La Restaurazione necessaria

I personaggi della saga de "La Torre Nera" di Stephen King alludevano spesso a quanto il mondo fosse andato avanti. «Il mondo è andato avanti» significava che gli uomini avevano perso la retta via e l’antica purezza; che il loro Dna, un tempo, puro si era fatto mutante. L’enorme pubblico mondiale di King dai ’60 in poi era inizialmente lo stesso che consumava droghe e ascoltava pop rock, tanto che a lungo lo scrittore fu solo il dispregiato «maestro della prosa post- alfabetizzata». Con fantasy come la Torre, però l’autore del Maine conquistò l’altra metà del pubblico, di destra e conservatore, ammiratore degli autori della ricosperta del mito, da Tolkien a Michael Andreas Helmuth Ende. Un politico di destra come Giorgia Meloni, che all’eroe bambino Atreju, inventato da Ende ha dedicato per un certo tempo i meeting giovanili Pdl, appena fatta ministro consigliò un altro libro di King, "L’ombra dello scorpione", che in parte precede la vicenda de "La Torre". Così uno stesso messaggio ha unificato l’uditorio, dal medievalista al frikkettone. Che il mondo sia andato avanti, è un’idea antica, sia classica, interpretata nella perdita del’età dell’oro, sia cristiana, segnata dall’abbandono dell’Eden, dovuto al peccato. Nell’Italia moderna a lungo restò l’idea, romantica e hegeliana, che il tempo andasse a favore dell’uomo. L’Italia liberale vedeva un futuro roseo con la ritrovata indipendenza.

L’Italia socialista vedeva nel tempo l’immancabile progresso. L’Italia fascista vedeva il tempo come sua immancabile affermazione. L’Italia antifascista confidava che il tempo avrebbe sviluppato libertà civile e sociale. Tutte queste Italie proclamavano la loro rivoluzione che nel tempo avrebbe donato il successo sperato. Oggi per tutte le fazioni invece il mondo è andato avanti: ha bruciato ogni speranza, smorto le possibilità positive insite nella rivoluzione, deluso le prospettive. Oggi il tempo si configura come un peggioramento, prevedibile ed inevitabile, eventualmente solo rallentabile. Questo declino annunciato, descritto e motivato, cui sembra nulla si possa opporre, rafforza solo la parte nichilista del pensiero, raccontato dalla letteratura fantasy. Soprattutto toglie alla politica, all’arte del decidere, qualunque senso, poiché sembra evidente che qualunque scelta non potrà che peggiorare la vita, se non di tutti, sicuramente di una parte della società. Eppure resta a tutti difficile ammettere questo desiderio di tornare indietro nel tempo, tanto forte è entrato nell’animo europeo l’insegnamento progressista e positivista, sopravissuto anche alle peggiori tragedie, nella sicurezza che queste sarebbero state superate dall’immancabile progresso, Oggi prevale chi ipotizza senza infingimenti l’obiettivo del futuro regresso, del rallentamento, della rinuncia alla conquista ed al consumo di risorse. Viene sostenuto e votato perché non si dà più credito alle formazioni tradizionali che fondano idee e programmi su crescita e sviluppo.

La critica vincente si chiede: sviluppare e far crescere un mondo che è già andato avanti, non significa farlo marcire ancora di più, renderlo ancora più mutante e impuro, sradicarlo ancora di più dalla tradizione? A sinistra molti sognano il ritorno dell’Urss, del Pci, del grande movimento operaio. Altri sognano di rivedere Craxi, Saragat, Mitterand, Gonzales. A destra molti vorrebbero un nuovo grande partito cattolico, oppure il ritorno dell’Italia forte fascista. Altri auspicano la ripresa dell’Europa di Delors o l’altra di De Gaulle. Si citano Cavour e Garibaldi. Si esalta l’esempio della monarchia inglese. Si ha nostalgia per l’America amica di Marshall. Si sospira citando Berlinguer. Pur siano vivi e presenti, la nostalgia per gli Andreotti e Berlusconi vincenti, segna che il loro tempo è passato. Si rivorrebbe l’Iri, la sicurezza, la garanzia, la, pur in uno stato permanente di difficoltà, crescita. Nessuno vuole più una rivoluzione, l’antico mito. Tutti desiderano, con vergogna di confessarlo, la restaurazione. La restaurazione del sindacato e del grande liberalismo, la restaurazione della donna femminista e di quella tradizionale, la restaurazione del laicismo dei referendum e della Dc di De Gasperi, la restaurazione dello Stato e del ’68, la restaurazione del fascismo e dell’antifascismo, la restaurazione del boom economico e della scala mobile. Desideri opposti di restaurazioni fra di sé inconciliabili, spesso immaginate insieme in una impossibile convivenza. Desideri di restaurazione, che sono per tutti rimpianto per la politica.

La politica oggi appare impotente, un fardello pesante ed ingombrante. Se ne vorrebbe la restaurazione, per riportare il mondo indietro quando la politica valeva, poteva fare e quindi essere guida. Tra desiderare la restaurazione della politica e dei giusti equilibri dei poteri e proclamarla, ovviamente c’è un mare. Non si può tornare indietro, una volta proclamato il bisogno di tornare indietro. Grande è il timore della condanna generale o dello sgomento e panico definitivo successivo alla divulgazione generale dell’idea che il futuro non può essere che fosco. Si dice che il passato non possa tornare. E’ proprio vero? In realtà, altre volte i popoli con un atto di forza, con una condivisa e superiore volontà, hanno ricostruito un equilibrio già perduto. Ovviamente, spesso, all’indomani di guerre, malattie e grandi eventi. Si dice restaurazione pensando al trionfo austro-russo postnapoleonico antitaliano. Si pensa al ’56 ungherese, alla Tien Amen cinese. Non si pensa al ritorno dell’indipendenza piemontese, alla ritrovata indipendenza cinese, alla Chiesa dopo Avignone, alla Francia della V Repubblica. Non si pensa alla restaurazione inglese che coniugò il ritorno della monarchia dopo Cromwell con le libertà moderne, cancellando l’unica costituzione mai avuta dall’UK, e avviando la storia plurisecolare del partito Tory conservatore. Ecco, una restaurazione Tory&Whig è il desiderio sottaciuto; che può essere declamato contro il nichilismo. La fantasia positiva e razionale oggi necessaria.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:04