
Tuonano i sepolcri imbiancati della informazione, Ezio Mauro, Massimo Giannini, Marco Travaglio, Antonella Rampino; sparano a vista i Re Magi della comunicazione a colori, Saviano, Fazio, Benigni; cantano secondo copione e appartenenza le vestali del bene comune Parietti, Carfagna e De Gregorio. Tirano verso il Maligno e centrano il bersaglio. La preda è ferita, ma sopravvive. I tiratori scelti hanno migliorato la mira, ma la delusione è tanta. Il leone più volte ferito non muore. La defunta regola dell’acquisizione del consenso è sempre la stessa: più sono pesante con l’avversario, più le mie opinioni salgono nella “Borsa” della chiacchiera e della legittimazione e, quindi, più voti. Sembra che la regola non abbia funzionato per 20 anni e che non siano aumentati i posti di lavoro e che il PIL dell’Italia non sia cresciuto.
Sì, è sempre Lui l’anfitrione che svetta sulla sedia gestatoria di Servizio Pubblico. Sono a concilio i Cardinali dei giudizi immediati senza appello, già confezionati. Al centro Travaglio, il magistrato sindaco di Bari ed un folto numero di figuranti; mancava Mentana, altro miracolato. I figuranti, pagati per la presenza, applaudono a prescindere. Non serve che Santoro e Travaglio emettano suoni, basta che aprano la bocca per esporre la panoramica dei denti e scatta automatico l’applauso. Lo spettacolo, a prescindere, è gradevole. Non argomentano sul fenomeno “Giustizia” in Italia. Una miniserie in 450 puntate che racconta delle vicende giudiziarie di un certo Berlusca, la vita di un imprenditore che ha tentato l’ascesa al potere politico, interpretato da un attore quasi sconosciuto, Silvio Berlusconi. Se il fenomeno Giustizia, che per memoria conta 10 milioni di processi da definire e coinvolge circa 25 milioni di cittadini, e viene commentato da sedicenti giornalisti-opinionisti come Giannini e Travaglio, ma anche dal giurista Carlo Federico Grosso, il quale in perfetta buona fede fa appello a quel che ha letto sui libri di diritto e alla singola esperienza personale pur ampia ed importante, allora l’insuccesso è assicurato.
L’errore di fondo di questi analisti estemporanei del problema macroeconomico della Giustizia italiana parte sempre dalla norma declarata nella sua fattispecie generale ed astratta, volta per quanto possibile a regolamentare la realtà complessa e mutevole nel suo manifestarsi nel tempo, nello spazio e nelle singole vicende personali. L’altro errore di fondo di questi adolescenti della conoscenza macroeconomica e di conseguenza scientifica riguarda il tipo di ragionamento dimostrativo, il sillogismo. La forma di sillogismo più comune è il sillogismo categorico. Le proposizioni che compongono un sillogismo categorico possono essere: (premessa maggiore) tutti i magistrati applicano la norma in buona fede; (premessa minore) il magistrato nel pronunciare sulla causa deve seguire le norme del diritto; (conclusione) quindi la decisione è impeccabile. Da oltre 30 anni i sacerdoti della giurisdizione replicano lo stesso refrain, una coazione a ripetere nel segno dell’infallibilità, dell’indipendenza, della totale abnegazione al proprio dovere, nel rispetto della consegna del silenzio sulle vicende passate e recenti del mondo della Magistratura. Una lunga catena di errori, sentenze sorprendenti, giudizi imbarazzanti investono anche l’ambito dei processi civili spesso dimenticati di fronte all’allarme più penetrante di quelli penali.
