Magistrati fuori ruolo, l’ira degli avvocati

Ma veramente il governo Monti si appresta a fare un decreto legge per favorire il prosieguo, vita natural durante, dell’infausta prassi dei magistrati fuori ruolo? Dopo le anticipazioni di giovedì sulla prima pagina del “Corrierone”, firmate da una giornalista che per le battaglie anti casta è una garanzia, Milena Gabbanelli, qualcuno ha cominciato a volerci vedere chiaro. E ha preso carta e penna rivolgendosi a Palazzo Chigi. Luogo da cui ieri è arrivata una parziale smentita, che non chiarisce molto i fatti. Secondo quanto scriveva la Gabbanelli, Monti si appresterebbe a cambiare la norma passata con tanta fatica al Senato, il famoso emendamento Giachetti a sua volta riemendato, secondo la quale non era possibile nella vita di un magistrato prendere più di dieci anni, cinque dei quali consecutivi, poi ci vuole un’interruzione, di carriera come fuori ruolo.

Inoltre addio a doppi stipendi. Giachetti nel proprio emendamento aveva messo “cinque anni” in tutto, ma poi sono stati benignamente raddoppiati per compiacere la casta togata. Ora però arriva questo decreto «approvato in via preliminare il 22 gennaio 2013 dal Consiglio dei Ministri e, munito del visto della Ragioneria generale dello Stato, e trasmesso il 29 gennaio 2013 alle Camere», come recita il lungo comunicato di Palazzo Chigi, che conterrebbe secondo la Gabanelli una deroga che permetterebbe di aggirare la legge anti corruzione da poco approvata e notoriamente piena di contraddizioni. Più precisamente «i magistrati ordinari contabili, amministrativi, militari, gli avvocati e i procuratori dello stato sono comunque collocati obbligatoriamente in aspettativa senza assegno». In pratica, in cambio della rinuncia al doppio stipendio, spiega l’articolo, «oggi il sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà, potrebbe fare il presidente di Eni o Finmeccanica».

Anche se è fuori ruolo da più di dieci anni, senza obbligo di rientrare in magistratura ma anche senza dover scegliere se “dentro” o se “fuori” in maniera definitiva.Un piede mezzo dentro e un altro mezzo fuori fino a fine carriera. Questo, secondo la Gabanelli, sarebbe foriero tra l’altro di decine di potenziali conflitti di interesse visto che molti di questi 227 attuali fuori ruolo professionali provengono da Tar, Consiglio di stato e Corte dei conti e che i loro colleghi rimasti dentro nutrono per loro una sorta di venerazione interessata, visto che potrebbero (e ambirebbero) seguirne le orme. Non è neanche l’unico regaluccio che Monti ha fatto alla casta in questione: si parla ormai da mesi di un’altra leggina che avrebbe infatti consentito il definitivo sganciamento delle retribuzioni dei giudici da quelle dei parlamentari e dei consiglieri regionali, prima molto ambita e di fatto mantenuta per quasi mezzo secolo, vista la mala parata che ha preso con la pubblica opinione.

Ieri comunque, la presidenza del consiglio ha diffuso la citata nota secondo cui «lo schema di decreto non disciplina quali siano gli incarichi consentiti ai magistrati fuori ruolo, né li modifica né li aumenta, perché la legge delega non lo prevede. Indica, tra gli incarichi già consentiti dalle leggi vigenti, quali debbano essere svolti per garantire al massimo la terzietà dei giudici in posizione di fuori ruolo. Inoltre il provvedimento, al contrario di quanto affermato nell'articolo, non interviene sull'istituto dell'aspettativa, già disciplinato dalla legge n. 145/2002». «Non corrisponde al vero - spiega ancora Palazzo Chigi - che la maggior parte degli incarichi comporta il cosiddetto “doppio stipendio”: chi va in aspettativa non percepisce assegni dalla propria amministrazione. Chi è fuori ruolo, proprio in forza di una legge e di un decreto approvati su iniziativa di questo governo, può al massimo percepire, anche se svolge due attività consentite, una maggiorazione fino al 25% dello stipendio di provenienza».

Infine, prosegue il comunicato, «non corrisponde al vero che dei 227 magistrati fuori ruolo la maggior parte provenga da Consiglio di Stato, Tar e Corte dei Conti, come affermato nell'articolo. Questo numero si riferisce esclusivamente ai magistrati ordinari, mentre i magistrati amministrativi (Tar e Consiglio di Stato) fuori ruolo sono 19, di cui 9 presso i ministeri.» «Non corrisponde al vero neanche quanto affermato sul capo di gabinetto del ministro della Funzione Pubblica, il consigliere Garofoli in quanto non è fuori ruolo», conclude la nota. Si vedrà adesso come replicherà la stessa Gabbanelli. Tuttavia i sospetti di favoritismi alle toghe ieri hanno convinto anche le Camere Penali italiane a fare un comunicato, prudente, su questa cosa. In esso si legge tra l’altro che «se confermata, la notizia che il governo dimissionario si starebbe apprestando ad allargare ulteriormente la categoria dei magistrati fuori ruolo sarebbe sconcertante. Non pago di aver perseguito con pervicacia il superamento dell’emendamento Giachetti, che fissava a cinque anni la possibilità di rimanere continuativamente fuori dai ruoli della magistratura riportandolo a dieci anni, il Governo Monti, già con un piede fuori dall’uscio, si appresterebbe a licenziare una norma che, mediante l’escamotage dell’aspettativa senza assegni, rimuove ogni limite temporale e, soprattutto, consente ai magistrati fuori ruolo di accedere ad incarichi burocratici non più accessori ma di vertice, accrescendo così il rischio di conflitto tra i poteri dello stato».

Dura è però la chiusa del comunicato dell’Ucpi: «Viene da chiedersi come sia possibile che, tra tutti i magistrati fuori ruolo che compongono la macchina governativa in senso lato, non ce ne sia uno, magari lo stesso Catricalà, capace di spiegare al Presidente del Consiglio che un governo destinato ad occuparsi solo dell’ordinaria amministrazione dovrebbe lasciare a chi verrà dopo una materia così delicata. Una simile iniziativa non si spiega altrimenti che con la sudditanza alle magistrature di cui, in più e più occasioni, il governo uscente ha ripetutamente dato prova».

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:04