
Tranne Pier Luigi Bersani, tutti sembrano averlo capito: il Paese ha urgente necessitá di un governo che sappia anche strafregarsene dei "no" ad oltranza e delle minacce («Se si verificherà "l'inciucio" delle larghe intese la gente, che è stufa, prenderà i bastoni») lanciate da chi si è trovato a giocare una partita più grande di lui. E che solo Bersani si è ostinato a corteggiare (facendo perdere prezioso tempo all'intero sistema-Paese) ottenendo in cambio un «mi sembra di essere a Ballarò» che molto rappresenta l'errore strategico del "segretario-perditempo" del Pd e potenziale Presidente del Consiglio.
L'altro giorno, al Corriere della Sera, anche Dario Franceschini ha dimostrato di aver capito (il che è tutto dire) che lo sbocco politico per uscire da una paralisi senza senso sia uno solo: «Ci piaccia o no, gli italiani hanno stabilito che il capo della destra, una destra che ha preso praticamente i nostri stessi voti, è ancora Berlusconi. È con lui che bisogna dialogare». Il dialogo vuol dire, a modesto giudizio di chi scrive, mettersi intorno ad un tavolo ed individuare quei punti programmatici utili (si ripete e si sottolinea, "utili") ad affrontare una situazione al limite del dramma. Tutto il resto - compresi i continui "no" grillini - non dovrebbe neppure essere preso in considerazione perchè fatue chiacchiere senza senso. Prendendo in esame soltanto gli spiragli che da più parti del Pd vengono aperti, al centrodestra sarebbe sufficiente proporre una squadra "nuova", composta da volti che lo siano altrettanto, ma che abbiano alcuni punti programmatici seri e condivisibili perché di questo hanno bisogno le nostre aziende, i nostri disoccupati, i nostri esodati, le nostre famiglie, in una sola parola il nostro Paese. Tutto il resto è "fuffa" che altro non produce che l'affermarsi di un nulla "cinquestellato".
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:48