Le decisioni dei Giudici sono insindacabili sul piano tecnico, ma la trasparenza, la legalità, l’adempimento del proprio dovere possono essere dichiarati solo accettando i controlli, le ispezioni, le critiche, le analisi ed anche le accuse. Solo le corporazioni si chiudono all’invadenza della democrazia, della dialettica, del confronto. Il Magistrato applica la legge, ma può anche non applicarla o applicarla erroneamente. Lasciare che si possa giudicare il proprio operato, è l’indicatore privilegiato della propria buona fede, della consapevolezza di avere agito con diligenza e competenza. Antonella Rampino ed Ezio Mauro, denunciano l’invasione di campo del potere legislativo in quello giudiziario a causa della marcia dei parlamentari P.d.L., ma dimenticano l’invasione sul territorio degli altri poteri; l’invasione della Magistratura nell’area di competenza del potere amministrativo e legislativo è avvenuta in ogni tempo, in modo ricorrente e con modalità più o meno invasive a seconda della circostanze. Basterebbe ricordare il pool mani pulite che quotidianamente soggiornava sulle televisioni in prima serata contro i Ministri della Giustizia dell’epoca e contro le proposte e i disegni di legge in discussione al Parlamento su temi riguardanti il funzionamento della Giustizia.
Ovviamente coloro che militano in un giornale o fanno televisione sono oggettivamente di parte ed altro non possono commentare che i singoli casi riferiti al nemico del momento per condannare o assolvere in difesa del bene supremo della legge, del Paese e della Nazione. Ed il risultato? Ottimo per la visibilità del commentatore che assurge alle vette dell’esperto della materia, ma pessimo per l’amministrazione della Giustizia che degrada sempre di più fino al giorno in cui una massa indistinta di popolo occuperà anche i Tribunali d’Italia ed allora tutti i bravi commentatori ci tedieranno con il “ non si poteva prevedere”; “un fatto eccezionale”; “bisogna veramente fare qualcosa”. Cosa? Non si sa! Se l’inferno della Giustizia Italiana è dovuta alla mancanza della carta per le fotocopie e al fatto che gli avvocati indicano nella lista testi un numero eccessivo di testimoni, come ha brillantemente sostenuto l’ex Procuratore della DNA Pietro Grasso, oggi presidente del Senato della Repubblica, alla reginetta delle interviste choc Ilaria D’Amico, allora siamo senza speranza. 10 milioni di processi pendenti, 25 milioni di Italiani in attesa di un giudizio sono condannati all’impotenza. Per opporsi ad un semplice verbale accertamento violazione al C.d.S. (c.d. multa o contravvenzione), una volta notificata la cartella di pagamento dell’Equitalia, occorre proporre 3 giudizi, se si tratta di sole sanzioni per violazione al C.d.S, mentre ne servono 5 se la cartella contiene anche contributi INPS e tributi; per far accertare dal Giudice che un bambino è intollerante al glutine, dopo 2 anni di cause il Giudice decide che la madre non è legittimata attiva (non può rappresentare suo figlio in giudizio), sono insignificanti esempi dell’abisso della Giustizia italiana, che precipita l’Italia agli ultimi posti nel mondo ed impedisce qualsiasi forma di investimento economico, oltre ogni ragionevole dubbio indipendentemente dai cantori della crescita e dello sviluppo.
A chi dovremmo guardare se non esclusivamente al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l’unico nel panorama politico-istituzionale che ha la responsabilità del ruolo che riveste. Diciamo agli apostoli del bene comune e della legge uguale per tutti che avere responsabilità non comporta essere infallibili. Solo i cretini sono infallibili per la semplice ragione che non decidono nulla e in quanto cretini, non commettono alcun errore, meglio ne commettono uno solo, quello di non praticare il silenzio. Al peggio non c’è limite e purtroppo oggi in Italia sono tutti più o meno impresentabili, questo in parte il successo del nuovo partito a 5stelle. Ma noi preferiamo guardare al Presidente Napolitano che può guidare un cammino di rinascita anche non stando al Quirinale (lo testimonia la sua storia). Lunga vita al presidente Napolitano, da non confondere con l’inno alla lunga vita di Mao che dopo la sua fine (ci dispiace) la Cina è cambiata e cresciuta.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:17