
Roma è il primo comune agricolo d’Europa, la prima capitale per estensione territoriale, l’unica metropoli del mondo antico rimasta tale anche in quello moderno. È paradossalmente giusto che all’Urbe tocchi anche il primato della più grande discarica d’Europa, i 240 ettari di Malagrotta. Come la Capitale è la città senza tempo, così la sua discarica sembra "neverending", degna dei piccoli Atreju. Doveva chiudere irrevocabilmente nel 2007, poi nel 2009, nel 2011, nel 2012. Ogni volta è stato dato l’annuncio che Malagrotta era colma, senza più spazi per scaricare, ma la sua volumetria come per magia ha sempre accolto i nuovi rifiuti, facendo un po’ di spazio in più, come nella canzone. I rifiuti nobilitati hanno creato un nuovo colle, l’Ottavo, su cui regna l’ottavo re di Roma, tale Manlio Cerroni che da Malagrotta ha costruito un impero mondiale, con un tipico spirito tiberino, senza mai quotarsi in Borsa, senza mai figurare troppo, senza rapporti debitori, senza fare mai una gara, sempre intervendo nell’urgenza per trattativa diretta. Per Grillo c’è la guerra delle banche all’umanità, per Tremonti quella con il NordEuropa, per Croppi c’è la fine della 20ennale guerra civile italiana senza vincitori, per il crollo dell’impianto fondante la Repubblica.
Per il radicale Massimiliano Iervolino c’è la guerra dei rifiuti di Roma, titolo di un suo volume. L’ambientalismo da tempo bolla come ecomafia qualunque soluzione del problema rifiuti che non lo soddisfi. Anche se plurindagato direttamente e non, è inutile disegnare Cerroni, detto il Supremo, come un grande criminale. È riuscito in Italia, come all’estero; segno che non manca la capacità imprenditoriale. Le amministrazioni si sono ridotte, ad adottare programmi confezionati dal Manlio, non per corruzione ma per incapacità. Come è stato scritto, Cerroni ha conquistato rendite di posizione grazie alla mediocrità demagogica di una classe politica che ha illuso gli umori di piazza e si è rivelata incapace di affrontare i problemi tecnici. Iervolino illustra quel torneo all’italiana che è riuscito a far perdere tutti i suoi giocatori, dall’Unione Europea a Sindaco di Roma, Governatori del Lazio, Presidente della provincia, Comitati popolari, Ministri, Commissari, le diverse magistrature, il gestore monopolista, gli inceneritori esistenti, l’Ama e le altre società coinvolte in una cronaca attenta che parte da quel ’99, in cui l’Europa proibì il sotteramento indifferenziato in discarica. Iervolino, giovane salernitano, chimico con tanto di pubblicazioni scentifiche, figlio di un sindacalista Uil della comunicazione e dello spettacolo, è come dice egli stesso “radicale da sempre”. Mentre sosteneva la segreteria radicale di Roma, si è specializzato nella questione rifiuti che fu all’origine del tracollo napoletano della postDc Iervolino e del postPci Bassolino e che è per il centrosud italiano la cartina di tornasole dell’inadeguatezza politico-amministrativa. Non a caso dopo "Con le mani nella monezza" del 2011 e "Roma, la guerra dei rifiuti" del 2012, è seguito "Il rifiuto del sud. Storie di criminalità politica e controllo del consenso", che mette su carta il dibattito della trasmissione “il rifiuto del sud” condotta da Iervolino su Radio Radicale.
