
È morto ieri mattina il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ricoverato all'ospedale San Giovanni di Roma dallo scorso 24 febbraio per un'emorragia cerebrale. Il prefetto Manganelli era ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale ed era stato operato d'urgenza per la rimozione di un ematoma celebrale, prodottosi in conseguenza di un'emorragia. Antonio Manganelli, era nato ad Avellino l'8 dicembre 1950. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli, si era specializzato in Criminologia Clinica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università di Modena. Dagli anni '70 aveva operato costantemente nel campo delle investigazioni, acquisendo particolare esperienza e preparazione tecnica nel settore dei sequestri di persona a scopo di estorsione prima ed in quello antimafia poi.
Manganelli ha lavorato al fianco dei più importanti magistrati e di organi giudiziari investigativi europei ed extraeuropei, dei quali è diventato negli anni un solido punto di riferimento, legando il suo nome anche alla cattura di alcuni dei latitanti di maggior spicco delle organizzazioni mafiose. Docente di Tecnica di Polizia Giudiziaria presso l'Istituto Superiore di Polizia e autore di pubblicazioni scientifiche in materia di sequestri di persona e di tecnica di polizia giudiziaria, Manganelli ha diretto il Servizio Centrale di Protezione dei collaboratori di giustizia ed è stato questore di Palermo e di Napoli. Nel 2000 era stato nominato dal Consiglio dei Ministri prefetto di 1° classe, con l'incarico di direttore centrale della Polizia Criminale e vice direttore generale della Pubblica Sicurezza. Dal dicembre 2001 era stato vice direttore generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie. Nel 25 giugno 2007 il Consiglio dei ministri lo aveva nominato Capo della Polizia. Per il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, Antonio Manganelli «è stato prima un valente investigatore, poi un lungimirante, appassionato, generoso ed efficiente capo della Polizia. Queste sue doti hanno fatto di lui un leader ed è per questo che tutti, dai suoi più stretti collaboratori fino all'ultimo agente tutti lo piangono con immenso dolore». «Era un numero uno», ha concluso il ministro.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:22