiunti i 53 milioni stanziati come accantonamenti straordinari per ridurre i costi di struttura attraverso i pensionamenti anticipati. Nelle circa 300 pagine del piano si insiste sulla digitalizzazione dell’informazione per la quale verrebbero stanziati 163 milioni, si lascia aperta la porta di assunzioni di giovani mentre si chiudono molte sedi dei corrispondenti all’estero di cui, sulla carta, resta direttore Augusto Minzolini che però ha fatto ricorso per riottenere la direzione del Tg1, come al giudice si è rivolto l’ex direttore di Raiuno Mauro Mazza.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:23