La gestione dei rifiuti nelle comunità umane moderne è un po’ l’ABC amministrativo. Anche qui come in tutti i campi, il dualismo italiano accosta all’altezza vertiginosa dell’eccellenza europea il disastro. C’è il modello Brescia-Milano di cui è inutile citare i dati. Basti ricordare che la relativa società A2A Spa ha ricevuto il titolo di miglior impianto per i rifiuti d’Europa. C’è poi sconsolante, il modello Napoli, del pupone già dipietrista: mandare i rifiuti all’estero. C’è anche il modello Salerno, che vanta una raccolta differenziata del 75% dove Brescia, se arriva al 40% combina differenziata ed inceneritore con un migliore risultato. Iervolino stigmatizza che a Roma, come nel centrosud, tutte le parti politiche abbiano proceduto per deroghe alle norme nazionali e non. C’è un limite, però, tipicamente radicale; ben illuminato dalla prefazione affidata a quel Mario Tozzi del Cnr, che spesso e volentieri conduttore Rai di trasmissioni ideologiche verdi, esponente di quel mondo, che sempre più povero di consensi, ha sempre santi in Paradiso tanto da meritare una convocazione ufficiale nelle persone giuridiche di Club alpino italiano, Fai, Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Legambiente, Touring e Wwf dal segretario Pd Bersani, nel suo mandato esplorativo per la formazione del Governo.
Tozzi nella prefazione si ostina a spiegare perché la raccolta differenziata dei rifiuti è giusta e gli inceneritori sono sbagliati; per poi ricordarsi all’ultimo che Roma è ad uno stadio più primitivo, quello di liberarsi della discarica. Anche Iervolino, a sentire di modello Brescia, scatta, prefigurando il trend mondiale dell’eliminazione degli inceneritori. Così si finisce alla solita favola del mondo che rifiuterebbe termovalorizzatori e nucleare; fola cui dispiace anche l’intelletto laico, a sinista ed a destra, in Italia si inchina. Drizzando le spalle, i laici raccontino la verità, che solo l’Italia soffre di tali ubbie ideologiche, che le impediscono di sostenere mix equilibrati come succede per i migliori casi mondiali. È quindi interessante, per non raccontare la fine del giallo al lettore, guardare al percorso che conduce oggi Roma a dover accettare l’uso di nuove e vecchie discariche per non trovarsi le strade colme di rifiuti. Un percorso che risale a 60 anni fa. Anni ’60, nell’epoca di rilancio della capitale, è sindaco di Roma il numero 2 degli andreottiani Dc, Amerigo Petrucci che vara il piano regolatore, esteso e ridotto, e la linea A della metro. Dopo dieci anni di dibattiti, è stato inaugurato nel ’61 l’aeroporto internazionale di Fiumicino che prosegue i lavori fino al 1973. Sotto Petrucci, gli imprenditori privati dello smaltimento rifiuti realizzano i due impianti di Rocca Concia e Ponte Malmone, oggi dedicati al cosiddetto trattamento meccanico biologico della spazzatura.
Metà anni ’70 i comunisti ottengono la maggioranza e le prima giunte rosse capitoline, con i sindaci Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli e Ugo Vetere. È Petroselli nel natale ’79 a passare gli impianti sotto mano pubblica, dove sono rimasti fino ad oggi. Il Dpr 915 dell’82, però, chiude la stagione degli inceneritori liberi, introducendo le regole europee sui rifiuti del ’75 (75/442, 76/403 e 78/319). Il sindaco Vetere deve chiudere gli impianti e tornare dai privati per far fronte a più di 5000 tonnelate di rifiuti\giorno. C’è pronta l’enorme cava di sabbia di Malagrotta svuotata per la costruzione dell’aeroporto di Fiumicino, un buco dove – è il caso di dirlo- insabbiare tutto. L’ha comprata un giovane avvocato, un piccolo imprenditore molto attivo, un provinciale di un paesino sui monti Prenestini, cresciuto negli anni dei sindaci rossi ritirando i rifiuti del mattatoio di Testaccio, amante delle partecipazioni nei consorzi pubblici, riluttante ai riflettori della mondanità: si chiama Manlio Cerroni. L’ultimo sindaco rosso getta la spugna, gli affida i rifiuti di Roma, aeroporti, hinterland e Vaticano. Chissà se sapeva che negli anni ’50, poco più che ventenne Cerroni era stato sindaco del suo piccolo paese, Pisoniano, con tanto di benedizione di Andreotti. Negli ’80 secondo il giornalista Corrado Zunino, la Sogein di Cerroni unge tutti i partiti. A quel tempo risale la collaborazione con Bruno Landi, due volte presidente Regione Lazio tra l’83 ed il ‘90, oggi presidente di Federambiente Lazio e Ad di Ecologia Viterbo, di proprietà di Cerroni. La grande ascesa che fa del nostro il c.d.Supremo, si compie però negli anni dei Verdi, padroni dell’assessorato romano all’ambiente, da loro retto ininterrottamente dal ’93 al 2007.
