È tempo di piani industriali anche nel mondo dell’editoria. I sei maggiori gruppi italiani (Rcs, Mondatori, Mediaset, Repubblica-L’Espresso, Sole 24ore, Rai) sono alle prese con i numeri, con i debiti e gli incontri con le organizzazioni sindacali dei lavoratori. Piani buoni o cattivi? In generale sono riduttivi non puntano all’espansione, alla crescita. Si privilegiano tagli ,riduzioni, ridimensionamenti, prepensionamenti, cassa integrazione per i dipendenti. Un’impostazione volta a contenere i costi, a ridurre iniziative, a rinchiudere le aziende in gusci più piccoli nella convinzione che così si riducono le perdite e si gestisce in modo meno traumatico l’attuale fase d’emergenza dovuta anche al crollo degli introiti della pubblicità che ha gennaio ha confermato il trend negativo per quotidiani e periodici del meno 25%, con la tv scesa a quota 59% mentre solo il cinema è cresciuto del 28% avvantaggiato dalle campagne automobilistiche e farmaceutiche.
Secondo i dati Nielsen la flessione media degli investimenti è stata del 16%. La crisi dell’editoria è globale. Tutti i piani industriali triennali (2013-2015) poggiano sulla necessità di ritrovare l’equilibrio di bilancio tra costi ( spesso troppo spregiudicati e non avveduti) e i ricavi. Dei piani in discussione quello del gruppo Rcs è il più rilevante per il ruolo che rivestono i due quotidiani in portafoglio (Corriere della sera e Gazzetta dello sport) e i periodici (dieci dei quali messi in vendita). Gli azionisti sono stati chiamati dal board (il presidente Angelo Provasoli e l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane) ad effettuare una massiccia ed immediata operazione di ricapitalizzazione. Per «salvaguardare la continuità del gruppo» dovranno essere reperiti 600 milioni, di cui 400 entro luglio e gli altri 200 entro il 2015. Per fare cosa? Per realizzare il contestato piano presentato ai sindacati ma bocciato perché prevede solo tagli e non affronta progetti di sviluppo? Per chiudere la partita fallimentare dell’acquisto del gruppo spagnolo Recoletos? Mentre per il Corriere si è ancora in alto mare per i 110 giornalisti in esubero alla Gazzetta è stato trovato l’accordo che prevede tra l’altro 17 prepensionamenti. Non sono ,però, un mistero le divisioni tra gli azionisti, il braccio di ferro tra Giovanni Bazoli e Andrea della Valle che con il suo 8,8% e fuori dal sindacato di controllo mentre Giuseppe Rotelli (primo azionista con il 16,5%) e la famiglia Benetton (5%) sono insoddisfatti delle decisioni in corso. Paolo Merloni non ha votato la trasformazione da Rcs editoriale a multimedia company e Carlo Pesenti è uscito prima della fine dei lavori.
Si è dimesso poi Giuseppe Vita, presidente di Unicredit e componente del consiglio di sorveglianza del gruppo tedesco Alex Spinger, che ha in portafoglio anche Die Welt e la Bild. Per evitare un conflitto d’interesse ha scelto i tedeschi. Operazione pulizia debiti in Mediaset che ha chiuso il 2012 con il primo bilancio in rosso (287 milioni) della sua storia. Il recupero di redditività del gruppo presieduto da Fedele Confalonieri, vice Piersilvio Berlusconi, passa attraverso svalutazioni dei principali diritti televisivi e delle risorse artistiche e accantonamenti. Niente dividendi per Berlusconi dalla prima quotazione in Borsa nel 1996. Tagli per 450 milioni dei conti entro il 2014. La speranza viene dal recupero del flusso pubblicitario fermatosi l’anno scorso a 2,32 milioni di euro.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:47