Partendo dalla base dell’attività 40ennale della Co.La.Ri. (Consorzio Laziale Rifiuti) e della E.Giovi srl, la società che gestisce Malagrotta, scarico del 70% dei rifiuti capitolini (e che non ha neanche un sito web), l’84 enne Manlio vara un impero da € 800 milioni l'anno, 2 miliardi di patrimonio, 66 società registrate in Italia, di cui 17 con la figlia Monica, un numero imprecisato di società estere per 114 discariche, impianti di trattamento e smaltimento, presenti da Brescia a Collegno (To), dalla Puglia e Perugia all'Alta Valle del Tevere, da Tempio Pausania a Francia, Romania e Norvegia, dal Cairo al Brasile al Nuovo Galles del Sud in Australia. È facile oggi ridicolizzare tutti gli attori coinvolti. Il sindaco Alemanno viene condannato nel libro per il falso annuncio della chiusura di Malagrotta. Certo, un "wishful thinking" come altri capitati al Campidoglio. È un fatto però che i verdi, con tanto clamore, hanno lasciato il livello della differenziata al 12%, in 14 anni di potere. L’attuale sindaco l’ha più che raddoppiata in 5. Un dato questo che i grandi media si guarderanno bene dall’evidenziare. Poi, il programma sulla differenziata approvato a destra con uno spirito di sinistra presenta vere e proprie aberrazioni di conculcazione di libertà per gli obblighi imposti ai cittadini. Se si vuole che la raccolta differenziata diventi un’abitudine di tutti, non bisogna imporre multe, ma semmai danari e vantaggi, anche per il volontariato. Per ultimo, è brutale ma sostanzialmente vero l’editoriale pubblicato da un dirigente A2A, Perché non siamo Napoli; né meraviglla l’accanimento al limite calunnioso della trasmissione Tv Report sulle attività estere del gruppo.
Il sud rifiutato, i rifiuti del sud, il Sud che rifiuta: tante le sollecitazioni offerte da Iervolino. Appare evidente il rifiuto di prendere per buono la "best practise" del Nord, per rifugiarsi in obiettivi più avanzati, a distanza stellare dalla realtà. Come il richiamo alla legalità appare solo in parte valido, dato che la normazione per esempio ha realizzato mostri come l’intera Campania e quasi tutto il Lazio ridotti a parchi limitati nelle attività. Facile prevedere la conseguente soluzione all’italiana, del non rispetto della norma. Richiamare solo quest’ultima non serve; bisogna ammetterne la follia e la decadenza. L’obiettivo di tutti è liberarsi del monopolio del Supremo su Roma. Per farlo non bisogna cambiare gli stili di vita, né depauperarsi, né temere di bruciare le plastiche, come già oggi si fa, né temere gli scoppi di piazza per ogni sito individuato. Il meglio sarebbe copiare le realtà eccellenti italiane che esistono ed affidarsi a loro, anche in uno sforzo di solidarietà, con costi condivisi. Ad Alemanno che in vista delle elezioni, si triva ad affrontare l’immancabile tegola giudiziaria, si può ricordare l’esempio del sindaco Petrucci che venne inquisito e poi prosciolto. Copione antico. L’auspicio di Croppi per la fine del dopoguerra viene ripreso volentieri se servirà agli animi laici come lo Iervolino a libererarsi di antichi tabù demagogici verdi, già ripresi strumentalmente da comunisti e socialisti, e poi diffusisi, senza un reale senso, a radicali come anche alla destra. È anche a questi se oggi dobbiamo sulla montagna dei rifiuti, il rifiuto della democrazia stessa.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:44